Indagine corruzione Ue vieta l’accesso ai lobbisti Huawei

di Redazione ETI/Lili Zhou
17 Marzo 2025 10:54 Aggiornato: 18 Marzo 2025 9:33

Il Parlamento europeo e la Commissione europea hanno vietato l’accesso ai lobbisti di Huawei alle sedi Ue, mentre la polizia belga (che è incaricata delle indagini) indaga su eventuali casi di corruzione che possano coinvolgere il colosso cinese.

La polizia ha  effettuato diversi arresti e perquisito 21 sedi in Belgio e Portogallo il 13 marzo. Un magistrato ha anche ordinato di mettere i sigilli agli uffici di due assistenti parlamentari.

Un portavoce del Parlamento europeo ha dichiarato a Epoch Times Usa che come misura precauzionale si è deciso di sospendere «con effetto immediato l’accesso al Parlamento dei rappresentanti legati alla società Huawei». Un portavoce della Commissione europea ha sua volta confermato che il 14 marzo i Gabinetti dei commissari e i direttori generali hanno ricevuto istruzioni di «sospendere immediatamente contatti e incontri con Huawei fino a nuovo avviso».

Il divieto di accesso dei rappresentanti Huawei alla sede Ue per ora è una misura temporanea, in attesa degli sviluppi dell’indagine. L’Ufficio del Pubblico Ministero belga ha reso noto il 13 marzo che più persone sono state arrestate con l’accusa di essere coinvolte in fatti di «corruzione attiva all’interno del Parlamento europeo» e di «creazione e uso di documenti falsi». I procuratori parlano di un’organizzazione criminale dedita a sistematica corruzione dal 2021. I magistrati non hanno identificato gli arrestati ma hanno precisato che «la presunta corruzione avrebbe beneficiato Huawei» e che sono ancora alla ricerca prove del riciclaggio.

Huawei non ha risposto alla richiesta di commento di Epoch Times Usa ma, in una nota del 13 marzo a Reuters ha dichiarato: «Huawei ha una politica di tolleranza zero verso corruzione o altre irregolarità e si impegna a rispettare sempre tutte le leggi e i regolamenti in vigore». Da Pechino, la portavoce del ministero degli Esteri del regime cinese, Mao Ning, ha detto in una conferenza stampa che il regime chiede alle aziende cinesi di seguire le leggi dei Paesi ospitanti.

Secondo il Registro di Trasparenza dell’Ue, nove rappresentanti Huawei erano accreditati per accedere alle sedi del Parlamento europeo.
Il registro indica che, dopo il divieto Usa agli enti governativi di acquistare attrezzature Huawei per motivi di sicurezza nazionale, i rappresentanti della società hanno tenuto 31 incontri con commissari Ue, membri dei loro Gabinetti o direttori generali tra il 2019 e il 2021. Il numero è sceso a sei tra il 2022 e il 2024, ma i rappresentanti hanno incontrato più spesso i parlamentari europei.

Dopo le pressioni americane per espellere Huawei, fondate sul pericolo che i suoi apparati possano essere usati dal Partito Comunista Cinese a fini di spionaggio, la Commissione europea ha pubblicato a gennaio 2020 una guida sulle reti 5G, raccomandando agli Stati membri di valutare il profilo di rischio dei fornitori, e di escludere quelli ad alto rischio per le infrastrutture di importanza fondamentale.

Nel 2023 la Commissione ha dichiarato che le cinesi Huawei e Zte «rappresentano di fatto rischi materialmente più alti rispetto ad altri fornitori 5G». 11 dei 27 Stati membri dell’Ue hanno approvato leggi per imporre restrizioni a fornitori cinesi quali ad esempio Huawei e Zte. Huawei ha ripetutamente negato di favorire le attività di spionaggio del Pcc, ma la legge cinese obbliga ogni individuo o azienda a fornire al regime ogni informazione eventualmente richiesta.

In una conferenza stampa del 13 marzo, Thomas Regnier, portavoce della Commissione europea, ha detto che la Commissione esorta tutti gli Stati membri a «prendere misure» per limitare o escludere fornitori ad alto rischio «perché la mancanza di azioni rapide espone l’intera Ue a un rischio evidente».

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