Indebolire l’ancoraggio del dollaro di Hong Kong al dollaro statunitense potrebbe avere conseguenze più gravi per l’economia cinese rispetto all’imposizione di dazi sulle importazioni.
Pechino si basa sul sistema monetario stabile di Hong Kong per portare avanti la sua strategia di de-dollarizzazione e aggirare le sanzioni a Russia e Corea del Nord. Nel 2023, quasi il 40% delle merci esportate da Hong Kong verso la Russia figurava negli elenchi statunitensi ed europei dei “prodotti di alta priorità comune”, comprendenti principalmente semiconduttori e altre tecnologie avanzate di cui Mosca aveva urgente bisogno per il suo sforzo bellico in Ucraina.
Il Linked Exchange Rate System (Lers), in vigore da decenni, garantisce che il dollaro di Hong Kong rimanga stabile rispetto al dollaro statunitense con un rapporto di cambio compreso tra 7,75 e 7,85 a 1. Questa stabilità finanziaria consente di mantenere riserve sostanziali di dollari statunitensi e fondi internazionali per sostenere il regolamento in yuan, riducendo al contempo il rischio di cambio. Ma il regime cinese continentale non può replicare questo meccanismo a causa dell’elevata volatilità dello yuan.
Data l’importanza strategica di Hong Kong, gli esperti prevedono che il sistema di cambio ancorato al dollaro Usa potrebbe diventare un obiettivo primario delle sanzioni nel caso in cui il presidente Trump attui determinate politiche contro il regime cinese.
E anche il Partito comunista cinese ha questa paura Il 9 gennaio, Eddie Yue, Ad della Hong Kong Monetary Authority, ha ribadito la stabilità del Lers in un articolo pubblicato sul sito ufficiale dell’ente: «Sebbene la gestione del rischio sia importante, non dobbiamo farci influenzare da preoccupazioni infondate» ha scritto «e permettetemi di ribadire: non abbiamo intenzione, né vediamo la necessità, di modificare il Lers».
L’IMPATTO DELLE POLITICHE DI TRUMP
Secondo gli esperti, un Lers indebolito potrebbe causare perdite economiche per la Cina superiori a quelle derivanti dall’aumento dei dazi sulle merci cinesi. Durante la campagna elettorale, Trump ha dichiarato ripetutamente di voler imporre dazi fino al 60% sulle importazioni dalla Cina. Dopo la vittoria elettorale nel novembre 2024, ha annunciato un ulteriore dazio del 10% sui prodotti cinesi destinati agli Stati Uniti.
L’aumento dei dazi potrebbe ostacolare le esportazioni, una componente fondamentale della crescita economica cinese. Tuttavia, perdere Hong Kong come porta d’accesso finanziaria ai mercati globali avrebbe conseguenze catastrofiche per il Pcc, perché circa due terzi degli investimenti diretti esteri in Cina passano attraverso Hong Kong.
Cinque anni fa, la prima amministrazione Trump aveva revocato lo status speciale di Hong Kong, che garantiva un trattamento commerciale preferenziale, in risposta all’adozione della legge (liberticida) sulla cosiddetta “sicurezza nazionale”, imposta dal regime comunista a Hong Kong in contraddizione agli impegni precedentemente presi. Lo stringersi della morsa del Pcc sull’ex colonia britannica, che per oltre mezzo secolo si era salvata dal comunismo, ha infatti portato negli ultimi anni a un’escalation repressiva di ogni dissidenza e a sistematiche violazioni dei diritti umani. In sintesi: Hong Kong ormai è diventata uguale a Pechino.
POSSIBILI AZIONI NEI CONFRONTI DI HONG KONG
Sebbene gli Stati Uniti non possano definire direttamente le politiche di Hong Kong, possono influenzarne gli esiti in modo indiretto. Poiché nei prossimi anni il sistema finanziario di Hong Kong sarà sempre più sotto il controllo del Pcc, Trump potrebbe scegliere di colpire il Lers per mettere sotto pressione il Partito. Secondo gli esperti, infatti, Trump potrebbe sanzionare le principali banche che emettono moneta a Hong Kong, riducendo i volumi di scambio e la fiducia degli investitori, aumentando così i costi e i rischi per il mantenimento dell’attuale regime di cambio semi-fisso.
E Washington potrebbe anche limitare la capacità delle banche di Hong Kong di acquistare dollari statunitensi, influenzando così le riserve in dollari detenute dalla Hong Kong Monetary Authority. Un’altra possibile misura potrebbe essere quella di limitare quali banche di Hong Kong possano operare con il sistema finanziario statunitense, imponendo condizioni di approvazione che impediscano il trasferimento diretto di fondi verso banche o istituzioni finanziarie statunitensi.
Entrambe queste misure ridurrebbero significativamente la liquidità del dollaro statunitense nel mercato di Hong Kong, destabilizzando il sistema di cambio, perché, in termini semplici, in troppi cercherebbero di vendere dollari di Hong Kong in cambio di dollari statunitensi, causando di conseguenza una svalutazione della dollaro di Hong Kong e una riduzione degli investitori che utilizzano le banche di Hong Kong per regolamenti internazionali. E questo eroderà la posizione di Hong Kong di “hub finanziario” mondiale.
LE POSSIBILI CONTROMISURE DI PECHINO
Ma se il dollaro di Hong Kong dovesse indebolirsi significativamente rispetto al dollaro statunitense, Pechino adotterebbe contromisure. Il Pcc potrebbe ordinare alla Hong Kong Monetary Authority di attingere alle riserve estere della Cina continentale; a fine di novembre 2024, le riserve valutarie cinesi ammontavano a 3 mila 300 miliardi di dollari. Ma non è un cifra non così elevata come sembra. Gran parte di queste riserve sono infatti destinate a spese nazionali essenziali, come l’acquisto di semiconduttori, energia e altre materie prime critiche, nonché al pagamento di enormi debiti, tra cui i pagamenti in sospeso del colosso immobiliare Evergrande, che ammontano a miliardi di dollari. E utilizzare queste riserve potrebbe minare la fiducia del mercato nello yuan cinese e accelerarne la svalutazione.
Inoltre, se il livello delle riserve dovesse calare, potrebbero intensificarsi gli attacchi speculativi contro il dollaro di Hong Kong, causandone un’ulteriore svalutazione e creando il rischio di instabilità economica a Hong Kong, con probabili ripercussioni sulla Cina continentale. E gli investitori nazionali ed esteri perderebbero fiducia, causando massicci ritiri di capitali (cosa che, peraltro, sta già succedendo da alcuni anni).
UNA MISURA DRASTICA
Oltre a imporre restrizioni alle banche di Hong Kong e a destabilizzare il sistema di cambio, gli Stati Uniti potrebbero adottare una misura ancora più drastica, come l’esclusione del sistema finanziario di Hong Kong dalla rete di pagamenti internazionali Swift.
Verso la fine del primo mandato di Trump, alcuni dei principali consiglieri della Casa Bianca avevano ventilato l’ipotesi di interrompere il collegamento del dollaro di Hong Kong con il dollaro statunitense. Al tempo, Trump non aveva agito, considerando il potenziale danno agli interessi economici statunitensi. Ma questa volta Trump potrebbe usare quest’arma, specialmente in caso di un attacco cinese a Taiwan: gli Stati Uniti potrebbero escludere le banche di Hong Kong dal sistema Swift, come già fatto con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022. E questa sarebbe un’ulteriore mazzata per la già malandata economia cinese.