La Cina è pronta a combattere una guerra contro gli Stati Uniti?

di Antonio Graceffo per ET USA
25 Febbraio 2025 19:06 Aggiornato: 25 Febbraio 2025 19:08

Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha recentemente aggiornato l’informativa del proprio sito online relativo alla questione di Taiwan, rimuovendo la frase «non sosteniamo l’indipendenza di Taiwan». Il regime cinese ha percepito questo cambiamento come una significativa svolta nella politica statunitense, portando a forti critiche da parte di Pechino.

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno «fatto marcia indietro» sulla loro posizione riguardo a Taiwan, inviando un messaggio sbagliato alle forze separatiste dell’isola. Al contrario, il governo di Taiwan ha accolto con favore il cambiamento.

Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha descritto la revisione come un aggiornamento di routine, riaffermando il suo impegno per la politica di “Una sola Cina” [secondo cui esiste una sola Cina, che include Taiwan, ndt] e opponendosi a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo da entrambe le parti.

Pechino è particolarmente cauta riguardo all’inversione di rotta di Washington, dato che l’amministrazione Trump è composta da vari falchi anti Cina, che hanno un atteggiamento più duro nei suoi confronti. Mike Waltz, il Segretario di Stato Marco Rubio e il Segretario della Difesa Pete Hegseth, hanno tutti assunto posizioni fortemente anti-Pcc, con Rubio addirittura sanzionato dal regime cinese.

L’aggressiva posizione economica di Trump, inclusa la proposta di aumentare i dazi sulle importazioni cinesi, potrebbe influenzare significativamente l’economia cinese, che già fatica a stare in piedi. Nel frattempo, il suo team per la sicurezza nazionale è in forte contrasto alle ambizioni militari del regime: Pechino infatti è particolarmente preoccupata per il forte sostegno di Rubio a Taiwan. Xi Jinping ha dichiarato di non escludere l’uso della forza per annettere Taiwan, sollevando interrogativi sulla effettiva capacità dell’Esercito Popolare di Liberazione di riuscire nell’impresa. Nonostante la rapida modernizzazione militare della Cina, con la marina più grande al mondo, una potente aeronautica e avanzati strumenti di guerra informatica, secondo un’analisi della Rand Corporation, ci sono dubbi sul fatto che la Cina possa rappresentare una minaccia per gli Stati Uniti.

Il rapporto sostiene che l’esercito cinese rimane principalmente focalizzato sul mantenimento del dominio del Pcc piuttosto che sulla preparazione per una guerra di carattere internazionale. La sue capacità sono limitate dallo stesso controllo politico, dalle difficoltà di reclutamento e dalle inefficienze strutturali. Sebbene, infatti, l’arsenale cinese includa aerei stealth e missili ipersonici, le sue prestazioni in combattimento reale rimangono inesplorate. La Storia ha dimostrato che le armi avanzate da sole non garantiscono il successo sul campo di battaglia, sollevando dubbi sulla capacità delle forze armate cinesi di affrontare una guerra moderna.

Un altro limite è rappresentato dallo stretto controllo interno del regime cinese, che da priorità alla fedeltà al Partito rispetto alla prontezza al combattimento. Quasi metà del tempo di addestramento viene dedicato infatti all’indottrinamento politico piuttosto che alla preparazione al combattimento, faticando quindi a eseguire operazioni congiunte in modo efficace. Inoltre l’esercito risponde al Partito per la maggior parte delle decisioni, lasciando poco spazio all’iniziativa o alla risposta rapida in battaglia. Le difficoltà di reclutamento poi, rappresenterebbero un ulteriore problema, poiché l’esercito fatica ad attrarre talenti di alto livello dalle migliori università cinesi, nonostante l’obiettivo di reclutare giovani laureati con alte competenze scientifiche e ingegneristiche. Corruzione, coscrizione forzata, diserzione e reclute che rifiutano di prestare servizio dopo l’arruolamento indeboliscono ulteriormente le forze armate cinesi che, tra l’altro, non combattono una guerra dal 1979.

Anche una possibile annessione forzata di Taiwan è considerata fallimentare. Secondo le valutazioni dell’intelligence statunitense la diffusa corruzione nel settore della difesa cinese ha costretto Xi a concentrarsi maggiormente sulle riforme militari interne piuttosto che sui conflitti esterni. Con il rallentamento dell’economia cinese e l’aumento delle sfide interne, il ruolo primario dell’esercito potrebbe spostarsi ancora di più verso la sicurezza del regime piuttosto che verso impegni militari esterni.

Nonostante le sue debolezze, l’esercito cinese non va sottovalutato. D’altra parte, invece di andare allo scontro militare diretto con gli Stati Uniti, Pechino potrebbe fare affidamento sulla pressione economica e sulla guerra informatica per affermare il suo potere.

La Cina rimane comunque la minaccia principale per gli Stati Uniti e la questione di Taiwan non può essere ignorata. Allo stesso tempo, Trump è il tipo di Presidente che persegue la politica estera degli Stati Uniti sulla base degli interessi americani, indipendentemente dalle obiezioni di Pechino. E questo mette la Cina in una posizione difficile: resistere e combattere, oppure cedere.

 

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