Venezia affonda, in un mare di turisti

Per lo scrittore statunitense Henry James, che ha visitato Venezia diverse volte verso la fine del 19esimo secolo, la storica città lagunare presenta anche degli aspetti poco graditi, tra cui spicca quello della sovrabbondanza di turisti.

E ancora oggi, a dispetto della secolare tradizione turistica, le parole di James riecheggiano nei discorsi dei veneziani: «è come versare lo zucchero nel caffè: di un poco ne gradisci il sapore, ma se è troppo disgusta», spiega Marco Gasparinetti, fondatore di ‘Venezia Mio Futuro’, un gruppo di residenti attivisti.

Un tempo Venezia era conosciuta come La Serenissima, un luogo di armonia dove cittadini e ospiti «si completavano a vicenda».

Ma i voli low-cost e le imponenti navi da crociera hanno inaugurato l’era del turismo di massa, e le autorità hanno dovuto affrontarne la sfida. La delicata situazione, oltre a esasperare gli abitanti del luogo, ha rischiato di far perdere al capoluogo veneto il prestigioso titolo di Patrimonio Mondiale Unesco.

La scia delle navi contribuisce infatti all’erosione delle fondamenta cittadine, mentre il flusso pedonale e i rifiuti lasciati dai turisti danneggiano le storiche strade comunali. Nel 2014 l’Unesco ha minacciato che avrebbe inserito Venezia nella sua Lista dei Patrimoni Mondiali a Rischio se l’Italia non avesse preso provvedimenti a riguardo.

Tourists walk near Saint Mark's Square in Venice on April 8, 2017. (MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)
Turisti nei pressi di Piazza San Marco a Venezia, 8 aprile 2017 (MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)

Gasparinetti continua: «Non è che non vogliamo turisti: sono parte della nostra economia; ma siamo arrivati al punto in cui le persone non riescono più a godersi Venezia, e noi a goderci i turisti».

L’industria del turismo, nel 2015, valeva oltre 3 miliardi di dollari. Ma le tensioni tra residenti e turisti hanno già raggiunto il punto di ebollizione l’estate scorsa, quando in numerosi punti della città sono apparsi volantini recanti un chiaro messaggio di esasperazione («Turisti andate via! State distruggendo quest’area!»).

L’episodio fa seguito a quello di un turista neozelandese ubriaco che nel tentativo di tuffarsi nei canali per una nuotata (peraltro molto inquinati), ha colpito un taxi acqueo ferendone il timoniere. Il sindaco Luigi Brugnaro ha espresso su Twitter la sua indignazione, minacciando di arrestare i turisti incivili.

I cambiamenti indotti dal turismo di massa hanno contribuito all’esodo dei residenti: la popolazione del centro storico, che comprende la gran parte delle isole, è scesa dai 175 mila abitanti del 1951 ai 55 mila odierni. In vista dell’invasione estiva, gli attivisti hanno issato bandiere recanti la scritta: «Resistenti residenti» come appello per i cittadini a non abbandonare la città.

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Secondo Gasparinetti, questi fenomeni sono legati ai continui inconvenienti apportati da un’eccessiva accoglienza turistica. «Non possiamo prendere i taxi acquei perché sovraffollati, e i negozi di prima necessità, come gli alimentari, sono stati sostituiti da quelli che vendono articoli a basso costo. Questa è la nostra quotidianità».

Le principali responsabili del disagio sono le navi da crociera, in grado di riversare fino a 30 mila persone al giorno nelle strette strade di Venezia e nei suoi canali, con punte che raggiungono le 90 mila, una cifra di molto superire al numero dei residenti: «Non comprano nulla, lasciano parecchi rifiuti, e noi dobbiamo pagarne le tasse», e aggiunge che la questione non si risolverà finché le autorità non porranno un limite al flusso di turisti. «Dobbiamo essere onesti con noi stessi: se vogliamo rimanere dei buoni padroni di casa, bisogna stabilire una soglia massima d’accoglienza».

Ma non è un compito facile. Secondo Paola Mar, assessore al turismo, il numero di turisti registrato ogni anno varia sempre tra i 22 e i 30 milioni, ma nessuno ne conosce il valore preciso.
Presto il consiglio cittadino introdurrà un sistema di conteggio puntuale, che monitorerà e regolerà il flusso in alcuni snodi chiave. Inoltre verrà avviata una campagna per rendere più appetibili le aree meno visitate del comune (tra cui alcune isole minori della laguna) e per incentivare i viaggi durante la bassa stagione. «Siamo una città che vive di turismo, ma ora abbiamo bisogno di trovare un equilibrio tra residenti e visitatori».

Alcuni personaggi di spicco sono stati di recente criticati per aver suggerito di rendere a pagamento l’accesso a Piazza San Marco, il sito turistico più popolare. La Mar conferma che l’idea è stata già scartata.

Nel tentativo di preservare «il decoro e la tradizione cittadina» sono stati presi di mira i fast-food, e attualmente è in vigore il divieto di aprire nuovi negozi di kebab e pizzerie a taglio. Nel frattempo è in esame la possibilità di costruire aree picnic su cui dirottare i turisti, per evitare che consumino il cibo per strada: «L’idea è di implementare i servizi, e non essere semplicemente proibizionisti, ma nell’ottica del rispetto verso la città. Le norme sul decoro non valgono solo per chi viene da fuori, ma anche per chi abita qui».

Venezia ha una lunga storia nella promozione del turismo, iniziata nel tardo diciottesimo secolo, ed è sempre stata pioniera nello sviluppo di eventi che richiamano frotte di visitatori, come il Carnevale, la Biennale d’Arte, e il Festival del Cinema ricco di ospiti illustri.

Quindi forse il turismo non è in realtà un problema così grave come viene percepito, sostiene Dominic Standish, un professore inglese di sociologia, autore del libro ‘Venice in Environmental Peril? Myth and Reality‘ [Venezia in Pericolo? Mito e realtà, ndt]: «Storicamente la città ha gestito grandi flussi di persone, e i veneziani hanno portato avanti questi eventi anche quando la città era davvero sovrappopolata».

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Un uomo indossa l’abito del “Doge”, l’antica suprema magistratura di Venezia, durante una manifestazione contro l’incremento del numero di turisti a Venezia, il 12 novembre 2016 (MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images).

Dato che alcune norme recenti sembrano indirizzate contro i meno abbienti, richiamandosi alle parole di Henry James, Standish ne conclude che, forse, «la critica elitaria del turismo di massa» ha raggiunto il livello dell’ostilità: «Ridurre i servizi di ristorazione a buon mercato o introdurre accessi a pagamento è una discriminazione verso i turisti più poveri. Sono segnali che richiamano all’idea di una Venezia a disposizione dei soli visitatori d’élite, persone che hanno liquidità sufficiente a soggiornare negli alberghi, esplorare la città, e mangiare nei ristoranti».

Articolo in inglese: Venice’s Beauty Overshadowed by Mass Tourism

Traduzione di Alessio Penna

 

 
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