Gli Stati Uniti e il dilemma dell’immigrazione

NEW YORK – Donald Trump ha ereditato un sistema di immigrazione allo sbando. Si tratta di una questione annosa: le cinque amministrazioni precedenti sono state piuttosto indulgenti riguardo all’applicazione delle leggi, e diverse generazioni di persone che oggi vivono negli Stati Uniti risultano tecnicamente clandestine, anche se molte sono ormai a tutti gli effetti americane.

I tribunali che si occupano di immigrazione sono così oberati di lavoro che migliaia di immigrati vengono ammessi nel Paese con riserva, in attesa di una decisione finale che, per come è strutturato il sistema americano, arriva entro cinque anni. Per cinque anni quindi, queste persone hanno di fatto il tempo di costruirsi una vita negli Stati Uniti. 

Nel corso degli ultimi 40 anni si sono accumulati numerosi progetti di legge, leggi e riforme, che spesso sono rimasti lettera morta e hanno causato ulteriori difficoltà.

Gli attuali provvedimenti di Trump in fatto di immigrazione risultano a dir poco sconvolgenti per milioni di americani, abituati a vivere in un Paese accogliente. Eppure gli ordini esecutivi di Trump rispecchiano le sue promesse elettorali: garantire il rispetto delle leggi esistenti sull’immigrazione, costruire un muro lungo il confine meridionale e arginare il terrorismo.

STOP ALL’INGRESSO DEI RIFUGIATI

Il 27 gennaio l’ingresso di tutti i rifugiati è stato sospeso per 120 giorni, e per 90 giorni sono stati bloccati i visti di tutti i cittadini provenienti da sette Paesi, mentre è in corso un’ispezione da parte del Dipartimento di Stato e del Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti d’America.

I sette Paesi in questione – Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen – rientrano tutti nel Programma di Esenzione del Visto e all’interno della legge antiterrorismo del 2015, che ha aggiunto nuovi requisiti di idoneità in materia di viaggi e spostamenti.

Secondo un rapporto del Dipartimento della Sicurezza Interna, i rifugiati di questi Paesi costituiscono circa il 40 per cento del totale dei profughi ammessi nel 2015 (69.920). Il gruppo più numeroso (12.676, ovvero il 18 per cento del totale dei rifugiati) proviene dall’Iraq, in significativo aumento rispetto ai 198 profughi accolti da questo Paese nel 2005. Dallo Yemen ne sono arrivati solo sedici, mentre 1.682 dalla Siria e nessuno dalla Libia.

I rifugiati devono presentare una domanda di ammissione prima di entrare negli Stati Uniti, mentre i richiedenti asilo ne fanno richiesta all’ingresso del Paese oppure subito dopo. Negli ultimi 20 anni è stato concesso lo status di rifugiato o di asilo politico a quasi 1,8 milioni di persone.

«L’America è una grande nazione di immigrati e noi continueremo a mostrare compassione verso coloro che fuggono dall’oppressione, ma lo faremo proteggendo anche i nostri cittadini e i nostri confini — così ha scritto Trump in un post su Facebook del 29 gennaio per motivare la drasticità del suo ordine esecutivo — Per essere chiari, non si tratta di un divieto anti-musulmano… non si tratta di religione. Si tratta di terrorismo e di tenere al sicuro il nostro Paese. Ci sono oltre 40 Paesi in tutto il mondo a maggioranza musulmana che non sono interessati da questo provvedimento».

Trump ha dichiarato inoltre che prevede di ripristinare il rilascio dei visti non appena saranno state riviste e «implementate politiche più sicure nell’arco dei prossimi 90 giorni».

L’applicazione del provvedimento ha portato il caos alle frontiere degli Stati Uniti e ha scatenato una serie di proteste, oltre a diverse cause federali. Da allora il governo ha consentito l’accesso ai titolari di Carta verde provenienti dai sette Paesi in questione.

Mark Krikorian, direttore esecutivo del Centro per gli Studi sull’Immigrazione, ha definito «frettoloso» il provvedimento da parte di Trump e ha aggiunto che a suo parere poteva essere gestito meglio.

Il senatore Chuck Schumer ha affermato che i Democratici presenteranno una serie di proposte di legge con l’obbiettivo di annullare i provvedimenti del presidente.

LA LEGGE IN VIGORE

Secondo John Khosravi, avvocato specializzato in materia di immigrazione, le leggi che oggi vengono applicate non sono affatto nuove: «I colloqui che normalmente vengono tenuti all’ambasciata a volte durano al massimo tre minuti: la selezione è immediata».

Trump sta usando parte della Legge sull’Immigrazione e Nazionalità che concede al presidente un’ampia autorità in materia di blocco di ingresso degli immigrati: «Ogni qualvolta il presidente ritenga che l’ingresso di stranieri negli Stati Uniti risulti dannoso per gli interessi del Paese, può, mediante pubblico annuncio e per il periodo che reputa necessario, sospendere l’ingresso di tutti gli stranieri o imporre le restrizioni che ritenga più appropriate».

