Ue e Uk uniti contro Trump sul digitale

di Redazione ETI/Owen Evans
21 Aprile 2025 10:40 Aggiornato: 21 Aprile 2025 10:40

L’Unione Europea e il Regno Unito hanno dichiarato che le loro leggi nei confronti dei colossi tecnologici, viste dall’amministrazione Trump come un ostacolo alla libertà di parola e all’innovazione americana, non saranno trattabili nei negoziati sui dazi. Tuttavia, alcuni analisti sono convinti che in realtà queste norme, fondamentali per controllare internet, possano ancora finire sul tavolo delle trattative.

La Von der Leyen ha dichiarato al Financial Times di voler raggiungere un’intesa equilibrata, ma ha avvertito che se i colloqui fallissero, l’Ue è pronta a colpire i giganti tecnologici americani con un’imposta sui ricavi pubblicitari online.
Il giorno prima, il 9 aprile, l’Ue ha ribadito che non farà concessioni sulle sue regole digitali e tecnologiche in nessun negoziato commerciale. Anche il Regno Unito ha evidenziato che le norme imposte dal Paese sulla sicurezza online non sono negoziabili. Negli Stati Uniti, queste norme sono sempre più viste come una forma di protezionismo economico mascherato.

Sebbene Washington spesso riesca a influenzare i risultati commerciali, il Digital Markets Act e il Digital Services Act dell’Ue, insieme all’Online Safety Act del Regno Unito, lasciano poco spazio di manovra. Matthew Lesh, esperto di politiche pubbliche presso l’Istituto di Affari Economici, un gruppo di esperti favorevole al libero mercato, ha dichiarato: «I legislatori britannici ed europei non dovrebbero stupirsi se ora ci si aspetta che facciano compromessi su queste questioni tecnologiche, sotto la pressione dei dazi americani».

Il Regno Unito è ansioso di stringere una nuova partnership economica con gli Stati Uniti, incentrata su tecnologia e intelligenza artificiale, per attenuare l’impatto dei dazi annunciati da Trump. Il Paese, come molti altri, è soggetto a un dazio del 10%, con un 25% su acciaio e alluminio, ma l’Online Safety Act rischia di complicare i negoziati commerciali con gli Stati Uniti.

Entrata in vigore nell’ottobre 2023, questa legge è stata celebrata dal governo britannico come la prima normativa al mondo sulla sicurezza online. La legge impone alle piattaforme online di adottare misure per proteggere gli utenti britannici da attività criminali.

Nel frattempo, gli attivisti per la sicurezza dei bambini e la protezione online hanno reagito con rabbia alle voci secondo cui il governo potrebbe modificare l’Online Safety Act per facilitare un accordo commerciale con gli Stati Uniti. «Nessuna revisione normativa dovrebbe far parte di un accordo commerciale con gli Stati Uniti», si legge in una loro lettera.
La lettera cita anche il Digital Markets, Competition and Consumers Act, che dà ai parlamentari britannici la possibilità di frenare pratiche anticoncorrenziali dei colossi tecnologici, mirando a «eliminare pratiche sleali e promuovere la concorrenza nei mercati digitali».

Il primo ministro britannico Keir Starmer ha aperto uno spiraglio a negoziati sulla regolamentazione tecnologica: «Dobbiamo decidere come tassare i servizi digitali e come bilanciare tecnologia e libertà di parola», ha dichiarato. «Voglio essere chiaro: ci serve una tassa sul digitale, ma il Regno Unito deve restare un faro della libertà di espressione, come lo è stato per secoli. Allo stesso tempo, l’Online Safety Act, che presto introdurrà nuovi regolamenti, protegge i nostri cittadini, soprattutto i bambini, contro pedofili e altri pericoli online, io non mi faccio smuovere: faremo tutto il necessario».

Il giorno dopo, il ministro della Cultura Lisa Nandy ha segnalato un cambio di rotta, dichiarando a Times Radio: «Siamo stati chiari: dobbiamo regolamentare lo spazio online per renderlo sicuro, come facciamo nel mondo reale. Questo cosa non è negoziabile».

