Una scommessa da 1 milione di dollari per Uber in Cina

Quest’anno, la Uber Technologies Inc. prevede di investire un miliardo di dollari in Cina per ampliare il suo servizio di ‘chiamata taxi’. Diventare tra le prime aziende occidentali tecnologiche a dominare un settore industriale cinese è allettante, ma come molte aziende prima di lei potrebbe ritrovarsi un sentiero pieno di insidie, e un qualsiasi eventuale successo potrebbe rivelarsi effimero.

Fino a oggi, la Uber di San Francisco ha ricevuto quasi sei miliardi di dollari (cinque miliardi e 320 milioni di euro circa) di finanziamento in diverse mandate. Con la valutazione di circa cinquanta miliardi di dollari, è una delle start-up più ricche di sempre e ben attrezzate per affrontare la scalata degli affari in Cina, un Paese con cinquecento milioni di possessori di smartphone.

«UN MILIONE DI CORSE»

L’azienda opera attualmente in 11 città della Cina e quest’anno ha in programma di espandersi in altre cinquanta. Il 12 giugno, in una lettera indirizzata agli investitori, l’amministratore delegato di Uber Travis Kalanick ha detto che la Cina sarà la priorità assoluta di quest’anno.

«I nostri autisti stanno eseguendo quasi un milione di corse al giorno e il business nell’ultimo mese è raddoppiato (in Cina)», ha scritto nella lettera, che è stata pubblicata sul Financial Times. Questo indica che il numero delle corse giornaliere della Uber in Cina è vicino a quello di tutte le altre città combinate (la Uber ha reso noto un milione di corse giornaliere a partire dal dicembre 2014).

Secondo quanto riporta la lettera, Uber prevede, al fine di espandere le sue attività in Cina, di raccogliere un miliardo di dollari, e il 22 giugno lancerà un’offerta formale di raccolta fondi.

GRANDI BONUS

In Cina, Uber sta attirando gli autisti nello stesso modo in cui ha fatto altrove – senza prendere nessuna commissione e distribuendo pesanti bonus. In molti casi, l’azienda concede ai conducenti bonus di gran lunga superiori alle tariffe dei taxi e talvolta fino a tre volte il loro importo.

Queste condizioni hanno permesso ad Uber una rapida crescita in Cina, anche se forse non così veloce come ha detto Kalanick. In un articolo del New York Times della scorsa settimana, i dirigenti di Uber in Cina hanno dichiarato di aver stabilizzato il numero delle corse giornaliere a 100 mila. Sebbene questa stima sia di gran lunga al di sotto della cifra dichiarata da Kalanick, il successo ottenuto dall’azienda in alcune grandi città è innegabile.

«Uber sta facendo molto bene nelle città di primo livello, e questa è un po’ una sorpresa», ha detto al New York Times l’analista della Icbc International di Hong Kong You Na. «Le sovvenzioni fanno una grande differenza».

Tuttavia, se lo studio di come si è comportata in altri mercati è di qualche indicazione, la bassa commissione e il generoso il bonus di carico della Uber saranno di breve durata.

Negli Stati Uniti, dove la commissione di base della Uber è del 20 per cento, la società sta sperimentando un nuovo programma in alcune città selezionate per addebitare ai conducenti fino al 30 per cento di commissione a seconda del numero di corse effettuate. La nuova struttura a più livelli delle commissioni ha infastidito quei conducenti di lunga data che inizialmente erano passati alla Uber incentivati dal suo basso tasso di commissione.

CONCORRENZA LOCALE

Sebbene gli attuali risultati della Uber in Cina sembrino impressionanti, l’azienda deve nondimeno far fronte a un’ardua battaglia.

Il suo principale concorrente in Cina è costituito dalla ricca società cinese Didi Kuaidi, che con il suo servizio di ‘chiamata taxi’ detiene oltre il 90 per cento della quota di mercato nel Paese. La società è sovvenzionata dai giganti nazionali di internet quali la Alibaba Group Holdings Ltd. e la Tencent Holding Ltd., è disponibile in oltre trecento città della Cina e ha già a disposizione il modello di business della Uber.

«Un concorrente ha clonato la nostra linea di prodotti di base e sta tentando di passare dal suo obsoleto sistema dei taxi a un modello di condivisione delle risorse tra pari (peer-to-peer)», ha descritto Kalanick nella sua lettera agli investitori, senza nominare direttamente la Didi Kuaidi.

