Trump ha imposto dazi al Messico e al Canada, per evitare che Pechino sfrutti questi Paesi per aggirare le restrizioni commerciali. Il 1° febbraio scorso ha imposto un dazio del 25% su tutte le merci provenienti da Messico e Canada, con un ulteriore dazio ridotto al 10% sulle esportazioni di petrolio ed energia canadesi. In risposta, Cina, Canada e Messico hanno annunciato piani per imporre dei “controdazi” sulle merci americane e, dopo ulteriori discussioni con i leader messicani e canadesi, alcuni dazi sono stati ulteriormente rinviati.
Tuttavia, le crescenti divergenze sulla politica verso la Cina stanno mettendo a dura prova le relazioni degli Stati Uniti con i suoi alleati, ponendo il Presidente in una posizione scomoda: allentare la sicurezza nazionale contro il Pcc per mantenere stabili le alleanze.
Fin dal suo primo mandato, Trump ha imposto dazi severi alla Cina, citando una lunga lista di azioni scorrette da parte del regime. Una delle principali preoccupazioni è stato il deficit commerciale tra Stati Uniti e Cina: Pechino esporta verso l’America più di quanto importi. Questo squilibrio era in parte dovuto ai dazi più alti nei confronti di Pechino sulle merci statunitensi, anche prima della guerra commerciale. Nel 2018, il dazio medio nei confronti del regime sulle esportazioni era dell’8%, rispetto al 3,1% americano sulle merci cinesi nel 2017.
Inoltre, Trump è preoccupato per la proprietà intellettuale e tecnologica minacciata dalla Cina, soprattutto con aziende come Huawei. I dazi servono in questo contesto a limitare l’accesso di Pechino a tecnologie sensibili che potrebbero potenziare le sue capacità militari e economiche. Il Presidente ha definito la Cina un «imbroglione commerciale» a causa dei sussidi alle imprese statali, che permettono al regime cinese di vendere prodotti sotto il valore di mercato e minare la concorrenza statunitense.
Inoltre, la politica di Fusione Militare-Civile del Pcc sfuma il confine tra aziende pubbliche e private, entrambe sfruttate da Pechino per avanzare verso il dominio globale. I ricavi dal commercio tra Stati Uniti e Cina vengono utilizzati per finanziare la modernizzazione dell’Esercito di Liberazione Popolare, una prospettiva che, per Trump, ha poco senso data la potenziale futura conflittualità con il regime cinese.
I problemi con Pechino dal primo mandato del Presidente rimangono fondamentalmente irrisolti, con la crisi dei cartelli della droga messicani, che stanno inondando le strade statunitensi di fentanyl, causando solo nel 2023 circa 72 mila morti. Negli ultimi otto anni, la Cina ha stabilito fabbriche in Messico per aggirare i dazi statunitensi, permettendole di accedere al mercato senza dazi grazie all’Usmca. Nel 2023 per esempio, le aziende cinesi hanno investito 2 miliardi e 720 milioni di dollari nel settore automobilistico messicano.
I critici dei nuovi dazi di Trump sostengono che aumenteranno i prezzi dei beni di consumo, affermando erroneamente che i dazi causano inflazione. L’inflazione, che ha raggiunto il massimo dagli ultimi 40 anni durante l’amministrazione Biden, è un fenomeno guidato dalla emissione di moneta da parte del governo, dall’espansione del credito e dall’aumento del valore monetario. Sebbene i dazi possano aumentare i prezzi di alcuni beni, non equivalgono in realtà a un’inflazione generale o a una svalutazione del dollaro.
Inoltre, con le aziende europee e asiatiche ancora desiderose di accedere ai mercati americani, c’è la speranza che aumentino gli investimenti e la produzione all’interno degli Stati Uniti. I prezzi più alti che gli americani sperimentano sono il costo per aumentare gli investimenti esteri negli Stati Uniti, espandere la produzione americana, combattere il fentanyl e ridurre il flusso di denaro verso la Cina.
Canada e Messico hanno generalmente politiche permissive nei confronti della Cina. Nonostante le richieste di Trump di rafforzare queste politiche, i due Paesi sono stati lenti ad agire. Tuttavia, a fine febbraio, l’amministrazione Sheinbaum ha proposto che, invece di imporre dazi al Messico, il Paese potrebbe imporre a sua volta i dazi americani direttamente alla Cina. Questa mossa mira non solo a evitare i dazi sul Messico, ma anche a contrastare l’afflusso di merci cinesi a buon mercato, specialmente i prodotti contraffatti.
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