La gente usa abitualmente la parola “amore”. Ma cosa significa veramente amare qualcuno o qualcosa? L’amore per se stessi è diverso? In che modo l’amore tra esseri umani differisce da quello verso Dio?
Domande simili hanno ispirato l’abate francese Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) a scrivere De diligendo Deo (Sul dovere di amare Dio), un trattato conciso ma molto significativo sul ruolo e sul potere dell’amore nel promuovere una vita spirituale.

Bernardo di Chiaravalle, in origine Bernard de Fontaines, nacque in una famiglia nobile della Borgogna, in Francia. A 22 anni rinunciò a intraprendere la carriera giuridica per entrare in un monastero benedettino a Citeaux, nel sud della Francia. Tre anni dopo, fu inviato a Ville-sous-la-Ferté, sempre in Francia, dove fondò e divenne abate dell’Abbazia di Chiaravalle, appartenente all’ordine monastico cistercense.
Guidati in parte da Bernardo, i cistercensi cercarono di tornare alla stretta osservanza della Regola originale di San Benedetto, che enfatizzava la povertà volontaria, il lavoro manuale e la semplicità. Questo tentativo fu una risposta alla crescente ricchezza di altri ordini benedettini europei, che i cistercensi consideravano una pericolosa deviazione dai loro principi.
Nel 1174 la Chiesa cattolica canonizzò Bernardo, che in seguito fu nominato Dottore della Chiesa per i suoi significativi contributi alla teologia. In linea con l’impegno per l’umiltà e la semplicità, i suoi scritti ribadiscono il primato della devozione personale e delle esperienze divine rispetto alle speculazioni intellettuali preferite dai suoi contemporanei, come il filosofo e teologo scolastico Pietro Abelardo.
A tal fine, Bernardo abbinava spesso poesia e prosa. Secondo Duncan Roberston, ex professore di studi medievali all’Università di San Francisco, «l’uso del linguaggio di Bernardo rimane forse la sua eredità universale».
I QUATTRO GRADI DELL’AMORE
Scritto all’apice del movimento monastico cistercense alla fine del XII secolo, Sul dovere di amare Dio cercava di spiegare l’esperienza dell’amore e della grazia divina. Bernardo apre il saggio spiegando la «duplice ragione» per amare Dio: «Nulla è più ragionevole, nulla più proficuo». Nei capitoli successivi spiega queste due ragioni sia agli intellettuali che alla gente comune, anche se l’Abate riconosce di aver pensato soprattutto a quest’ultima.
Sebbene Bernardo abbia scritto il trattato per i cristiani, i principi indicano il percorso spirituale condiviso da tutte le tradizioni religiose che concernono l’adorazione e l’emulazione di un creatore divino. Il percorso procede attraverso quattro gradi di amore, che illustrano la potenziale evoluzione spirituale di una persona.
AMORE VERSO SE STESSI
Bernardo riconosceva che l’uomo è un corpo dato dalla natura e, come tale, la prima realtà che gli esseri umani conoscono è quella fisica, una realtà fondamentalmente imperfetta. La descrive talmente «fragile e debole che la necessità obbliga [una persona] ad amare [se stessa] per prima». In quanto corpi materiali, gli esseri umani sono inclini ad amare se stessi «per primi ed egoisticamente»: è un amore dettato dai bisogni fisici fondamentali, come il cibo, l’acqua e l’intimità, che limitano a questi aspetti l’attenzione delle persone.
In questo primo grado di amore, le persone considerano il corpo in sé come un fine, non possono evitarlo. Tuttavia, possono evitare di farlo in modo eccessivo e, per impedire ai desideri corporei di prevalere, Bernardo riteneva che bisognasse concentrarsi solo sulle cose necessarie: il primo passo per evitare la golosità è capire qual è la quantità di cibo sufficiente. Se non controlla gli impulsi corporei non necessari, l’essere umano rimarrà bloccato in questo primo stadio, e il suo potenziale spirituale non si realizzerà.
AMARE DIO PER SE STESSI
A differenza degli animali, gli esseri umani possono esercitare l’autocontrollo. Quando i desideri corporei spingono a comportarsi in modo negativo con se stessi e con gli altri «un imperativo ci blocca: ama il prossimo tuo come te stesso». Per Bernardo, questa «legge di vita e di coscienza» è impressa nell’anima da Dio: guida le persone alla temperanza e a prosperare nella comunità. L’amore temperato e retto «si esercita nell’abnegazione per rispondere ai bisogni del fratello».