Uber ha anche accusato la Didi Kuaidi di ingaggiare delle persone per mettere in scena in molte città proteste contro Uber e di osteggiarla su WeChat, che è di proprietà della Tencent, in molti canali di marketing diretti al consumatore.

SPADA A DOPPIO TAGLIO

Si potrebbe sostenere che in una situazione di espansione in un mercato emergente, la concorrenza locale e i falli di gioco sono la normalità. Dopo tutto, Uber sta cercando di diventare una delle prime aziende occidentali tecnologiche a esplodere in Cina. Questo comporterà costi irrecuperabili.

E tra l’altro potrebbe esserci un prezzo da pagare persino in caso di successo.

Secondo quanto hanno affermato le fonti ufficiali, il Partito Comunista Cinese è in fase di eliminazione sistematica dai settori chiave della maggior parte delle aziende straniere tecnologiche, un processo che richiederà tempo fino al 2020. Visto dalla prospettiva di Pechino, ogni successo duraturo per questo tipo di imprese straniere è una minaccia alla sicurezza e all’industria nazionale.

Lo scorso anno, Pechino ha incoraggiato le banche cinesi a smettere di utilizzare i server dell’Ibm. Ha marchiato quei giganti della tecnologia quali Microsoft e Cisco Systems – entrambi i quali hanno lavorato per anni a stretto contatto con il regime, persino nella realizzazione di prodotti che facilitano la sorveglianza e la censura – come rischi per la sicurezza.

All’inizio di questo mese, Pechino ha annunciato nuove norme per disciplinare quelle imprese straniere tecnologiche intente a fare affari con le banche cinesi. Per prima cosa è stato stabilito che le banche cinesi devono utilizzare un tipo di tecnologia «sicura e controllabile» e che qualsiasi impresa tecnologica che lavora con le banche deve consegnare il suo codice sorgente e le chiavi di crittografia.

«Lo vogliono [il codice sorgente, ndr] perché vogliono rubarlo», ha detto al canale televisivo Cnbc Steve Dickinson, un avvocato dello studio legale Harris & Moure specializzato in società estere che operano in Cina.

«Le aziende americane sono uscite dai gangheri per questa ragione – sono veramente, ma veramente scovolte», ha detto.

Il regime cinese sostiene che questi provvedimenti sono una misura «antiterrorismo». Il settore finanziario è solo l’inizio: Pechino prevede infatti di espandere tali norme anche ad altri settori.

All’inizio di quest’anno, il gigante nel campo delle telecomunicazioni wireless di San Diego Qualcomm è stato multato dalla Cina per 975 milioni di dollari (870 milioni di euro circa) per aver violato norme relative all’antitrust. Qual è stato il crimine commesso dalla Qualcomm? In questo caso non vi erano preoccupazioni né di sicurezza nazionale, né di terrorismo. Pechino sostiene che le tasse per la licenza pagate dai produttori di telefonia mobile cinesi erano troppo alte. Tuttavia, la Qualcomm che detiene i brevetti, è stata l’azienda produttrice di chip elettronici leader del settore e i produttori di telefoni cinesi sono stati felici di pagare. In altre parole, la Cina ha deciso che la Qualcomm ricavava semplicemente troppi soldi dal mercato cinese e il regime voleva recuperarne una parte.

È chiaro che la Cina desidera una tecnologia ai vertici della categoria e la vuole alla svelta. La stessa storia si è ripetuta in svariati settori e ha interessato molte aziende occidentali tecnologiche, case automobilistiche e produttori, che in Cina avevano raggiunto un certo livello di successo.

Per quanto riguarda Uber, l’azienda sta supervisionando alla sua più cauta e meticolosa espansione di sempre. Per la sua espansione in Cina, a differenza di altri mercati in cui la Uber è sembrata farsi beffa sfacciatamente delle leggi esistenti sui taxi, ha utilizzato un approccio molto più controllato.

Uber ha firmato un accordo di partnership con l’investitore miliardario Robin Li e il motore di ricerca Baidu di cui è cofondatore. Inoltre, persone informate hanno detto alla Reuters che Uber ha anche cercato di rafforzare le relazioni con i governi locali di tutta la Cina nel tentativo di anticipare i potenziali ostacoli e i blocchi stradali politici.

Alla fine di aprile 2015, la polizia ha fatto irruzione nell’ufficio Uber di Guangzhou nel sud della Cina. La polizia ha sequestrato migliaia di iPhone e altri apparecchi utilizzati per gestire le attività dell’azienda.

Sebbene il rendimento finale dell’investimento cinese della Uber resta da valutare, per adesso l’azienda continua a perseverare.

 
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