LA CHIUSURA DELLE FRONTIERE

A U.S. Border Patrol agent looks for footprints of illegal immigrants crossing the U.S.–Mexico border near Nogales, Arizona, in 2010. On Jan. 25, President Donald Trump ordered a continuous physical wall be constructed along the southern border. (John Moore/Getty Images)

(John Moore/Getty Images)

Oltre alle severe procedure di controllo per i profughi e i cittadini dei sette Paesi individuati, Trump intende limitare l’accesso al confine meridionale col Messico: il presidente americano ha ordinato agli enti competenti «di prendere tutte le misure necessarie per pianificare, progettare  ie costruire immediatamente una barriera fisica lungo il confine meridionale».

Secondo quanto afferma l’ordine esecutivo firmato il 25 gennaio, «la recente ondata di immigrazione clandestina sul confine meridionale con il Messico ha messo a dura prova le risorse federali e ha travolto le agenzie incaricate della sicurezza delle frontiere e dell’applicazione delle leggi sull’immigrazione, nonché le comunità locali che ospitano molti stranieri».

Trump ha anche ordinato di mettere fine al ‘limbo’ che attualmente consente agli immigrati di restare nel Paese fino a cinque anni mentre attendono una decisione del tribunale: un’attesa che può durare anni: tutti gli immigrati che attraversano il confine illegalmente, secondo Trump dovrebbero essere incarcerati fino alla decisione del tribunale sulla loro eventuale ammissione o espulsione. L’ordine di Trump autorizza inoltre il capo della Sicurezza Nazionale John Kelly, a costruire strutture di detenzione lungo il confine e a designare i giudici competenti in materia di immigrazione.

Ma secondo il giudice Dana Leigh Marks, presidente dell’Associazione Nazionale dei Giudici dell’Immigrazione, è improbabile che il numero delle deportazioni possa aumentare se non aumenta il numero dei magistrati. La Marks ha poi aggiunto: «I tribunali per l’immigrazione sono stati scarsamente finanziati e sopraffatti da una mole esagerata di lavoro per più di un decennio. A meno che non vengano stanziati nuovi fondi per i tribunali, non cambierà niente».

I tribunali dell’immigrazione statunitensi accumulano cause arretrate dal 2006.

LEGGI ARBITRARIE

Per Mark Krikorian una questione fondamentale è quella del numero troppo alto di immigrati accolti dagli Stati Uniti; un altro problema è che la legge viene ampiamente ignorata: «Sulla carta le leggi sono severe, così i membri del Congresso possono dire di essere seriamente intenzionati a proteggere i posti di lavoro e la sicurezza del Paese. Ma poi quando le cose si mettono male e un gruppo come quello di una lobby d’affari si lamenta che la legge non viene fatta rispettare, spesso finisce per essere ignorata o applicata in un modo che la indebolisce o la contraddice».
Le amministrazioni precedenti, sia democratiche che repubblicane, non hanno affrontato questi problemi perché lo statu quo comportava un certo vantaggio politico: «Prima o poi ci sarebbe stata una reazione a tutto questo, non si poteva andare avanti così. E la reazione ha preso forma in Donald Trump».

LE CAMPAGNE DI ESPULSIONE

A Border Patrol agent searches an illegal immigrant apprehended near the Mexican border near McAllen, Texas, in 2010. The vast majority of undocumented immigrants cross over the southern border. (Scott Olson/Getty Images)

Una guardia frontaliera perquisisce un immigrato clandestino arrestato al confine con il Messico nei pressi di McAllen, in Texas, nel 2010. La stragrande maggioranza degli immigrati clandestini attraversa il confine meridionale (Scott Olson/Getty Images)

Il numero degli immigrati clandestini negli Stati Uniti ammonta a circa 11,5 milioni, una cifra è rimasta costante nel corso degli ultimi 12 anni, a seguito di drammatici aumenti iniziati nel 1993.
Nel 2016 l’Ente per l’Immigrazione, organo esecutivo del Dipartimento della Sicurezza Interna, ha espulso 240.255 clandestini. Quasi il 73 per cento erano individui fermati in corrispondenza o in prossimità dei confini e dei porti di entrata. La maggior parte delle persone sono state prelevate dal Messico, dal Guatemala, dalle Honduras e da El Salvador.

