Cosa dice la psicologia delle esperienze di pre-morte

L’universo è pieno di misteri che sfidano le nostre conoscenze. Nella sezione ‘Viaggio nei misteri della Scienza’ Epoch Times raccoglie storie che riguardano questi strani fenomeni per stimolare l’immaginazione e aprire possibilità ignote. Se siano vere o no, sei tu a deciderlo.

La maggior parte delle esperienze extracorporee di pre-morte hanno in comune un senso di beatitudine che cambia completamente la vita delle persone che le vivono. Al ‘ritorno’, il testimone afferma di essere entrato in contatto con una realtà ancora più vivida e reale di quella che viviamo normalmente.

Come racconta ad esempio Silvia C., che ha reso pubblica la sua esperienza extracorporea su Near Death Experience Research Foundation, «in pochi istanti (non so quantificare il tempo esatto), ero fuori. Fuori dal mio corpo. Sto bene, benissimo e vedo un manto luminoso davanti a me! Nulla sulla terra ha la stessa consistenza. È molto bello e piacevole, mi sento avvolta da tantissimo amore».

«Voglio restare lì in quel manto che percepisco come un tunnel. Il ricordo del tunnel è in me in modo indelebile, ricordo tutto nei minimi particolari, in quanto ero sveglia, non mi sono mai addormentata, durante tutto il periodo dell’esperienza e anche dopo l’esperienza. È stato come se fossi andata in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, ricordo tutto in modo chiaro».

«Se non fosse stato per quella esperienza, oggi forse sarei stata una delle tante persone che combattono per la carne, per il potere e il piacere di avere e non di essere. Invece preferisco amare, con la consapevolezza che porto con me da oltre 35 anni questa esperienza. Io non sono un corpo fisico, ma una entità ospitata da un corpo fisico, pesante e atomico, che ci accompagna per tutto il periodo di vita terrena».

Tuttavia gli scienziati dicono che queste esperienze siano elaborate in maniera chiara e definita da una volontà inconscia, autoconsolatoria e rassicurante, che servirebbe per dare un senso unitario alle varie percezioni che si accumulano durante il crescente decadimento neuronale. Questa sarebbe la spiegazione psicologica all’esperienze di pre-morte che, di fatto, riportano tutte a grandi linee gli stessi elementi.

Ma questa è l’unica visione psicologica possibile?

Per il fatto che esistano così tanti elementi in comune si potrebbe parlare di una matrice psichica comune, «come una sorta di inconscio collettivo – afferma la dott.ssa Bindi, psicologa e psicoterapeuta di Firenze – quindi il fatto che ci siano resoconti con elementi in comune, più che consolatorio, io lo vedrei legato al fatto che noi siamo fatti così, ovvero che l’uomo attinge a delle immagini che si assomigliano».

«Forse siamo più legati l’uno all’altro di quanto siamo portati a pensare».

Questo avviene ad un livello generale della mente umana, e ciò vale anche dal punto di vista biologico: l’uomo è simile a se stesso in ogni parte del globo. Quindi, forse «l’universalità di queste immagini può avere a che fare con il fatto che noi biologicamente funzioniamo tutti alla stessa maniera e quindi l’interruzione traumatica delle connessioni sinaptiche è simile al di là della geografia e della storia».

 

 
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