Altro duro colpo al Green New Deal: Donald Trump ha annunciato di aver autorizzato l’utilizzo delle centrali a carbone per la produzione di energia, così da contrastare il vantaggio economico della Cina. In un post su Truth, il Presidente ha scritto che l’industria del carbone americana è stata «tenuta in ostaggio dagli estremisti ambientali», permettendo a Paesi come la Cina di guadagnare un vantaggio economico sugli Stati Uniti, aprendo centinaia di centrali a carbone.
Verrà dato il via libera per «produrre energia dal carbone il prima possibile», senza però fornire ulteriori dettagli. La strategia di Trump segna una svolta radicale nella politica ambientale americana, che dagli anni 2000 ha abbandonato il carbone, allora principale fonte di elettricità, a favore di alternative più economiche come gas naturale ed energie rinnovabili.
Nel 2023, il carbone rappresentava circa il 15% dell’energia prodotta negli Usa, rispetto al 51% del 2000, secondo la U.S. Energy Information Administration. Il 20 gennaio scorso, il Presidente ha firmato un ordine esecutivo che impone alle agenzie federali di rivedere le norme che limitano l’uso delle risorse energetiche interne, in particolare carbone, idroelettrico e nucleare, dichiarando un’emergenza energetica nazionale, al fine di accelerare lo sviluppo delle infrastrutture energetiche del Paese.
Secondo il Presidente, le «normative onerose e ideologiche hanno frenato lo sviluppo di queste risorse, limitato la produzione di energia affidabile ed economica, ridotto i posti di lavoro e imposto costi elevati ai cittadini».
Per raggiungere gli obiettivi di Trump, l’amministratore dell’Agenzia per la Protezione Ambientale, Lee Zeldin ha dichiarato che l’Agenzia eliminerà diverse norme ambientali, definendo l’annuncio «la più grande riforma normativa della storia americana».
L’Agenzia ha elencato le sue riforme in una serie di comunicati, revisionando le norme introdotte da Obama e Biden, considerate una spesa di «migliaia di miliardi di dollari». Saranno riviste inoltre le norme sulle emissioni delle centrali elettriche, note come Clean Power Plan 2.0.
Zeldin ha ricordato che la Corte Suprema aveva già bocciato la versione del 2015 del Clean Power Plan, vietando all’Agenzia di «sfruttare il Clean Air Act per manipolare le scelte energetiche degli americani e destabilizzare l’equilibrio del mix di combustibili elettrici».
«Trump aveva promesso di eliminare il Clean Power Plan nel suo primo mandato, e ora stiamo portando avanti questo lavoro», ha detto Zeldin. «Vogliamo garantire che l’Agenzia rispetti la legge, offrendo agli americani energia affidabile e accessibile».
Il ministro degli Interni Doug Burgum ha suggerito di riattivare le centrali a carbone chiuse per far fronte alla crescente domanda di elettricità. «Dal momento che ci troviamo in piena emergenza energetica, dobbiamo riaprire tutte le centrali», ha detto Burgum in un’intervista a Bloomberg, aggiungendo che l’America dovrebbe mantenere operative le centrali a carbone esistenti, alleggerendo le norme ambientali imposte dalle amministrazioni precedenti.
Per quanto riguarda Pechino invece, la costruzione di centrali a carbone in Cina ha toccato il livello più alto degli ultimi dieci anni, secondo un’analisi del Centro finlandese per la Ricerca sull’Energia e l’Aria Pulita: nel 2023 la Cina ha costruito centrali a carbone per 94,5 gigawatt, il volume più alto di nuove installazioni dal 2015.