Voglia di vita in campagna: chi non l’ha mai avuta?

Qualcuno lo fa per inseguire un sogno, altri per effetto della crisi. I cambiamenti radicali hanno un denominatore comune, una forte voglia di lasciarsi alle spalle una vita che ci sta stretta, che non offre più nessuna possibilità. Una crisi interiore, dal greco krino, che significa ‘separare’ e si riferisce al procedimento finale della trebbiatura, la separazione della parte buona da quella cattiva.

IL CAMBIAMENTO PER VIVERE UN SOGNO

Un esempio è quello di Monica Musso, 55 anni, affermata fisioterapista, un lavoro sicuro a tempo determinato ed esperienza ventennale, che insieme a suo marito proprietario di un’avviata azienda ha abbandonato la sua vita e si è lanciata in una nuova ed entusiasmante avventura.

Per una serie di coincidenze Monica viene a conoscenza di un paesino sperduto nella Alpi liguri, riuscendo a visitarlo agli inizi del 2000.

In quel giorno d’autunno, racconta, «mi sono innamorata a tal punto che sono riuscita a prendere in affitto un appartamento» e da quel giorno, insieme alla sua famiglia ogni due settimane salivano a Fontane. A loro piaceva talmente tanto che Monica ripeteva al marito, «Franco, quando andremo in pensione sicuramente andremo a vivere a Fontane».

Dopo un periodo fortemente traumatico e infelice ha avuto la possibilità di cambiare: «Posso aprire il cassetto dei miei sogni e prenderne uno». Ma quale? Forse quello che aveva quando era ancora una bambina, «la classica fattoria in montagna con gli animali; una vita diversa a contatto con la natura. Più a misura d’uomo».

La scelta era presa: «Vado a Fontane». Ma cosa potevano fare per guadagnarsi da vivere?

«Siamo sempre stati appassionati di cucina», spiega Monica. Perché quindi non aprire un ristorante? Il 30 novembre 2009, ben 9 anni dopo quel piovoso incontro con il paesino, Monica si licenzia e ora è «contentissima».

«Sono un’altra persona, non devo più timbrare, non devo più sottostare… a niente! Io sono uno spirito libero!», dice gioiosa.

Ma il 2 dicembre 2009, appena arrivata a Fontane, non è stato facile. Andavano seguiti i lavori di restauro del locale, per non parlare del rapporto con la gente del posto. Ma alla fine i lavori sono iniziati e in data 25 luglio 2010 hanno finalmente aperto il ristorante in occasione della festa locale del ‘Kyè’ con ben 91 persone.

La cosa in cui ha avuto più difficoltà è stata quella di farsi accettare dalla comunità ma ha anche sottolineato che la cosa più bella è quella che se «c’è bisogno di aiuto, tutta la comunità è presente, proprio come avveniva una volta».

Da questa esperienza Monica ne è uscita più forte: «Volevamo metterci in gioco non per i soldi ma per rischiare. Non volevamo fosse facile, perché se ci riesci la soddisfazione è tanta. Anche per scoprire quanto vali. Non per i soldi, quelli ci servono per vivere, ma per la qualità della vita».

«La mattina quando apro la finestra di camera mia vedo di sotto i caprioli che mangiano!!», conclude entusiasta.

GIORGIO, PADRE DI FAMIGLIA: UN SOGNO DIFFICILE DA REALIZZARE

Giorgio Birsa, 38 anni, padre di tre stupendi bimbi con un lavoro sicuro, vorrebbe cambiare vita insieme a sua moglie, ma non gli è ancora capitata un’occasione di lavoro che gli permetta di lavorare in una realtà meno caotica.

«La vera difficoltà è nell’insicurezza. Una scelta del genere prevede un lavoro stabile e ‘garantito’ visto il momento difficile in cui ci troviamo». La cosa più complicata è lasciare «un buon lavoro e un buon stipendio, con una posizione in azienda della quale non mi posso lamentare per andare allo sbaraglio».

«Mollare tutto per un mio capriccio» per poi ritrovarsi «soli con bambini senza alcun aiuto su cui contare quando si è in difficoltà ci spaventa».

Sarebbe però felice di una decisione di questo tipo perché «i miei figli ne gioverebbero parecchio a crescere in un ambiente sano dove tutti si conoscono e non in una grande città dove molti fanno finta di e vivono egoisticamente la loro vita senza rispettare niente e nessuno, con tutti i pericoli che ciò comporta per i bambini».

E ancora «dovrei mollare una casa che stiamo ancora pagando con fatica e che con altrettanta fatica abbiamo ristrutturato in tre anni di lavoro. E’ un scelta difficile».

«SPAZIO DI COMFORT»

Sebbene «la gente si lamenta – spiega la dott.ssa Francesca Vinai, psicologa ad indirizzo cognitivo comportamentale – ognuno ha il proprio spazio di comfort». Nonostante le difficoltà e gli aspetti negativi di una vita ‘normale’ la maggior parte delle persone non decidono di cambiare perché vedono anche aspetti positivi.

Il cambiamento deve portare le persone ad essere più «flessibili», dice la psicologa. «Le strade sono asfaltate o anche solo con l’uso di internet» è possibile vivere e sopravvivere in campagna: basta «organizzarsi e modificare i propri ritmi».

*Immagine dell’articolo fornita da Shutterstock.

 
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