Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha approvato una vendita di armi e assistenza correlata per un valore di oltre sette miliardi di dollari a Israele. Il Presidente della Camera Mike Johnson e le commissioni per le relazioni estere della Camera e del Senato sono state informate. L’annuncio segue gli incontri del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu con il Presidente Donald Trump, durante i quali Trump ha suggerito che gli Stati Uniti dovrebbero prendere il controllo della Striscia di Gaza per ricostruire la regione devastata dalla guerra e che i Paesi vicini dovrebbero assorbire i rifugiati palestinesi. I palestinesi hanno iniziato a tornare nella parte settentrionale di Gaza mentre la pace tra Israele e il gruppo terroristico Hamas regge.
Le dichiarazioni della Defense Security Cooperation Agency, un’agenzia all’interno del Pentagono, delineano le vendite militari straniere approvate e si impegnano a non compromettere la prontezza alla difesa degli Stati Uniti. Includono 660 milioni di dollari per 3 mila missili AGM-114 Hellfire, insieme ad attrezzature e supporto associati, la cui consegna è prevista a partire dal 2028. Il principale appaltatore per gli Hellfire, precedentemente utilizzati in attacchi di precisione con droni contro i capi e i combattenti di Hamas, è Lockheed Martin.
Le vendite militari approvate dal ministero degli Esteri Usa includono anche munizioni, kit di guida, spolette e supporto per munizioni e attrezzature correlate per un costo stimato di 6 miliardi 750 milioni di dollari, con consegne previste per quest’anno. Tra i contraenti ci saranno la Boeing, la TK Tactical Systems Company LLC, la McAlester Army Ammunition Plant e la L3 Harris Fuzing and Ordnance Systems.
Tale totale include 2.166 bombe di piccolo diametro GBU-39/B, che Israele ha utilizzato negli attacchi su siti nella Striscia di Gaza. Include anche 13 mila kit di guida per munizioni con attacco diretto congiunto per la bomba Mark 84, una comune bomba non guidata ripetutamente trasferita a Israele dagli Stati Uniti negli anni passati, nonché 3.475 kit simili per la bomba BLU-109, un anti-bunker precedentemente inviato a Israele dagli Stati Uniti.
«Gli Stati Uniti sono impegnati nella sicurezza di Israele, ed è fondamentale per gli interessi nazionali degli Stati Uniti aiutare Israele a sviluppare e mantenere una forte e pronta capacità di autodifesa», ha affermato il Pentagono, aggiungendo che le vendite «non altereranno l’equilibrio militare di base nella regione». L’attuale cessate il fuoco è stato raggiunto a metà gennaio. Ha posto una battuta d’arresto temporanea all’ultimo ciclo di conflitto ad alta intensità tra Israele e Hamas, innescato dagli attacchi del 7 ottobre 2023 portati dall’organizzazione terroristica. Le parti coinvolte nei negoziati includevano sia l’amministrazione Biden che l’inviato speciale dell’allora presidente eletto Trump in Medio Oriente, l’investitore immobiliare Steve Witkoff.
L’annuncio del Dipartimento di Stato afferma che la proposta «migliora la capacità di Israele di affrontare le minacce attuali e future, rafforzare la sua difesa nazionale e fungere da deterrente per le minacce regionali» tra cui, oltre ad Hamas, figurano anche da Siria e Iran.
Dopo la caduta del leader siriano Bashar al-Assad, Israele ha oltrepassato le alture del Golan entrando in una zona demilitarizzata, affermando che vi sarebbe rimasto temporaneamente per impedire ai terroristi di avvicinarsi ai suoi confini.
In una recente intervista all’Economist, il nuovo presidente siriano, Ahmed al-Sharaa, ha affermato che la presenza di Israele nelle contestate alture del Golan complica i tentativi di normalizzare le relazioni nella regione. Israele sostiene invece che la sua presenza nel Golan sia legittima, e Netanyahu a dicembre ha affermato di volerla popolare di coloni israeliani. Nel frattempo, gli attacchi iraniani a Israele nell’ottobre 2024 hanno portato a un contrattacco israeliano alla Repubblica islamica, che a sua volta ha minacciato ritorsioni.
Le fasi precedenti della guerra tra Israele e Hamas sono state anche segnate da scontri tra i combattenti di Hezbollah libanesi e l’esercito israeliano. Le forze armate israeliane mantengono la propria presenza in alcune zone del Libano meridionale, sebbene fosse loro imposto di andarsene entro la fine di gennaio in base a una scadenza poi prorogata a fine febbraio.