La marina Usa manda due navi nello Stretto di Taiwan

16 Febbraio 2025 10:50 Aggiornato: 16 Febbraio 2025 10:51

Due navi della marina statunitense hanno attraversato lo Stretto di Taiwan questa settimana, segnando la prima operazione del genere da quando il presidente Donald Trump è entrato in carica, a conferma la continuità della politica degli Stati Uniti nello Stretto di Taiwan.

La marina statunitense ha riferito che il cacciatorpediniere lanciamissili di classe Arleigh Burke USS Ralph Johnson e la nave da ricerca oceanografica di classe Pathfinder USNS Bowditch hanno attraversato lo Stretto di Taiwan da nord a sud tra il 10 e il 12 febbraio.

«Il transito è avvenuto attraverso un corridoio dello Stretto di Taiwan che si trova al di fuori delle acque territoriali di qualsiasi Stato costiero», ha dichiarato in un comunicato il comandante Matthew Comer, portavoce del Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti. «All’interno di questo corridoio, tutte le nazioni godono della libertà di navigazione in alto mare, del sorvolo e di altri usi del mare consentiti dal diritto internazionale».

PRESENZA MILITARE RAFFORZATA

Sebbene le navi statunitensi attraversino lo Stretto di Taiwan più volte all’anno, il fatto che questa volta fossero due unità militari e non una sola rappresenta un segnale significativo, secondo Ou Si-Fu, ricercatore e direttore della Divisione di politica cinese, concetti militari e di guerra presso l’Istituto per la Difesa Nazionale e la Sicurezza di Taiwan: «Il regime cinese considera già lo Stretto di Taiwan come un proprio mare territoriale, ma la comunità internazionale lo riconosce come acque internazionali». Questa mossa dimostrerebbe che Trump vuole concentrare le forze statunitensi per affrontare la Cina e che Washington attribuisce grande importanza alla sicurezza nello Stretto di Taiwan, e «inoltre, si tratta di difendere il diritto alla libertà di navigazione e di mantenere la stabilità nello Stretto di Taiwan, un interesse strategico fondamentale per gli Stati Uniti».

LA REAZIONE DI PECHINO

Il Comando del Teatro Orientale dell’esercito cinese ha rilasciato una dichiarazione il 12 febbraio, affermando di aver «dispiegato forze navali e aeree per monitorare l’intero passaggio delle navi statunitensi». Pechino ha inoltre accusato gli Stati Uniti di aver inviato «segnali sbagliati» e di «aumentare i rischi per la sicurezza». Zhu Fenglian, portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan del governo cinese, ha dichiarato che Pechino si oppone fermamente all’azione statunitense. Il portavoce del Ministero della Difesa di Taiwan, Sun Li-fang, ha invece affermato durante una conferenza stampa che gli alleati dimostrano interesse per la pace regionale nello Stretto di Taiwan e che le loro operazioni sono una manifestazione della libertà di navigazione.

TAIWAN E IL CONFLITTO CON PECHINO

Taiwan, ovvero la Repubblica di Cina, è il territorio dove il governo nazionalista cinese si è ritirato nel 1949, dopo la sconfitta nella guerra civile contro i comunisti comandati da Mao Zedong. Il Partito Comunista Cinese ha fondato la cosiddetta Repubblica Popolare Cinese sulla terraferma, senza però mai aver avuto alcun diritto su Taiwan. Ciononostante il regime comunista cinese rivendica la propria sovranità sull’isola e non ha mai escluso l’uso della forza per annetterla. Negli ultimi anni, le forze armate del regime hanno intensificato la propria presenza nello Stretto di Taiwan, con operazioni quasi quotidiane mirate a intimidire Taipei. Il presidente di Taiwan, Lai Ching-te, respinge sistematicamente ogni rivendicazione del Partito Comunista Cinese, ribadendo che solo il popolo taiwanese può decidere il proprio futuro.

RISOLUZIONE AL PARLAMENTO STATUNITENSE

Le operazioni della marina statunitense sono avvenute pochi giorni dopo l’introduzione, il 7 febbraio, di una risoluzione da parte di 24 parlamentari statunitensi che chiede l’abolizione della politica della “Unica Cina” (cioè l’annessione di Taiwan da parte del regime) e il ripristino delle relazioni diplomatiche ufficiali con Taiwan. Chung Chih-tung, ricercatore presso l’Istituto per la Difesa Nazionale e la Sicurezza di Taiwan, ha espresso sostegno alla risoluzione, affermando che essa denuncia «l’assurdità del trattamento ingiusto e discriminatorio» riservato alla Repubblica di Cina dalla comunità internazionale a causa delle pressioni del Partito Comunista Cinese.

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