Wall Street, la nuova sfida per gli ‘unicorni’ della tecnologia

Le azioni di Snap Inc., compagnia da cui deriva Snapchat, sono andate su e giù in continuazione dopo la sua Offerta pubblica iniziale (Ipo) di marzo.
L’Ipo più popolare dell’anno ha così fatto tirare un sospiro di sollievo a molte startup tecnologiche cosiddette ‘unicorno’ quelle, cioè, valutate a più di 1 miliardo di dollari.
Tuttavia, nel mercato pubblico, gli unicorni stanno lottando aspramente per risultare all’altezza delle ricche valutazioni ricevute dagli investitori privati.

Il prezzo delle azioni di Snap è caduto sotto il prezzo della sua Ipo di 17 dollari. Il valore di mercato della compagnia ammonta ora a circa 17 miliardi e 400 milioni, ovvero 11 miliardi in meno dal suo picco di 28 miliardi e 400 milioni, ottenuto il giorno dopo dell’Ipo.
Secondo gli analisti, la compagnia non è riuscita a rispondere in modo convincente alle preoccupazioni sollevate sulla sua crescita e sulla competizione da parte di Instagram (di proprietà di Facebook).

«Ci siamo sbagliati sulla capacità di Snap di innovare e migliorare il suo prodotto pubblicitario di quest’anno», ha scritto Brian Nowak, equity analyst di Morgan Stanley, che è stato il principale agente assicuratore per la Ipo di Snap. Nowak ha declassato l’azione e abbassato il suo obiettivo di prezzo del 43 per cento, portandolo a 16$ per azione.
La società sta ora scambiando appena sotto la sua valutazione privata di 17 miliardi e 800 milioni di dollari, raggiunta durante l’ultima raccolta fondi, a maggio 2016: «Riteniamo che Instagram sia diventata più aggressiva nella guerra per sottrarre le pianificazioni pubblicitarie a Snap. Di conseguenza, osserviamo che la crescita dei guadagni da pubblicità di Snap è sostanzialmente più lenta di quanto precedentemente preventivato».

Per affrontare Snapchat, Instagram ha migliorato i suoi strumenti e ha implementato le ‘storie’ e i filtri per il volto, che sono simili a servizi offerti da Snapchat stessa.
Instagram Stories ha raggiunto i 250 milioni di utenti attivi al giorno a giugno, superando i 166 milioni di Snapchat. Quest’ultima ha anche deluso gli investitori, per il fatto di aver creato azioni con diversi diritti di voto: la Ipo di Snap è stata infatti la prima negli Usa ad offrire solo azioni senza diritto di voto, concentrando così la maggior parte del potere nei suoi fondatori: l’amministratore delegato Evan Spiegel e il direttore tecnico Bobby Murphy.

Ma Snap non è l’unica compagnia che ha sperimentato tempi duri dopo la sua Ipo: le azioni di Blue Apron Holdings Inc. (simbolo APRN), la più grande compagnia di distribuzione di cartelline per il pranzo (meal-kit) negli Stati Uniti, sono cadute del 35 per cento rispetto all’Offerta pubblica iniziale (Ipo) del 28 giugno.

IL CROLLO DI BLUE APRON

Proprio come Snapchat, Blue Apron (con sede a New York) si trova di fronte un rivale gigantesco: tre giorni prima dell’Ipo di Blue Apron, Amazon.com ha annunciato l’acquisizione di Whole Foods Market Inc. per 13 miliardi e 700 milioni, cosa che ha avuto un forte impatto sul settore alimentare.

La compagnia ora vale circa 1 miliardo e 200 milioni, mentre la valutazione privata che aveva raggiunto durante l’ultima tornata di raccolta fondi di due anni fa era di 2 miliardi e 200 milioni.

«È importante osservare – ha spiegato Chuck Cerankosky della Northcoast Research, in una relazione – che non si parla di una compagnia tecnologica solo perché gli ordini vengono ricevuti in modo digitale». Cerankosky è il primo analista ad aver valutato questo titolo, e si aspetta che il prezzo dell’azione cada ulteriormente a causa delle grandi sfide relative ai costi e a causa delle pressioni in aumento da parte dei concorrenti.

Secondo William Smith, co-fondatore e amministratore delegato di Reinassance Capital, un’azienda che fornisce consulenza in materia di Ipo, l’Offerta pubblica iniziale di Blue Apron ha dimostrato che esiste un importante trend nelle Ipo sostenute dai capitalisti di ventura.
Negli anni recenti il capitale in eccesso e le valutazioni di ricchi privati hanno rimandato i tempi delle Ipo per alcune grandi startup, ma questo è cambiato nel 2017: «La Ipo di Blue Apron – ha scritto Smith in una relazione – è stato un altro segno del fatto che le compagnie tech da 1 miliardo di dollari si quoteranno sul mercato quando il bisogno di capitali sopravanzerà la paura di passi indietro nella valutazione».

Secondo la relazione, la maggior parte delle compagnie tecnologiche che si sono quotate sul mercato quest’anno avevano debiti e carenza di capitali: sentivano quindi la necessità di ottenere denaro sul mercato pubblico.

VALUTAZIONI ALTE

La situazione di eccesso di capitale che si è verificata nel mercato privato ha portato a valutazioni molto alte negli anni recenti. Di conseguenza, secondo il Financial Times, il numero di unicorni è salito da 14 del 2012 a 147 di giugno 2016.

Per David Ethridge, direttore generale e capo dei servizi Ipo per gli Usa presso la società di consulenza PwC, «è semplicemente un discorso di domanda e offerta». Secondo Ethridge ci sono stati molti simili boom negli ultimi 25 anni e alcuni probabilmente rientreranno. «Non penso sia un segreto, che molte compagnie sono andate sotto la loro valutazione privata [durante l’Ipo, ndr] ed è davvero difficile prevedere se questa tendenza continuerà», ha affermato Ethridge, che tuttavia ritiene che le esperienze post-Ipo di Snap e Blu Apron siano state dovute principalmente a questioni specifiche di queste compagnie e quindi non dissuaderanno altri unicorni a tenere le loro Ipo.

Non sarebbero, insomma, un indicatore di tendenze che interesseranno le future Ipo: le aziende ritengono ancora che il mercato sia favorevole.

A Snap e Blue Apron, infatti, è capitato di tenere le proprie Ipo in un periodo in cui si stavano sviluppando forti pressioni competitive, dovute alle nuove funzionalità di Instagram e all’acquisizione di Whole Foods da parte di Amazon: «In un mercato ordinario, non esistono quel tipo di discorsi sulle Ipo».

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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