Il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, in una intervista a La Verità spiega che sul tema dell’idroelettrico «possiamo cercare di attivare una interlocuzione al fine di poter presentare la realtà dei fatti. Non è quella di voler eludere le gare ma far notare come attualmente saremmo l’unico Paese a mettere a gara le concessioni idroelettriche realizzando un’anomalia sostanziale. Da una parte le imprese italiane che hanno delle concessioni in capo vedrebbero arrivare la concorrenza di imprese da tutto il mondo, mentre dall’altra parte non potrebbero partecipare ad alcuna gara in Europa perché non se ne fanno». Due pesi e due misure: «In questo caso devo dire che la limitazione ce la siamo andati a cercare noi perché è chiaro che la milestone del Pnrr relativa alla legge annuale della concorrenza 2021 poi valutata positivamente (ovviamente) dalla Commissione europea in occasione della terza rata, ha tra le sue componenti l’adozione di norme volte ad assicurare procedure competitive per l’assegnazione delle concessioni idroelettriche. Questo non possiamo addebitarlo a terzi».
La messa a gara è frutto delle decisioni del governo Draghi: «Decisioni prese oltre che dal governo, anche da quell’ampia maggioranza che lo appoggiava. Questo perché, come è noto, la legge annuale sulla concorrenza e sottoposta al vaglio parlamentare. La strada quindi oggi è tutta in salita«. «Allo stato attuale – continua il ministro – sicuramente non si può pensare di partire con una norma legislativa se prima quantomeno non vi è stato un colloquio anche abbastanza approfondito con la Commissione europea, perché saremmo sicuramente nelle condizioni di poterci sentir dire che abbiamo approvato una norma in relazione a una rata che è stata liquidata comportandoci poi esattamente all’opposto». Questo è il problema, non di oggi: «Sono due anni che si presentano emendamenti per cambiare le norme ma in realtà ci serve verificare in sede europea quella che è stata un’autolimitazione che ci siamo voluti dare, almeno per quanto riguarda la realtà degli altri Paesi europei. Eliminare l’obbligo delle gare comporterebbe per l’Italia il cosiddetto reversal, ossia il blocco del pagamento del Pnrr e una sanzione che può arrivare fino a cinque volte il valore dell’obiettivo, in quanto si tratta di riforme».
Quindi ai tre emendamenti (FI, Pd e Iv) che chiedono proroga, FdI non si unirà: «Sarebbe stato meglio, invece di presentare emendamenti per chiedere ulteriori proroghe, non votare quattro anni fa la legge che ci ha portato dove siamo. Non è che siccome il tempo è cambiato cambiano le cose, ora è il momento di affrontare il problema in sede europea. Non si può pensare che la scorciatoia possa essere un provvedimento legislativo. Serve invece cercare – conclude Foti – una strada di difficile negoziazione, che non è detto che sia di probabile successo. Bisogna cercare di trovare una possibilità quantomeno di diversificare gli impegni presi nell’articolo 7 della legge 2021. Questo è un impegno che mi sento di assumere e che in parte ho già assolto nel primo colloquio con i responsabili del Pnrr».