I dazi e il prezzo del commercio senza limiti

di Redazione ETI/Andrew Moran
26 Aprile 2025 8:24 Aggiornato: 26 Aprile 2025 8:24

Le recenti dinamiche del commercio internazionale tra Stati Uniti e Cina offrono uno spunto di riflessione sull’impatto delle politiche protezionistiche e sulle loro ripercussioni economiche mondiali. I segnali arrivano da diversi settori, con una progressiva flessione delle importazioni cinesi e una crescente riduzione delle spedizioni via mare, che interessa in particolar modo i porti della California meridionale, punto nevralgico per i traffici con l’Asia. Questo scenario, emerso con chiarezza nei primi mesi del 2025, merita un’attenta analisi per comprendere le implicazioni a breve e lungo termine.

L’accelerazione delle importazioni dalla Cina, osservata all’inizio dell’anno, è stata una risposta strategica delle imprese statunitensi, che hanno cercato di aggirare l’entrata in vigore dei dazi annunciati dall’amministrazione Trump. Tuttavia, questa corsa agli approvvigionamenti si è presto trasformata in una flessione significativa.

Secondo i dati forniti dal Port Optimizer, sistema di monitoraggio navale giornaliero, il traffico di navi merci dirette ai porti della California meridionale, come Los Angeles e Long Beach, è diminuito del 29% nella settimana conclusasi il 3 maggio. Analogamente, le spedizioni programmate dalla Cina verso gli Stati Uniti sono calate del 33% su base annua nella settimana successiva. Questi numeri, corroborati da un crollo del 64% delle importazioni cinesi a metà aprile, come riportato dalla società di logistica Vizion, evidenziano una brusca inversione di tendenza.

A confermare il quadro è la Hapag-Lloyd, compagnia tedesca del trasporto marittimo, che ha registrato la cancellazione del 30% delle spedizioni dirette verso gli Stati Uniti e un riorientamento delle catene di approvvigionamento verso altri Paesi asiatici, come Cambogia, Thailandia e Vietnam. Questo spostamento riflette una strategia di diversificazione che potrebbe ridisegnare le rotte commerciali mondiali.

Questa divergenza trova riscontro anche nel recente rapporto sulla spedizione internazionale di Descartes Systems Group: a marzo, le importazioni statunitensi via container sono aumentate del 6,3% rispetto a febbraio, ma quelle dalla Cina sono diminuite del 12,6%. Il calo è coinciso con l’introduzione di due tranche di dazi del 10% tra febbraio e marzo. La Cina, nonostante tutto, resta il principale partner marittimo degli Stati Uniti, ma le prospettive future restano incerte.

Secondo Ryan Petersen, fondatore di Flexport, nelle tre settimane successive all’entrata in vigore dei nuovi dazi le prenotazioni di container dalla Cina agli Stati Uniti sono crollate del 65%. Le compagnie marittime, a loro volta, hanno risposto cancellando circa un quarto dei viaggi previsti. Petersen avverte che, qualora i dazi venissero allentati, si potrebbe verificare un effetto a frusta: un’ondata di ordini simultanei difficilmente gestibile dalle attuali capacità logistiche. Una situazione non dissimile da quanto accaduto durante i picchi di crisi nel Mar Rosso o durante la pandemia.

Anche la Cina, dal canto suo, ha reagito introducendo dazi del 125% su una serie di prodotti statunitensi, colpendo settori chiave come agricoltura, energia e manifattura. Le esportazioni americane verso la Cina, secondo le rilevazioni, hanno subito un calo del 5% nella settimana conclusasi il 15 aprile.

Nonostante il rallentamento, le imprese americane avevano già provveduto ad accumulare scorte nei mesi precedenti, con un incremento delle importazioni volto a mitigare l’impatto dei dazi. Il Census bureau ha rilevato un aumento dello 0,2% delle scorte a febbraio e del 2,1% su base annua. Tuttavia, la pressione sulla domanda e sulle catene di approvvigionamento resta elevata: le scorte accumulate nel quarto trimestre del 2024 si sono rapidamente esaurite per effetto di un’impennata degli acquisti anticipati da parte dei consumatori.

Le incertezze legate alla politica commerciale stanno generando preoccupazioni diffuse, come emerge dal Beige Book di aprile della Federal Reserve. Le vendite di automobili e beni non durevoli, sostenute dagli acquisti anticipati per evitare rincari, potrebbero cedere il passo a una fase di stagnazione. Austan Goolsbee, presidente della Federal Reserve Bank di Chicago, ha ipotizzato un «picco artificiale» nell’attività economica nella prima metà dell’anno, seguito da un possibile calo estivo. La National Retail Federation ha rivisto al ribasso le stime sulle importazioni, prevedendo un calo del 20% nella seconda metà del 2025, un segnale che riflette l’attesa di un ulteriore deterioramento delle condizioni commerciali.

Sul piano politico, il presidente Trump ha lasciato intravedere la possibilità di un allentamento dei dazi, definendo l’aliquota del 145% «molto alta» e auspicando un accordo con il presidente cinese Xi Jinping. Il ministro del Tesoro Scott Bessent ha rafforzato questa prospettiva, sottolineando l’insostenibilità dell’attuale escalation. Tuttavia, le dichiarazioni concilianti si scontrano con la realtà di un confronto commerciale che, al momento, non accenna a risolversi.

Le attuali tensioni tra Washington e Pechino sembrano dunque destinare i rapporti commerciali a una fase di ridefinizione, con effetti tangibili sia sulle filiere che sulle dinamiche dei prezzi. Resta da vedere se e in che modo i due Paesi troveranno un equilibrio sostenibile capace di bilanciare interessi nazionali e cooperazione internazionale.

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