Dalla comprensione di cosa significhi coesistere con gli altri esseri umani, nasce la considerazione per il prossimo e per le sue necessità. Bernardo fa l’esempio di “cibo e vestiario”: riconoscere l’altro come parte della comunità induce a donare il non necessario a chi ne ha bisogno, condividendo cibo e vestiti si imparerà a essere “veramente altruista”.
Il secondo grado di amore è ancora vincolato ai bisogni primari: si inizia ad amare Dio solo quando si vede che questa legge divina permette di ottenere benefici materiali. Tuttavia, questo secondo passo è ancora più orientato verso Dio rispetto al primo. Bernardo pensava che «per amare il prossimo come si deve, dobbiamo avere amore anche verso Dio». Se Dio è la fonte dell’amore, come credeva Bernardo, amare il prossimo significa partecipare a quella fonte, quindi entrare in contatto con il divino.
L’AMORE DI DIO PER DIO
La comunione tra l’uomo e Dio può diventare ancora più profonda quando si inizia ad «amare Dio per la sua bontà intrinseca, e non solo per i benefici che concede». Per realizzare questa aspirazione superiore, il monaco pensava che non ci si debba preoccupare per la propria condizione materiale o posizione sociale, e di quanto cibo o denaro si possa ottenere dalla benevolenza altrui. Nel terzo grado, l’uomo esprime l’amore per la suprema bellezza e benevolenza del creatore in modo disinteressato.
Bernardo credeva che questo amore disinteressato avrebbe rafforzato la capacità di amare gli altri esseri umani, amare gli altri come creazioni divine e non solo come individui da cui trarre benefici: «Tale amore è puro, poiché non si manifesta né con le parole né con la lingua, ma con i fatti e la verità».

Quando un uomo continua ad amare i suoi simili, lo fa come atto di riconoscenza verso la bontà della creazione e del suo creatore. Qui si ama finalmente «Dio per se stesso, per il solo fatto che è Dio».
L’AMORE DI SÉ PER DIO
Quanto è «beato chi raggiunge il quarto grado dell’amore, in cui si ama se stessi solo in Dio!». Bernardo pensava che questo grado finale fosse raramente raggiungibile durante la vita mortale di una persona. Se lo si raggiunge, la «rettitudine si erge come le forti montagne» e si è benedetti al di là di ogni immaginazione, perché anche un solo istante in quello stato è ultraterreno.
Se un mortale fosse così fortunato da provare questa «gioia celeste per un momento estasiante», in seguito rimpiangerebbe quella felicità di breve durata, capirebbe che la sua vita è disturbata dalla «malizia delle inezie quotidiane» e dai «bisogni della carne», che minacciano di impedire la sua realizzazione spirituale. Capirebbe che la gioia celeste appartiene a un mondo al di là della materia e che solo l’anima può raggiungere il quarto grado di amore in modo permanente. Una volta liberata dal corpo, l’anima può tornare a quella che Bernardo chiamava la sua fonte divina «perfetta, pacifica, amabile».
LA RICERCA DELL’AMORE
La descrizione dei quattro gradi dell’amore che fa Bernardo, passo dopo passo, può dare l’impressione sbagliata che lo sviluppo spirituale sia facile come seguire un manuale. Piuttosto, con questo trattato il teologo ha voluto dare una guida accessibile per far comprendere meglio alle persone se stesse, le relazioni tra esseri umani e la loro connessione con il divino. Ha proposto dei principi per comprendere l’esperienza, perché i lettori siano in grado di far corrispondere le azioni alle loro aspirazioni.
Il suo invito implicito è quello di vivere questi principi. In nessun punto suggerisce che la lettura sia sufficiente per raggiungere il compimento dell’amore. Il cammino verso la gioia celeste non è semplice: richiede lotta, temperanza e perseveranza, qualità che lo rendono ancora più prezioso.
Leo Salvatore