L’ONLINE SAFETY ACT

I forum online americani, protetti dalla libertà di parola del Primo Emendamento, stanno già sentendo il peso delle nuove leggi britanniche. Molti siti che permettono agli utenti di interagire, dai forum ai social, rischiano di essere bloccati nel Regno Unito se non valutano i pericoli legati a contenuti illegali. L’Online Safety Act impone a queste piattaforme di controllare attivamente materiali dannosi, come pornografia estrema, traffico di esseri umani, molestie, abusi psicologici o cyberstalking.

La legge ha colpito anche decine di siti britannici più piccoli, dai forum per ciclisti a gruppi di supporto per padri divorziati. Le rigide regole dell’Online Safety Act hanno costretto molti siti storici a chiudere i battenti. L’ultima vittima è BitChute, piattaforma britannica di condivisione video, che ha bloccato gli utenti del Regno Unito. «Abbiamo provato a gestire queste difficoltà, ma l’incertezza su come l’Ofcom applicherà l’Online Safety Act a e il suo impatto devastante ci lasciano senza scelta: dobbiamo interrompere le attività nel Regno Unito», ha annunciato la piattaforma.

Gab, piattaforma americana senza sedi nel Regno Unito, ha ricevuto il 16 marzo una lettera dall’Ofcom, che la obbliga a rispettare l’Online Safety Act. L’autorità britannica ha minacciato multe fino a 18 milioni di sterline (oltre 20 milioni di euro) o al 10% del fatturato mondiale, oltre al possibile blocco dell’accesso nel Regno Unito, in caso di mancato adeguamento. «Non ci arrenderemo. Non pagheremo nulla», ha ribattuto l’amministratore delegato Andrew Torba. Gab aveva già dichiarato che la legge «non ha giurisdizione su di noi», con i suoi legali che confermano l’assenza di attività fuori dagli Stati Uniti.

Matthew Lesh ha dichiarato che per decenni le amministrazioni statunitensi hanno espresso preoccupazioni per le politiche di Ue e Regno Unito, credendole norme «mirate ai colossi tecnologici americani attraverso tasse, regolamenti rigidi e costose azioni anticoncorrenziali».

LA POSIZIONE DELL’UE

L’Unione Europea ha ribadito che non farà concessioni sulle sue regole digitali in alcun accordo commerciale. Il 10 aprile scorso, ha annunciato una pausa di 90 giorni sui controdazi americani su acciaio e alluminio, ma i negoziati proseguono.

Il Digital Services Act e il Digital Markets Act formano un insieme di regole applicabili in tutta l’Unione Europea e, sebbene diversi funzionari americani li abbiano presi di mira, l’Ue ha ripetutamente respinto la posizione degli Stati Uniti. Recentemente, Peter Navarro, consigliere commerciale di Trump, ha accusato l’Ue di condurre una «guerra legale» contro i giganti tecnologici statunitensi, chiedendo riforme al «sistema commerciale».

Il Digital Markets Act si concentra su mercati digitali equi e aperti, mentre il Digital Services Act punta a una moderazione dei contenuti più rigorosa, ai diritti degli utenti e alla trasparenza, sia per aziende dentro che fuori l’Ue.
Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta, ha accusato l’Ue di «istituzionalizzare la censura». Meta, che possiede Facebook e Instagram, ha recentemente dichiarato che le regole del Digital Markets Act «non riguardano solo le sanzioni: la Commissione cerca di ostacolare le aziende americane di successo solo perché sono americane, lasciando campo libero ai rivali cinesi ed europei».

LA COMPETIZIONE CON LE AZIENDE AMERICANE

Norman Lewis, ricercatore del gruppo di esperti MCC Brussels ed ex direttore della ricerca tecnologica di Orange Uk, sostiene che l’Ue difende le sue leggi digitali, come il Digital Markets Act, per colpire volutamente le grandi aziende tecnologiche americane. «Gli Stati Uniti lo vedono come un attacco alle loro aziende e lo useranno come arma nei negoziati», ha dichiarato. «Queste aziende hanno l’attenzione di Trump, e se sentiranno puzza di discriminazione da parte dell’Ue, risponderanno con forza». Lewis accusa l’Ue di usare leggi come il Digital Markets Act per controllare le tecnologie straniere e guadagnare peso a livello geopolitico, senza avere un’industria tech propria. «Vogliono regolare il mercato per imporsi, ma non possono competere».

«L’Ue può davvero bloccare Apple, Amazon o Netflix? Milioni di europei li usano, non accetteranno facilmente una cosa del genere. Sarà una gara di resistenza».

 

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