L’intelligenza artificiale potrebbe causare grossi problemi di apprendimento ai giovani se la società dipendesse eccessivamente da questa tecnologia. Secondo Paul Darwen, vice rettore della Facoltà di Informatica della James Cook University di Brisbane, in Australia, l’avvento dell’Ia a invenzioni come calcolatori e fogli di calcolo, in grado di evitare le «noiosissime fatiche» del lavoro ripetitivo, permettendo di concentrarsi su attività più creative: «È come un assistente di 12 anni che sbaglia spesso, ma accelera su alcune operazioni».
Nel campo della programmazione, strumenti come Copilot di Microsoft si sono diffusi rapidamente, consentendo ai programmatori di delegare all’intelligenza artificiale dei compiti ripetitivi per focalizzarsi su alcune parti di programmazione più importanti. «Da questo punto di vista, l’Ia è fantastica». Tuttavia, ha avvertito che l’Ia generativa, ben più potente, potrebbe sostituire molte attività che andrebbero svolte manualmente. Insegnare ai giovani i fondamenti della programmazione, ad esempio, diventa complicato quando l’Ia può scrivere codice al posto loro: «Se i giovani non imparano le basi, come potranno comprendere concetti più avanzati?».
I GIOVANI NON DOVRANNO PIÙ PROGRAMMARE
Le osservazioni del professor Darwen trovano eco nelle parole di Jensen Huang, amministratore delegato di Nvidia, che, al World Government Summit di Dubai del 2024, ha dichiarato che i giovani non hanno più bisogno di imparare a programmare. «Negli ultimi 10-15 anni, tutti dicevano che i bambini avrebbero dovuto studiare informatica se avessero voluto programmare», ora invece «è il contrario: dobbiamo creare tecnologie che rendano la programmazione accessibile a tutti, con il linguaggio umano». Grazie al «miracolo dell’intelligenza artificiale», quindi, praticamente chiunque può diventare programmatore, e le competenze specialistiche in ambiti come biologia digitale, istruzione o manifattura saranno fondamentali.