Trump contro il Pcc: la guerra dei dazi attraverso Messico e Canada

di Antonio Graceffo per ET USA
11 Marzo 2025 17:00 Aggiornato: 11 Marzo 2025 17:00

Trump mantiene una linea dura nei confronti di Pechino, imponendo dazi su Messico e Canada, dove la Cina produce beni per poi esportali negli Stati Uniti, aggirando così le restrizioni e i dazi commerciali imposti. Allo stesso tempo però, deve anche mantenere dei buoni rapporti con i due Paesi, rispettando l’Usmca [l’Usmca, United States-Mexico-Canada Agreement è un accordo commerciale, ndr].

Il 1° febbraio ha imposto un dazio del 25% su tutte le merci provenienti da Messico e Canada, con una imposta ridotta del 10% sulle esportazioni di petrolio ed energia canadesi. Questi dazi sarebbero dovuti entrare in vigore il 4 febbraio scorso, ma sono stati posticipati di un mese a seguito di acluni negoziati.

In risposta, Cina, Canada e Messico hanno annunciato piani per imporre dei “controdazi” sulle merci statunitensi. Dopo ulteriori discussioni con le autorità dei due Paesi, Trump ha annunciato la sospensione temporanea su alcuni dazi.

Tuttavia, le crescenti divergenze sulla politica verso la Cina stanno mettendo a dura prova le relazioni degli Stati Uniti con i suoi alleati, collocando il Presidente nella posizione scomoda di dover allentare la sicurezza nazionale nei confronti del Pcc per mantenere le alleanze.

Fin dal suo primo mandato, Trump ha imposto dazi severi alla Cina. Una delle principali preoccupazioni è stato il deficit commerciale tra Stati Uniti e Cina, con Pechino che esporta in America più di quanto importa in cambio. Questo squilibrio era in parte dovuto ai dazi più alti della Cina sulle merci statunitensi, persino prima dell’inizio della guerra commerciale. Nel 2018, l’imposta media della Cina sulle esportazioni statunitensi era circa l’8%, rispetto al 3,1% imposto dagli Stati Uniti sulle merci cinesi nel 2017.

Oltre al deficit commerciale, Trump era preoccupato per il furto di proprietà intellettuale e tecnologica, specialmente con aziende cinesi come Huawei, i dazi erano visti come un modo per limitare l’accesso della Cina a tecnologie avanzate per potenziare la propria economia e le sue capacità militari.

Trump ha definito la Cina un «imbroglione commerciale» a causa dei sussidi pubblici alle imprese, che permettevano al regime cinese di vendere prodotti sotto il valore di mercato e minare la concorrenza statunitense. Inoltre, la politica di Fusione Militare-Civile del Pcc sfuma il confine tra aziende pubbliche e private, entrambe sfruttate da Pechino per avanzare la sua dominazione globale.

Le questioni sollevate con la Cina durante il primo mandato di Trump rimangono irrisolte, come quella del fentanil che, solo nel 2023, ha causato circa 72 mila morti. Negli ultimi otto anni, la Cina ha stabilito fabbriche in Messico per aggirare le imposte commerciali, permettendole di accedere al mercato statunitense senza dazi grazie all’Usmca. Ad esempio, nel 2023, le aziende cinesi hanno investito 2 miliardi e 70 milioni di dollari nel settore automobilistico messicano.

I critici sostengono che i nuovi dazi di Trump aumenteranno i prezzi dei beni di consumo, e affermano erroneamente che i dazi causeranno inflazione. L’inflazione, che ha raggiunto il massimo degli ultimi 40 anni sotto l’amministrazione Biden, è un fenomeno monetario guidato dalla stampa di denaro governativa, dall’espansione del credito e dall’aumento dell’offerta di moneta. Sebbene i dazi possano aumentare i prezzi di alcuni beni, non equivalgono a un’inflazione generale o a una svalutazione del dollaro statunitense.

Inoltre, con le aziende europee e asiatiche ancora desiderose di accedere ai mercati statunitensi, c’è la speranza che aumentino gli investimenti e la produzione all’interno degli Stati Uniti. I prezzi più alti che gli americani sperimentano sono il costo per incrementare gli investimenti stranieri negli Stati Uniti, espandere la produzione statunitense, combattere il fentanil e ridurre il flusso di denaro dei contribuenti verso il Pcc.

Canada e Messico hanno adottato misure rigide nei confronti della Cina e dell’immigrazione, il che ha permesso a Pechino di accedere agli Stati Uniti negli ultimi dieci anni. Nonostante le richieste americane di migliorare la situazione, i due Paesi alleati sono stati lenti ad agire. Tuttavia, a fine febbraio, l’amministrazione Sheinbaum ha proposto che, anziché imporre dazi sul Messico, il Paese potrebbe imporre gli stessi dazi statunitensi alla Cina. Questa mossa mira non solo a evitare i dazi sul Messico, ma anche a contrastare l’afflusso di merci cinesi a basso costo, specialmente prodotti contraffatti.

Il ministro del Tesoro Scott Bessent ha definito la proposta del Messico «molto interessante» e ha suggerito che anche il Canada dovrebbe considerare la stessa soluzione contro le importazioni cinesi.

Tuttavia, i dazi messicani sulle importazioni cinesi non influirebbero sulle aziende cinesi già produttrici in Messico, questo metodo potrebbe non raggiungere pienamente l’obiettivo desiderato da Trump.

Nel frattempo, il Canada ha respinto l’idea, rifiutandosi di imporre dazi simili sulla Cina e minacciando invece azioni di ritorsione.

Oltre ad aumentare i dazi sulle importazioni americane, il Pcc ha accusato gli Stati Uniti di violare le norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, ignorando la propria lunga lista di violazioni commerciali, uno dei motivi principali della posizione aggressiva di Trump. Il Presidente ha esortato gli americani a sostenerlo per un breve peridoo, convinto che resistere alla Cina porterà alla fine benefici a lungo termine.

Bessent ha rafforzato la posizione di Trump, affermando che i dazi sono intesi a creare un sistema commerciale globale più equo, che premi l’innovazione, la sicurezza, la stabilità legale e la resilienza economica, anziché la soppressione dei salari, la manipolazione valutaria, il furto di proprietà intellettuale e le regolamentazioni eccessive aggiungendo che «l’accesso a beni a buon mercato non è l’essenza del Sogno Americano».

 

 

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