Washington: né con Zelensky né con Putin ma la guerra deve finire

di Ryan Morgan
24 Aprile 2025 10:01 Aggiornato: 24 Aprile 2025 10:01

Il recente scontro verbale tra Trump e Zelensky mette in luce le complessità e le difficoltà nel perseguire una soluzione negoziata al conflitto tra Russia e Ucraina. L’episodio, culminato il 23 aprile con un acceso scambio pubblico, evidenzia non solo le divergenze tra due leader, ma anche le sfide che la comunità internazionale deve affrontare per trovare un equilibrio tra principi di diritto e pragmatismo diplomatico.

Questo scambio pubblico si inserisce in un contesto più ampio, segnato dagli sforzi dell’amministrazione statunitense per mediare un accordo che ponga fine alle ostilità. La Casa Bianca ha recentemente avanzato una proposta che, secondo quanto riferito dal vicepresidente JD Vance, prevederebbe il congelamento del conflitto lungo le attuali linee territoriali. Una soluzione che, se attuata, implicherebbe la rinuncia da parte di Kiev a parte dei territori attualmente sotto controllo russo. Zelensky, dal canto suo, ha ribadito il 22 aprile che l’Ucraina non riconoscerà mai formalmente la perdita della Crimea né di altre regioni occupate, puntualizzando che «e contro la Costituzione» ucraina.

A seguito di queste affermazioni pubbliche, il presidente Trump è intervenuto sulla piattaforma Truth, accusando Zelensky di compromettere i negoziati di pace con le sue dichiarazioni: «Nessuno sta chiedendo a Zelensky di riconoscere la Crimea come territorio russo. Se davvero volevano la Crimea, perché non l’hanno difesa undici anni fa?», ha scritto il presidente americano riferendosi al 2014, quando la perdita della penisola avvenne senza resistenza armata.
Da settimane, gli Stati Uniti tentano di mediare un accordo tra Kiev e Mosca. Diversi esponenti dell’amministrazione Trump hanno dichiarato che pretendere la riconquista integrale dei territori persi dal 2014 non è realistico.

«Sono dichiarazioni incendiarie quelle di Zelensky che rendono così difficile porre fine a questa guerra», ha scritto ancora Trump. «Non ha nulla di cui vantarsi. La situazione per l’Ucraina è drammatica: può avere la pace oppure continuare a combattere per altri tre anni, per poi perdere tutto il Paese». Trump ha inoltre espresso disaccordo per la scelta di Zelensky di replicare pubblicamente, anziché proseguire le trattative in modo riservato.

Poche ore dopo le critiche di Trump, Zelensky ha utilizzato la piattaforma X per rilanciare la propria posizione. Il presidente ucraino ha condiviso uno screenshot di una dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri statunitense durante il primo mandato di Trump, in cui si afferma: «Gli Stati Uniti ribadiscono come linea politica il rifiuto di riconoscere le pretese del Cremlino sulla sovranità di territori conquistati con la forza, in violazione del diritto internazionale».

Intanto gli Stati Uniti hanno proposto due cessate il fuoco di 30 giorni: il primo, più ampio, ha ricevuto un sostegno iniziale da Kiev e un interesse parziale da Mosca; il secondo, più limitato, mirava a fermare gli attacchi contro infrastrutture energetiche. Una tregua che si è rivelata difficile da attuare, complicata da reciproche accuse di violazioni. Trump, visibilmente frustrato, ha dichiarato che potrebbe ritirarsi dalla mediazione se non si vedranno progressi a breve.

Nel frattempo, l’Europa osserva con attenzione. Il 23 aprile, Londra ha ospitato un vertice con rappresentanti di Francia, Germania e Ucraina, con l’inviato speciale statunitense Keith Kellogg al posto del ministro degli Esteri Marco Rubio. La responsabile della politica estera dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha ribadito che «la Crimea è Ucraina», sottolineando la necessità di mantenere la pressione su Mosca senza cedere sui principi del diritto internazionale. Anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, in visita a Washington il 24 e 25 aprile, discuterà della questione con alti funzionari dell’amministrazione Trump.

La strada verso la pace appare irta di ostacoli, non solo per le divergenze tra Kiev e Mosca, ma anche per le tensioni tra alleati. La comunità internazionale, chiamata a sostenere l’Ucraina senza trascurare il dialogo, si trova di fronte a una prova di equilibrio e lungimiranza. La posta in gioco non è solo la stabilità regionale, ma la capacità di costruire un ordine mondiale fondato su principi condivisi, senza sacrificare la pragmatica ricerca di una soluzione sostenibile.

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