Secondo il ministro, «l’Italia, per prima, ha denunciato le follie del Green Deal e promosso un ampio processo di riforme delle regole europee su auto e industrie energivore, come appunto siderurgia, chimica e vetro, i settori in maggiore difficoltà». La risposta dell’Unione europea è stata il Competitiveness Compass: «E’ un primo passo, ma ora deve tradursi in misure concrete. Non bastano dichiarazioni d’intenti né di misure tampone. Serve una politica industriale europea forte».
Oggi si conoscerà il nuovo proprietario dell’ex Ilva ma incombe lo spettro dei dazi sull’acciaio: «Esportiamo negli Usa appena 160 mila tonnellate di acciaio, altri sono i nostri mercati. Il problema non sono i dazi americani ma la politica europea«, ha rimarcato Urso. «Non a caso abbiamo presentato un ‘non paper’ sul Cbam (il meccanismo europeo che applica un prezzo per le emissioni). Una nostra proposta di revisione per sostenere le industrie energivore, come la siderurgia, nella loro sfida ambientale. È all’ordine del giorno del prossimo Consiglio Competitività e confidiamo che sia recepita nel Clean Industrial Deal e nel documento di settore che saranno presentati dalla Commissione in marzo. La transizione ecologica – ha concluso Urso – deve essere sostenibile non solo per l’ambiente, ma anche per l’industria: l’Europa non può permettersi di penalizzare i propri asset strategici in un momento così delicato per la competitività globale».
Agenzia Nova