Urss e Cina complici del nucleare nordcoreano

La Corea del Nord non dispone di grandi quantità di carbone e petrolio. Ma è ricca di uranio, ed è uno dei Paesi con le più grandi riserve di grafite.
La storia del nucleare nordcoreano è cominciata nel 1953 (poco dopo la fine della Guerra di Corea) quando Kim Il-sung ha deciso che ottenere la Bomba era imperativo. Ma la neonata dittatura nordcoreana non ce l’avrebbe mai fatta, senza il sostegno dei suoi due potenti alleati comunisti: Unione Sovietica e Cina.

GLI EX ESPERTI SOVIETICI

Nel 1962, su invito, un gruppo di scienziati nucleari dell’Urss, guidato da Vladislav Kotlav, si è recato nell’area montuosa della parte più settentrionale della Corea del Nord, per costruire un complesso che sarebbe stato chiamato Centro di ricerca sulla Scienza nucleare di Yongbyon. Questo centro disponeva di più di cento tecnici e ricercatori del nucleare, la maggior parte giovani specialisti sovietici, che avevano studiato Fisica nucleare. Kotlav e la sua squadra di scienziati sovietici, avrebbero supervisionato alla costruzione di un reattore ad acqua leggera: il reattore di ricerca nucleare Irt-2000, completato nel 1965.

Il reattore era stato costruito allo scopo di produrre in seguito armi nucleari. Ma, con questo tipo di reattore, è difficile estrarre il plutonio (materiale di base fondamentale per le armi atomiche), e infatti il reattore ad acqua leggera è stato solo l’inizio dell’ambizioso programma nucleare nordcoreano.

Tutto questo ha immediatamente attirato l’attenzione degli Stati Uniti. A partire dagli anni ’60, gli americani hanno osservato attentamente gli sviluppi del Centro: nell’anno di completamento del reattore, un satellite americano ha scattato fotografie del reattore; e, negli anni 1967, 1970 e 1975, Yongbyon ha espanso ulteriormente il Centro. Nonostante questi ulteriori sviluppi, stando ai rapporti declassificati dell’Intelligence americana, gli Usa hanno iniziato a occuparsi seriamente e concretamente delle ambizioni nucleari nordcoreane solo a metà degli anni ’80.

In seguito, la disgregazione dell’Urss nel 1991, ha avuto alcune conseguenze inaspettatamente positive, per il programma nucleare nordcoreano: numerosi scienziati sovietici, specializzati in ricerca sulle armi nucleari, avevano infatti perso il lavoro e la Corea del Nord non voleva altro che assumerli.
A dicembre del 1992, durante un discorso al Parlamento russo, Viktor Barannikov (allora direttore del Servizio di controspionaggio russo, l’fmk), ha rivelato che i suoi agenti avevano impedito a 64 esperti di missili russi di recarsi in un Paese, per costruire siti per il lancio di armi nucleari. Barannikov non ha specificato il nome del Paese, alcuni giornalisti hanno però rintracciato gli esperti, scoprendo che si trattava della Corea del Nord. Si può leggere il resoconto completo di questi fatti su The North Korean Nuclear Program, una raccolta di ricerche accademiche pubblicata nel 2000.

Ma non è tutto: nel 1992, le autorità russe hanno fermato un volo in partenza da Mosca per la Corea del Nord con a bordo 36 specialisti di progettazione missilistica. Questi scienziati, secondo un articolo di United Press International, avevano lavorato in precedenza in un centro di ricerca e sviluppo nucleare negli Urali. La Corea del Nord aveva promesso loro stipendi mensili tra i 1.500 e i 4.500 dollari.

Ad oggi, non è chiaro quanti esperti di armi nucleari dell’ex Urss siano passati alla Corea del Nord.

DALLA CINA AL PAKISTAN, FINO ALLA COREA DEL NORD

La Corea del Nord ha avuto a che fare anche con il fisico nucleare Abdul Kadeer Khan, noto come il ‘padre’ della bomba nucleare pakistana: dopo il suo arresto, Khan ha ammesso di aver venduto, nel 1990 alla Corea del Nord, più di venti centrifughe P1 e P2 per l’arricchimento dell’uranio.
Khan ha ammesso inoltre di aver visitato gli impianti nucleari nordcoreani, e che ricercatori nucleari della Corea del Nord avevano a loro volta visitato in segreto gli impianti pakistani.