L’avvocato Kerry Bretz dello studio New York’s Bretz & Coven, ha riferito che sei avvocati del suo studio legale sono chiamati in tribunale anche 40 volte a settimana per risolvere casi di deportazione. I clandestini «stanno lottando, stanno lavorando, i loro figli sono a scuola».
Ma non esistono molte soluzioni legali per gli immigrati senza documenti, e questo fa paura. «La gente è spaventata. Non sa se se qualcuno sta per bussare alla porta» ha continuato Bretz, che mette in guardia contro l’acquisto di documenti falsi e suggerisce alle persone di informarsi sui propri diritti: «Non siete costretti a rispondere alle domande, non dovete aprire la porta a meno che non abbiano un mandato».

Edina e suo marito vivono e lavorano negli Stati Uniti da 12 anni, ma sono senza documenti. Sono arrivati con un visto turistico dall’Europa orientale per fare visita alla madre di Edina, e da allora non sono più andati via. I due figli, di 6 e 8 anni, sono cittadini americani. Edina lavora come donna delle pulizie, mentre suo marito è impiegato nel settore delle costruzioni.

Il programma ‘Deferred Action for Parents of Americans’ di Obama (Dapa), ormai sospeso, consentiva alle persone come Edina e suo marito di chiedere un permesso di lavoro rinnovabile e nel frattempo di evitare l’espulsione dal Paese. Per la signora Edina «C’era speranza per gente come me. Ora non più». Ma ha aggiunto anche che le persone senza documenti sono ancora al sicuro a New York.

LA CITTA’ SANTUARIO

Bill de Blasio, il sindaco di New York, ha ribadito il suo impegno a far sì che New York resti una cosiddetta città santuario, nonostante le minacce di tagli ai finanziamenti federali; durante una conferenza stampa in diretta-streaming del 25 gennaio, ha dichiarato: «Difenderemo tutti i nostri cittadini, a prescindere dalla provenienza e dallo stato della loro documentazione».
L’ufficio del sindaco ha censito 500 mila immigrati senza documenti che vivono in città.

New York City has many policies protecting illegal immigrants, making it a

New York ha una fitta normativa che protegge gli immigrati clandestini e la rende una “città santuario” (Skidmore, Owings & Merrill LLP via Getty Images)

Le città e gli Stati santuario hanno leggi, politiche e pratiche elastiche in materia di immigrazione e limitano i rapporti tra la polizia locale e le autorità federali responsabili per l’immigrazione. Diverse città hanno adottato leggi a tutela degli immigrati dopo l’11 settembre, quando l’allora presidente George W. Bush varò la Sezione 287(g) della Legge sull’Immigrazione e Nazionalità. La Sezione 287(g) conferisce a tutte le forze dell’Ordine (compresa la polizia) gli stessi poteri degli agenti dell’immigrazione per indagare, arrestare o incarcerare i sospetti clandestini.

Obama aveva poi sospeso l’applicazione di questa norma, ma applicato una decisione del Congresso del 2002, in forza della quale le impronte digitali delle persone arrestate dalla polizia locale possono essere confrontate con quelle presenti nei database criminali e negli elenchi degli immigrati gestiti rispettivamente dall’Fbi e dal Dipartimento della Sicurezza Interna. Molte giurisdizioni avevano risposto adottando una serie di pratiche a difesa degli immigrati.

Nell’ordine esecutivo del 25 gennaio Trump ha stabilito una restaurazione della Sezione 287(g) e ha incaricato il segretario del Dipartimento della Sicurezza Interna di stipulare immediatamente accordi con governatori e funzionari locali.

De Blasio si è fortemente opposto al piano di Trump, ritenendolo inutile per la città di New York che già collabora con le autorità federali, alle quali ha consegnato i responsabili di 170 crimini. Secondo l’ufficio del sindaco, nell’ultimo anno le autorità locali hanno consegnato due criminali alle autorità per l’immigrazione.  

SALE LA PAURA

Antonio (nome di fantasia) è messicano e si è trasferito negli Stati Uniti da bambino con i suoi genitori. Ha sposato un’americana, Maria (altro nome inventato) e ora è titolare di una Carta verde. La madre ha avviato la procedura per legalizzare la sua presenza negli Stati Uniti perché è lei che si prende cura dei genitori di Maria (entrambi regolari cittadini americani). Ma il padre di Antonio è senza documenti, per questo temono che verrà espulso. La signora Maria ha affermato: «Nessuno vuole vedere la propria famiglia fatta a pezzi».

Ora, con l’attuazione delle nuove norme, alcuni residenti permanenti stanno accelerando le pratiche per ottenere la cittadinanza nel caso in cui dovessero esserci ulteriori restrizioni sotto il governo Trump.

Rose, che non ha voluto usare il suo vero nome pur essendo in regola, è originaria del Messico. Continuava a rimandare la presentazione dei documenti di cittadinanza, ma le elezioni l’hanno spinta a mettersi al sicuro, e ha presentato la documentazione a metà dicembre: «Un funzionario dell’immigrazione mi aveva consigliato di concludere le pratiche per la cittadinanza prima dell’elezione del prossimo presidente, perché le cose sarebbero cambiate».
Rose vive a New York con il marito e due figli, tutti cittadini americani, e non vuole avere brutte sorprese, tanto che ha affrontato quasi due ore di viaggio con il figlio nato da una settimana, per raggiungere l’edificio federale di Manhattan il 23 gennaio e presentarsi all’appuntamento per il rilevamento delle impronte digitali. Ora è in attesa del colloquio finale.

