Due mesi fa, Trump ha ordinato lo sviluppo di un sistema di difesa missilistica nazionale, inizialmente chiamato “Iron Dome” poi ribattezzato a febbraio “Golden Dome”. L’obiettivo è creare una solida difesa per proteggere gli Stati Uniti da missili balistici, armi ipersoniche, missili da crociera avanzati e altre minacce aeree.
L’ordine esecutivo sottolinea che non è la prima volta che si respira questa ambizione negli Stati Uniti, cita infatti lo Scudo Stellare di Ronald Reagan, che pur avendo «portato a numerosi progressi tecnologici» è stato «abbandonato prima di raggiungere il suo scopo».
Tuttavia, l’ordine attuale giustifica una certa urgenza, sostenendo che «negli ultimi 40 anni, anziché diminuire, la minaccia delle armi di nuova generazione si è aggravata». E punta anche il dito sullo sviluppo da parte degli avversari di «sistemi di difesa aerea e missilistica di ultima generazione». Il successo di questa colossale impresa dipenderà dall’evitare gli errori del passato, sfruttando tecnologie esistenti ed esperienza istituzionale.
LE LEZIONI DAGLI ANNI ’80
L’Iniziativa di Difesa Strategica di Reagan degli anni ‘80, nota come “Guerre Stellari”, mirava a creare uno scudo spaziale contro i missili balistici sovietici. Il progetto non si è mai concretizzato del tutto per vari motivi: eccessiva ambizione tecnologica, costi astronomici, mancanza di coordinamento e obiettivi irrealistici.
Il programma prevedeva armi a energia diretta per neutralizzare gli Icbm nemici (dei missili balistici intercontinentali in grado dì raggiungere distanze superiori ai 5500 chilometri), ma all’epoca tali tecnologie erano acerbe o pura fantascienza. Con la firma dei trattati Inf e Start nel 1987 e 1991, la necessità dell’Iniziativa di Reagan è poi svanita insieme alla Guerra Fredda.
L’esigenza di una difesa missilistica, tuttavia, non è mai venuta meno. L’ordine esecutivo Golden Dome richiama indirettamente il pensiero reaganiano, sottolineando che «negli ultimi 40 anni, la minaccia di armi di nuova generazione, incluse quelle ipersoniche, è diventata più complessa con lo sviluppo di sistemi di lancio avanzati da parte dei nostri avversari».
La differenza sostanziale tra il 2025 e il 1985 è che molte delle tecnologie necessarie al progetto esistono già e sono già state collaudate, soprattutto da Israele e, in misura minore, dall’Ucraina. Negli anni ‘80, il Patriot di allora (un missile terra-aria statunitense) non era nemmeno considerato affidabile contro i missili balistici a corto raggio, figurarsi contro gli Icbm.
TECNOLOGIE COLLAUDATE
Il Golden Dome consente di sfruttare tecnologie difensive già collaudate, evitando i costi proibitivi di nuovi sviluppi che partono da zero. Ormai da decenni gli Stati Uniti perfezionano sistemi come Aiamd Thaad, Patriot e Aegis Bmd, grazie anche alla collaborazione con Israele, formando la base per il Golden Dome. L’obiettivo è dotare queste tecnologie di sensori a corto raggio e collegarle alla rete militare su vasta scala, come previsto dal sistema Joint All-Domain Command and Control (Jadc2).
I colossi della difesa aerea come Lockheed Martin e Raytheon, vantano una esperienza che vale miliardi di dollari di investimenti e milioni di ore di ingegneria. Queste aziende eccellono nel combinare tecnologie complesse, dai radar ai missili, dai sistemi di comando ai satelliti, infine in reti integrate di difesa aerea e missilistica. Per il Golden Dome, questa capacità di unificare sensori, armi e software in un unico sistema operativo è fondamentale.
L’INTEGRAZIONE DELLA DIFESA
Le esigenze in termini di difesa degli Stati Uniti sono diverse da quelle dei Paesi alleati e avversari. Tuttavia, altre nazioni hanno dimostrato che combinare tecnologie diverse in un sistema unificato è possibile, grazie a un coordinamento impeccabile e una leadership autorevole. Per il successo del Golden Dome, il ministero della Difesa deve promuovere la collaborazione tra aziende del settore affermate, valorizzando la posizione strategica unica degli Stati Uniti. Considerando la sua geografia unica e le specifiche minacce che deve affrontare, il Golden Dome dovrà sviluppare soluzioni originali, evitando di copiare semplicemente i modelli di altri Paesi.
