La sera del 13 marzo di cinquant’anni fa un gruppetto di militanti di sinistra, appartenenti ad ‘Avanguardia Operaia’, aspettò sotto casa un ragazzino di 19 anni, liceale, con simpatie di destra, e lo massacrò colpendolo alla testa con una chiave inglese lunga circa mezzo metro.
Il ragazzo si chiamava Sergio Ramelli. Stava parcheggiando il motorino. Entrò in agonia quasi subito e morì quaranta giorni più tardi. Più di dieci anni dopo furono scoperti i colpevoli e processati.
Ignazio La Russa, oggi presidente del Senato, assistette i familiari di Sergio come avvocato. «Purtroppo – racconta al Giornale – non era un fatto così raro. Succedeva con una certa frequenza che un ragazzo di destra venisse aspettato sotto casa e sprangato. Per inciso non capitò mai invece che ci fosse un agguato sotto casa di un ragazzo di sinistra. Io ero coordinatore regionale del Fronte della Gioventù. Vennero nel pomeriggio in via Mancini delle ragazze a dirmelo: ‹Hanno picchiato Sergio, è grave in ospedale›. Gli chiesi di andare a vedere come stava. Tornarono molto preoccupate. Da quel giorno, per quaranta giorni, andarono tutte le mattine a trovarlo».
La Russa non andò mai. «No, temevamo che una presenza nostra, riconoscibile, potesse metterlo a rischio. C’erano molti infermieri di estrema sinistra».
Negli anni successivi molte volte ci sono stati dei cortei che sfilavano per Milano e gridavano uno slogan veramente infame: ‹Tutti i fascisti come Ramelli, con una riga rossa tra i capelli›.
«Sì, me lo ricordo. Allucinante. Ma la cosa più allucinante che io ricordi è il giorno del funerale. Siamo andati all’obitorio. A prendere la bara. La chiesa era vicina all’obitorio. Però era vietato fare il corteo. Ci dissero: camminate sul marciapiede. C’erano tutte le corone dei fiori da trasportare. Anche quella del presidente della Repubblica, Leone. Però il presidente la mandò un po’ di nascosto, senza i corazzieri. Noi in fila sul marciapiede e dalle finestre si affacciavano i compagni che con i teleobiettivi ci fotografavano».
C’erano i dirigenti del Msi al funerale? «Sì, c’erano Almirante, Servello, mio padre, altri parlamentari, ma tutti missini, e tanti ragazzi. Facemmo anche i manifesti: giustizia per Sergio: non vendetta».
Il presidente spiega cosa furono gli anni Settanta a Milano: «Era come a Belfast. Però a Belfast si sapeva che c’era la guerra civile, e tutta la popolazione era coinvolta. Da noi c’era la guerra civile che riguardava 20 mila a sinistra e mille a destra, come certificò il rapporto del prefetto Mazza. Tra loro e noi c’era una sproporzione anche di retroterra. A sinistra c’era il potere, il cinema, la cultura. Noi eravamo soli». C’è stata la giustizia per Sergio: «Sì. Per Sergio sì. A noi come a mamma Ramelli non interessava l’entità della pena, ma la verità. E in quel processo uscì almeno in parte la verità su cosa succedeva a Milano in quegli anni» conclude La Russa.