Giorgetti: sì alla spesa per la difesa ma che sia «sostenibile»

di Redazione ETI
11 Marzo 2025 18:44 Aggiornato: 11 Marzo 2025 22:26

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha proposto ai partner Ue presenti all’Ecofin un sistema di garanzie comuni per attivare investimenti privati nella difesa e aerospazio fino a 200 miliardi di euro, con l’obiettivo di limitare l’impatto sulle casse pubbliche.

Giorgetti ha illustrato la sua proposta lunedì sera a Bruxelles, riporta Reuters, appunto durante la riunione dei ministri delle Finanze europei, e si pone come una sorta di “alternativa sostenibile” all’idea di riarmo della von der Leyen, che prevede 800 miliardi per tutta l’Ue di spesa militare extra, interamente finanziata da debito pubblico.

«Non possiamo finanziare la Difesa a scapito di Sanità e servizi pubblici» ha detto Giorgetti, ribadendo la linea di partito più volte apparsa sulla stampa negli ultimi giorni anche dal segretario della Lega Matteo Salvini. «Per questo l’Italia propone un meccanismo di garanzia europeo che attragga capitali privati e potenzi sicurezza e difesa senza aumentare il debito pubblico».

Giorgetti ha anche suggerito di individuare settori, come stabilimenti auto inutilizzati, convertibili alla produzione militare per rilanciare il settore industriale. «Dobbiamo anche distinguere tra i bisogni immediati legati alla guerra in Ucraina e la strategia sulla sicurezza a lungo termine dell’Ue, fare un approfondimento sulla strategia seguito da un piano di attuazione» ha poi precisato Giorgetti citato da Agenzia Nova, «dobbiamo ragionare sulla possibilità di convertire le industrie esistenti e sviluppare, allo stesso tempo, nuove capacità e capacità tecnologiche» e «solo a quel punto le esigenze di finanziamento saranno chiaramente definite. L’Italia farà la sua parte. Prima però occorre definire ciò che è necessario».

La proposta di Giorgetti prevede un fondo di garanzia da 17 miliardi di euro, da creare in fasi, per sbloccare 200 miliardi di privati in cinque anni. Le regole Ue contano le garanzie nel debito solo se utilizzate dalle aziende beneficiarie. Secondo le norme contabili dell’Unione Europea, infatti, le garanzie pubbliche (cioè le promesse di copertura finanziaria offerte dagli Stati) non vengono automaticamente considerate come “debito pubblico” nel bilancio di un Paese nel momento in cui vengono concesse, ma diventano parte del debito solo nel momento in cui le aziende che ne beneficiano eventualmente le “utilizzino”, ossia se queste aziende falliscono oppure se non riescono a ripagare i prestiti garantiti, costringendo quindi lo Stato a intervenire per coprire le perdite.

Concordano con Giorgetti anche Lucio Malan, senatore di Fratelli d’Italia, e il ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia Antonio Tajani, che ha dichiarato ad Agenzia Nova: «Mi pare che la proposta di Giorgetti sia una proposta di buonsenso […] Non possiamo sempre pensare che siano gli americani a proteggerci».

Il nostro Paese ha un debito che ha raggiunto 135% del Pil, secondo solo alla Grecia nell’eurozona. L’Ue sta valutando diverse alternative, come nuovi prestiti comuni, l’uso di fondi esistenti e un ruolo maggiore della Banca europea per gli investimenti (Bei). Le decisioni sono attese in giugno. La Commissione europea ha suggerito ai 27 governi di aumentare la spesa per la difesa dell’1,5% del Pil annuo per quattro anni, senza violare le regole sul debito che reggono l’euro. Ma l’Italia ha poco margine di bilancio: il debito salirà quasi al 138% del Pil entro il 2026 per effetto del costoso Superbonus deciso nella precedente legislatura.

Il governo prevede una spesa per la difesa all’1,61% del Pil nel 2027, valore che resta sotto il 2% concordato in sede Nato. D’altra parte, il “piano ReArm” dell’Italia è già in corso da diverse legislature, come questo giornale ha avuto modo di analizzare in un recente articolo.

Analogamente a Giappone e Germania (le altre due potenze sconfitte nel Secondo conflitto mondiale) l’Italia ha avuto per gran parte del Secondo dopoguerra delle Forze armate concepite come semplici forze di “prima autodifesa”, strutturate cioè per “reggere il primo colpo” in attesa dell’intervento delle Forze statunitensi in caso di attacco nemico.

Ma, come Germania e Giappone, ormai anche il nostro Paese non è più soggetto alle penalizzazioni militari conseguenti alla sconfitta nella Seconda guerra mondiale, e sta riarmandosi per essere in grado, seppure nel quadro dell’Alleanza Atlantica, di provvedere alla propria difesa in modo autonomo.

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