LA SFIDA
Steven J. Morani, viceministro della Difesa per acquisizione e sostegno, ha descritto il Golden Dome come «un gigantesco problema di ingegneria e integrazione». L’Agenzia per la Difesa Missilistica ha stilato una tabella di marcia per il progetto, con consegne previste dal 2026 a oltre il 2030. Rispettare tali scadenze per un’iniziativa di questa portata richiederà un coordinamento eccellente tra agenzie governative e del settore.
Le grandi aziende del settore costituiscono una colonna portante della base industriale statunitense. La loro esperienza pluridecennale con l’Agenzia per la difesa Missilistica, il Comando Settentrionale degli Stati Uniti, le forze armate e altre istituzioni hanno generato un bagaglio di competenze e connessioni unico, difficilmente eguagliabile altrove. Queste aziende padroneggiano il complesso sistema di normative, i requisiti di certificazione e gli standard di interoperabilità indispensabili per un progetto ambizioso come il Golden Dome. A ciò si aggiunge la loro capacità di produrre su vasta scala, garantendo risorse e affidabilità di altissimo livello.
Allo stesso tempo, i giganti tecnologici e le aziende innovative nel settore della difesa giocano un ruolo cruciale. Microsoft, Amazon Web Services e Google mettono infatti a disposizione infrastrutture cloud e intelligenza artificiale avanzata, essenziali per gestire gli enormi volumi di dati per il progetto. ShieldAI contribuisce con la sua esperienza nei sistemi autonomi, mentre Anduril e Palantir si distinguono per potenza di calcolo e soluzioni all’avanguardia nella fusione e analisi dei dati.
I PRIMI PASSI
Piuttosto che mirare subito a proteggere l’intero territorio degli Stati Uniti, il Golden Dome potrebbe adottare un approccio graduale, sul modello del sistema di Difesa sviluppato da Israele. Guam rappresenta un banco di prova ideale: un’area strategica e geograficamente limitata, esposta alle minacce della Cina, che includono migliaia di droni, centinaia di missili da crociera e missili balistici tattici.
Le operazioni difensive condotte a Guam, passate e presenti, hanno permesso di raccogliere dati preziosi. Dal 2013 è operativa sull’isola una batteria Thaad, un sistema di difesa missilistico per intercettare missili balistici a corto e medio raggio. Nel 2021, il dispiegamento temporaneo di una batteria Iron Dome statunitense ha reso consapevoli delle varie opportunità e limiti delle tecnologie attuali per le necessità di Guam. A dicembre 2024, l’Agenzia per la Difesa Missilistica ha testato con successo il sistema Aegis Guam. L’esercito degli Stati Uniti sta potenziando la Task Force Talon, già presente sull’isola, trasformandola in una più ampia Task Force per il Sistema di Difesa di Guam, con capacità avanzate di difesa aerea e missilistica a corto raggio. Partire con un sistema di Difesa integrato per Guam consentirebbe di definire parametri di successo concreti, perfezionando strategie e protocolli da estendere poi ad aree come la Regione della Capitale Nazionale, Hawaii e Okinawa, in Giappone.
IL GOLDEN DOME
Il Golden Dome richiede obiettivi chiari e raggiungibili, con risultati concreti a ogni fase. Proteggere Guam rappresenta un punto di partenza ideale: un’area strategica, geograficamente circoscritta e minacciata da pericoli reali. Il successo di queste operazioni sull’isola confermerebbe la validità del progetto, aprendo la strada alla sua espansione verso altre zone importanti.
L’approccio graduale dell’Agenzia per la difesa Missilistica rivela una piena consapevolezza della necessità di avanzare per tappe. Integrando tecnologie collaudate e competenze industriali con le innovazioni di aziende emergenti, il ministero della Difesa può ottimizzare le risorse pubbliche e accelerare i tempi di realizzazione.
CONCLUSIONE
Il Golden Dome rappresenta il più ambizioso progetto di difesa missilistica integrata degli Stati Uniti dai tempi dell’Iniziativa di Difesa Strategica. A differenza di allora, può contare su tecnologie avanzate, sistemi già collaudati e l’esperienza consolidata dell’industria della difesa americana.
Senza una leadership determinata e competenze di integrazione, l’iniziativa di Trump rischia di rimanere incompiuta, come un progetto grandioso ma irrealizzato. Per evitare che il Golden Dome resti solo una visione, servono partnership solide tra militari e industria e una strategia ben definita.
Per riuscire dove l’Iniziativa di Difesa Strategica di Reagan ha fallito, deve combinare la solidità delle grandi aziende già consolidate con il talento dei nuovi arrivati, tenendo sotto controllo costi e tempi. Il ministero della Difesa dovrà affrontare una sfida ardua, ma con Guam come banco di prova e le tecnologie collaudate come fondamenta, il progetto ha una possibilità concreta di realizzare la visione del Presidente: uno scudo capace proiettare la potenza americana in un’era di minacce sempre crescenti.
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