Lo zampino pakistano è confermato anche dal fatto che – secondo gli esperti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica – la tecnologia per l’estrazione del plutonio usata nel reattore nucleare di Yongbyon, mostra chiaramente un’impronta pakistana. Inoltre, l’ex presidente pakistano Pervez Musharraf ha confermato, nelle sue memorie pubblicate nel 2006, che la Corea del Nord è stata coinvolta in varie transazioni segrete, avvenute tramite una rete sotterranea di traffici legati al nucleare, gestita da Khan.

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che si occupa dell’inchiesta su Abdul Kadeer Khan, è rimasta scioccata nello scoprire quanto vasta fosse la sua rete: l’indagine ha infatti rivelato che circa 30 aziende provenienti da 30 Paesi diversi sono state coinvolte in questo mercato nero.

Ma da dove ha ottenuto le tecnologie nucleari, il Pakistan? Huang Ciping, ex ricercatore che negli anni ’80 ha lavorato presso l’Istituto Cinese per l’Energia Atomica, lo ha spiegato in un’intervista all’emittente americana in lingua cinese New Tang Dynasty Television: «Parte del nostro lavoro, era di passare le nostre tecnologie nucleari al Pakistan e ad altri Paesi. Mandavano qui esperti, per imparare da noi, e la Cina ha inviato i nostri esperti soprattutto in Pakistan, per fornire loro assistenza tecnica».

La dittatura comunista cinese ha anche fornito materiali grezzi per il nucleare ad altri Paesi. Un articolo del Washington Post del 2009, ha infatti pubblicato alcuni estratti della testimonianza scritta di Khan, da cui risulta che nel 1982 Pechino avrebbe fornito al Pakistan, per scopi militari, 50 chilogrammi di uranio arricchito (una quantità sufficiente a costruire due bombe nucleari): «Secondo gli attuali funzionari statunitensi, e quelli del 1982, le testimonianze di Khan confermano la conclusione da tempo raggiunta dall’Intelligence degli Usa, ovvero che la Cina abbia fornito questo tipo di assistenza».

Nel settembre 2001, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni all’azienda statale China Metallurgical Equipment Corporation, perché aveva venduto parti di missili al Pakistan. Huang Ciping ha spiegato anche il motivo per cui il Partito Comunista Cinese ha aiutato il Pakistan: «La Cina non è in buoni rapporti con l’India, quindi ha aiutato il Pakistan per contrastare l’India. Avendo assistito a questi atti irresponsabili, ho iniziato a pormi seri interrogativi, su cosa queste tecnologie avanzate avrebbero alla fine portato all’umanità, se benefici o disastri».

Più di un decennio dopo, le aziende cinesi continuavano ad aiutare la Corea del Nord: l’11 febbraio 2013, il Dipartimento di Stato americano ha comunicato una lista di aziende e individui su cui imponeva sanzioni, perché coinvolte nella proliferazione di armi nucleari. Tra queste, varie aziende cinesi, come la BST Technology and Trade Company, la China Precision Machinery Import and Export Corporation, la Dalian Sunny Industries e la Poly Technologies Incorporated. Spiegava il Dipartimento di Stato americano: «Questi enti hanno contribuito materialmente (o perlomeno rappresentato il rischio, di contribuire materialmente) alla proliferazione di armi di distruzione di massa, o dei loro mezzi di lancio, tra cui missili capaci di lanciare queste armi».

E secondo quanto sostiene Chen Pokong, analista di politica cinese, esiste anche un altro motivo per cui Pechino ha perseguito questa strategia: l’ex vice premier cinese Qian Qichen avrebbe confidato all’Intelligence americana, che Pechino ha sostenuto il nucleare nordcoreano allo scopo di contrastare l’influenza degli Usa su Taiwan. Lo scopo delle due dittature comuniste asiatiche, sarebbe stato quello di creare una situazione di stallo infinito, approfittando della diplomazia di sei nazioni, e costringendo così gli Stati Uniti a scegliere se abbandonare Taiwan o fare la guerra alla Corea del Nord.

 

Articolo in inglese: USSR and China Aided North Korea in Developing its Nuclear Weapons Program

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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