Nvidia tra Washington e Pechino

di Redazione ETI/Andrew Thornebrooke
18 Aprile 2025 10:27 Aggiornato: 18 Aprile 2025 10:27

La visita a Pechino di Jensen Huang, amministratore delegato di Nvidia, rappresenta un delicato esercizio di equilibrismo in un contesto geopolitico sempre più teso.

L’arrivo del numero uno del colosso tecnologico, invitato dal China Council for the Promotion of International Trade, sembra un tentativo di preservare un rapporto commerciale cruciale, nonostante le crescenti barriere imposte dagli Stati Uniti. Le nuove restrizioni all’esportazione del chip H20, annunciate dall’amministrazione Trump, non sono solo un colpo finanziario per Nvidia – con perdite stimate in 5,5 miliardi di dollari – ma anche un segnale inequivocabile della determinazione di Washington a contenere l’avanzata tecnologica cinese, specialmente nel campo dell’intelligenza artificiale.

La vicenda dell’H20, versione depotenziata del chip H100, mette in luce le complessità di un mercato globale frammentato da interessi nazionali. Progettato per aggirare le restrizioni dell’era Biden, l’H20 è finito sotto accusa per il suo potenziale utilizzo in supercomputer, come suggerito dal caso DeepSeek. Le accuse di contrabbando attraverso paesi terzi, come Singapore, avanzate dalla Commissione speciale sul Partito comunista cinese, aggiungono un ulteriore livello di sfiducia, evidenziando quanto il controllo delle tecnologie avanzate sia diventato un terreno di scontro strategico.

In questo scenario, la scelta di Nvidia di investire 5 miliardi e mezzo di dollari in nuovi impianti negli Stati Uniti, con il supporto di partner come la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, appare non solo una mossa per diversificare la produzione, ma anche un chiaro allineamento con le priorità di sicurezza nazionale americana. Tuttavia, il crollo delle vendite in Cina, scese dal 25% a meno del 15% in pochi anni, pone una domanda cruciale: fino a che punto Nvidia potrà compensare la perdita di un mercato così strategico?

Huang si trova dunque a navigare tra due fuochi: da un lato, la necessità di mantenere un dialogo con Pechino per non alienare un partner storico; dall’altro, la pressione di Washington per aderire a un’agenda che vede il regime cinese come rivale tecnologico. La sua missione diplomatica potrebbe mitigare le tensioni nel breve termine, ma il futuro di Nvidia in Cina sembra destinato a un ridimensionamento inevitabile. In un’epoca in cui i chip sono le nuove armi di una guerra fredda tecnologica, il colosso di Santa Clara deve dimostrare di saper vincere non solo sul piano dell’innovazione, ma anche su quello della geopolitica.

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