Il settore bancario cinese è di fronte a un momento della verità

Di Fan Yu

La crisi bancaria in corso in Cina metterà alla prova i limiti del Partito Comunista Cinese (Pcc) nel gestire la sua economia e la conseguente possibile agitazione sociale.

La liquidazione dell’operatore immobiliare China Evergrande, ordinata all’inizio dell’anno, ha di fatto annunciato che l’onere dei debiti insoluti della nazione ricadrà sul sistema bancario cinese, che già stava affrontando lunghi inadempimenti del settore immobiliare e del bacino di consumatori in crisi.

La sfida più grande nella gestione dei problemi bancari della Cina è che lo stesso settore che ha dato origine alla recente crescita del Pil cinese e ha sostenuto la ricchezza delle famiglie della classe media — l’immobiliare — è ora il colpevole del declino economico attuale, con l’industria bancaria che sta vivendo dei tumulti, iniziando dalle banche più piccole e regionali.

I semi della crisi

All’inizio di quest’anno, i politici erano già impegnati in uno sforzo massiccio di consolidamento dei piccoli istituti di credito. Centinaia di piccole banche, per lo più rurali, sono state fuse all’inizio di quest’anno, creando istituti finanziari più grandi.

Nella settimana terminata il 24 giugno, 40 banche cinesi sono scomparse e sono state assorbite da istituti finanziari più grandi. La maggior parte di queste banche si trovavano nella provincia nord-orientale del Liaoning e sono state assorbite nella Banca Commerciale Rurale del Liaoning, un’ente creato recentemente appositamente per fondere le banche fallite.

E il 9 luglio è crollata anche un’altra banca regionale, la Jiangxi Bank of China.

A differenza del settore bancario statunitense, le banche cinesi sono per lo più di proprietà statale. Il Pcc detiene la maggioranza delle cinque banche commerciali più grandi della Cina, mentre le province o le affiliate dei governi locali possiedono la maggior parte delle banche regionali. Questa struttura crea un rischio morale in base al quale le banche e i mutuatari si assumono rischi eccessivi con la consapevolezza implicita che Pechino li salverà.

I salvataggi sono stati effettuati da «bad bank» governative specializzate o società di gestione patrimoniale (Amc) che acquistavano i crediti inesigibili dai bilanci bancari.

Nel 1999, l’allora premier Zhu Rongji aveva creato quattro grandi Amc per acquistare prestiti in sofferenza dalle quattro maggiori banche commerciali cinesi.

Questi stessi gestori patrimoniali hanno successivamente emesso nuovi prestiti e, all’inizio di quest’anno, tre di queste società in difficoltà sono state fuse nel fondo sovrano cinese, China Investment Corp. Il quarto è stato ribattezzato China Citic Financial Asset Management dopo essere stato rilevato da una società di intermediazione di proprietà statale, il Gruppo Citic, nel 2021.

Con il calo della fiducia dei consumatori, i depositanti probabilmente ritireranno denaro e asset dagli istituti più piccoli e li trasferiranno in istituti più grandi, creando in futuro ancora più fallimenti bancari. Questo ciclo di salvataggio, consolidamento e acquisizione da parte del governo del settore bancario probabilmente accelererà.

Questioni economiche più ampie

Il Pcc ha guadagnato tempo allontanando i crediti inesigibili dalle banche e riconoscendo poi le perdite nel tempo, con l’aspettativa che la crescita, i profitti e gli utili superino tali perdite nel lungo termine.

Questo tipo di ecosistema chiuso potrebbe funzionare se i problemi fossero isolati e la crescita economica fosse forte.  Mentre un numero minore di finanziatori è più facile da monitorare, tracciare e gestire per le autorità di regolamentazione, questo ciclo crea solo cumuli più grandi di crediti inesigibili a vari livelli di enti governativi.

Stiamo cominciando a vedere segnali che i livelli locali del regime cinese non sono in grado di salvare queste istituzioni finanziarie.

L’anno scorso, le province cinesi hanno utilizzato 28.5 miliardi di euro di obbligazioni speciali per sostenere le banche regionali più piccole, molte delle quali hanno prestato importi significativi agli imprenditori immobiliari cinesi.

A causa della prolungata flessione del mercato immobiliare, le vendite di terreni e le tasse sugli immobili determinano entrate per i governi regionali. Tuttavia, i governi regionali sono fortemente indebitati e non hanno i mezzi finanziari per salvare le banche regionali.

Il Pcc, invece, sta ora cercando di centralizzare le emissioni di debito a livello nazionale. Il premier Li Qiang aveva sottolineato a marzo che Pechino avrebbe emesso mille miliardi di yuan (circa 130 miliardi di euro) in obbligazioni speciali a lungo termine: la prima emissione dal 2020 e la quarta vendita di questo tipo negli ultimi 26 anni.

Finora abbiamo discusso solo del settore bancario regolamentato. Negli ultimi anni, il Pcc ha lanciato l’allarme sul debito delle cosiddette banche ombra.  Queste istituzioni private, quasi bancarie – come compagnie assicurative, società fiduciarie, gestori patrimoniali e altri conglomerati – hanno anche prestato ampiamente agli imprenditori immobiliari e sono capitalizzati emettendo prodotti ad alto rendimento direttamente ai consumatori.

Uno di questi conglomerati finanziari — Zhongzhi Enterprise Group Co. Ltd. — è attualmente in fase di liquidazione.

Pechino salverà anche queste compagnie? Se l’economia continua a crescere e i consumatori hanno fiducia in queste istituzioni, il Pcc può ridurre al minimo i suoi salvataggi.

Ma la crescita economica non sta avvenendo. La Cina sta lottando con problemi economici ciclici e strutturali, gravi problemi di fiducia dei consumatori e governi già altamente indebitati. Il regime stesso avrà difficoltà a onorare le garanzie che ha fornito.

«Da aprile […] i marginal data mostrano che l’economia sta nuovamente rallentando in maniera piuttosto ampia,» hanno scritto gli economisti dell’Asia e della Cina di Morgan Stanley in una nota ai clienti dell’8 luglio. «Con l’attuale traiettoria politica, vediamo pressioni deflazionistiche prolungate, con implicazioni avverse sulla crescita dei redditi delle famiglie a basso reddito, in particolare per il 20 percento più povero».

Se il sistema di salvataggio finanziario della Cina si bloccasse, destabilizzerebbe l’intero settore finanziario e potrebbe portare a instabilità sociale. I consumatori e gli investitori si affretterebbero verso asset tangibili o esteri. La Cina potrebbe vivere disordini economici, crescente disuguaglianza finanziaria e maggiore disoccupazione.

Il patto economico de facto dei cittadini cinesi con il Pcc, durato decenni, finirebbe.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times 

Fan Yu è un esperto di finanza ed economia e dal 2015 contribuisce con analisi sull’economia cinese.

Versione in inglese: China’s Banking Sector Faces Reckoning

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