Umberto Tirelli sulla sindrome da stanchezza cronica

Cefalea, stanchezza generalizzata e disturbi della memoria sono sintomi riconducibili alla sindrome da sindrome da stanchezza cronica, una malattia moderna sempre più diffusa e non facile da diagnosticare.

Per approfondirne i sintomi, le cause e le nuove frontiere in campo terapeutico, Epoch Times ha intervistato il professor Umberto Tirelli primario dell’Istituto nazionale Tumori di Aviano, specialista in oncologia, ematologia e malattie infettive. Il professor Tirelli è direttore del Centro tumori, stanchezza cronica e ossigeno-ozonoterapia della Clinica Mede di Sacile, in provincia di Pordenone.

Che cos’è la sindrome da stanchezza cronica? 

È una condizione di stanchezza persistente che dura da almeno sei mesi, con caratteristiche uniche: non é alleviata dal riposo, si intensifica con piccoli sforzi e provoca una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali. Inoltre devono essere presenti perlomeno quattro dei seguenti sintomi, anche questi per almeno sei mesi: disturbi della memoria e della concentrazione così forti da ridurre i livelli precedenti delle attività occupazionali e personali; faringite; dolori muscolari e delle articolazioni senza infiammazione o rigonfiamento; dolori alle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari; cefalea di un tipo diverso da quella eventualmente presente in passato; sonno non ristoratore; debolezza dopo un esercizio fisico che perdura per almeno un giorno.

Questa definizione è stata stabilita nel dicembre 1994 da un gruppo internazionale di studio sulla Sindrome da stanchezza cronica, tra i quali il sottoscritto in qualità di unico rappresentante dell’Italia.

È una semplice fatica? 

No, il concetto di fatica è vago e svilupparne una definizione non è stato facile. Nella concezione degli autori, il sintomo fatica si riferisce a una spossatezza molto grave, sia mentale che fisica, causata anche da un minimo sforzo fisico. Ci tengo a precisare che questa sindrome non è dovuta a una malattia nota e differisce dalla sonnolenza e dalla mancanza di motivazione.

Che differenza sussiste tra fatica cronica e acuta? 

Nella forma acuta i meccanismi di recupero conservano tutta la loro efficacia, permettendo quindi all’organismo di riacquistare il proprio equilibrio energetico per mezzo di un adeguato periodo di riposo o attraverso il ripristino dei supporti energetici consumati.

La forma cronica della fatica corrisponde a una situazione patologica in cui il paziente non riesce a ristabilire un adeguato livello energetico neppure dopo un prolungato periodo di riposo o un’idonea terapia di supporto, spesso anche dopo la rimozione di evidenti cause scatenanti.

Chi ne soffre maggiormente? 

Solitamente i giovani e le donne con un età media intorno tra i 35 e i 40 anni. È praticamente assente negli ultra 65enni. I casi sono stati riportati in tutto il mondo, tra cui Europa, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Islanda, Giappone, Russia e Sudafrica.

E in Italia? 

In Italia non siamo in possesso di dati certi, ma dovrebbe aggirarsi comunque tra i cinquecentomila e un milione di persone affette.

Umberto Tirelli, primario oncologo e direttore del Centro tumori, stanchezza cronica e ossigeno-ozonoterapia della Clinica Mede di Sacile.

Quanto perdura questa sindrome? 

In molti pazienti anche diversi anni, in altri tende a migliorare spontaneamente o con l’intervento farmacologico.

È una forma di depressione?

Molti studi hanno dimostrato che la maggior parte dei pazienti non erano depressi prima del manifestarsi della sindrome da stanchezza cronica, quindi non si può dire che sia una forma di depressione. Certamente possono soffrire di depressione reattiva, a causa dell’impatto che questa malattia ha nelle loro vite.

Quali sono le cause?

Probabilmente una risposta esagerata del sistema immunitario a virus, batteri e funghi come avevo già espresso nel 1994 in un mio studio, quando avevo fatto notare che questa sindrome insorge spesso dopo un’infezione.

Come si cura? 

Non esiste ancora un trattamento definitivo. Esistono tuttavia diverse terapie farmacologiche (antivirali, corticosteroidei, immunomodulatori, integratori) che possono alleviarne i sintomi e la sintomatologia generale. Per esempio il nuovo farmaco Ampligen si sta dimostrando interessante. Regola l’espressione e l’azione di varie citochine e altri componenti del sistema immunitario come macrofagi, linfociti natural killer, linfociti T e B. Inoltre interviene direttamente nell’attivazione antivirale e immunitaria, modulando specifici enzimi importanti per questi processi.

Quali risultati sono stati ottenuti? 

Questo farmaco è in grado di ridurre significativamente i sintomi e migliorare le condizioni del paziente, è molto ben tollerato e non sono stati evidenziati effetti collaterali importanti. L’Ampligen è stato già valutato dalle Agenzie di regolamentazione dei farmaci americana ed europea, ed entrambe hanno richiesto ulteriori indagini scientifiche per la sua approvazione.

Esistono altre terapie promettenti?

Presso la Clinica Mede di Sacile da qualche tempo stiamo utilizzando anche l’ossigeno-ozonoterapia, con risultati sorprendentemente positivi in 87 pazienti affetti da sindrome da fatica cronica e fibromialgia: l’80 per cento ha riscontrato benefici importanti. L’ossigeno-ozonoterapia, infatti, si traduce in un miglioramento delle attività cognitive e della memoria, un miglioramento della stanchezza, un miglioramento del microcircolo cerebrale, un aumento dell’attenzione e una diminuzione del dolore.

 
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