LA QUESTIONE DACA

A husband and wife from Eastern Europe, who have lived and worked in New York since overstaying their visas 12 years ago and now have two American children, are an example of complicated situations created by years of immigration system failure. (Samira Bouaou/Epoch Times)

Una coppia dell’Europa dell’Est con i visti scaduti da 12 anni che vive e lavora a New York e ora ha due bambini americani, un esempio delle complesse situazioni create da anni e anni di un sistema di immigrazione fallimentare. (Samira Bouaou/Epoch Times)

Trump non si è pronunciato a proposito del Daca (“Deferred Action for Childhood Arrivals”), il programma firmato da Obama nel 2012. Il Daca permette agli immigrati irregolari giunti negli Stati Uniti prima dei 16 anni di richiedere un permesso di lavoro (che deve essere rinnovato ogni due anni) e ritardare momentaneamente il rimpatrio.

Mikhel aveva 15 anni quando è arrivato negli Stati Uniti con sua madre, un’insegnante impiegata a Trinidad e Tobago. Ora Mikhel ha 31 anni e rientra nel programma Daca, ma il suo permesso scade l’anno prossimo e teme che non verrà rinnovato. Per Mikhel «è spaventoso. Solo il pensiero di essere deportati… deportati dove poi? Questa è casa mia». Mikhel ha raccontato che la sua famiglia si era trasferita negli Stati Uniti con la promessa che non sarebbero stati abbandonati a loro stessi: «Altrimenti non avremmo mai sradicato la nostra famiglia».

STORIA DELL’IMMIGRAZIONE NEGLI STATI UNITI: LE TAPPE PRINCIPALI

  • 1880-1930. Oltre 27 milioni di persone entrano negli Stati Uniti.
  • 1891. Nasce il Servizio per la Cittadinanza e l’Immigrazione.
  • 1921. Ogni nazionalità riceve una quota di ammissione per limitare il numero di ingressi negli Stati Uniti. Il sistema favorisce gli immigrati provenienti da Regno Unito, Irlanda e Germania.
  • 1924. Nasce la Polizia di Frontiera degli Stati Uniti.
  • 1929-1941. Durante gli anni della Grande Depressione il tasso di immigrazione è basso, talvolta pari a zero.
  • 1948. Il ‘Displaced Persons Act’ consente a più di 200 mila sfollati, soprattutto quelli che fuggono dalla persecuzione nazista, di emigrare negli Stati Uniti.
  • 1951. Stati Uniti e Messico sanciscono un accordo formale per accogliere lavoratori stagionali destinati al settore agricolo.  
  • 1965. La Legge sull’Immigrazione e Nazionalità abolisce il sistema delle quote di ammissione a favore degli immigrati qualificati e con parenti negli Stati Uniti. Numeri senza precedenti di sfollati iniziano ad arrivare dall’Asia e dall’America Latina.
  • 1980. La legge sui rifugiati consente l’ingresso di emergenza agli sfollati.
  • 1986. Il governo Reagan concede l’amnistia a quasi 3 milioni di immigrati clandestini con la riforma dell’immigrazione e il ‘Control Act’.
  • 1990. La legge sull’immigrazione aumenta il numero delle ammissioni legali del 50 per cento e riduce i controlli sui lavoratori interinali e sui criminali.
  • 1996. La riforma dell’immigrazione clandestina e la legge sulle responsabilità degli immigrati introducono criteri di ammissione più rigidi e procedure di rimozione più veloci. I sussidi statali per gli immigrati sono limitati e i datori di lavoro hanno la possibilità di verificare l’idoneità dei potenziali dipendenti.
  • 2001. Il ‘Patriot Act’ spiana il terreno alle espulsioni legate al terrorismo e aumenta il monitoraggio degli studenti stranieri.  
  • 2002. Nasce il Dipartimento della Sicurezza Interna, che dal 2003 si occupa dei servizi per l’immigrazione e dei controlli alle frontiere.
  • 2006. Il ‘Secure Fence Act’ impone la costruzione di più di 700 miglia di recinzione lungo il confine meridionale. L’atto include un mandato per aumentare l’illuminazione, i punti di controlli, i sensori, le telecamere e i droni.
  • 2009. Il Dream (Development, Relief and Education for Alien Minors) Act, consente agli immigrati senza documenti che si diplomano al liceo di intraprendere un percorso per diventare regolari cittadini americani.
  • 2012. Il Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals) dà agli immigrati con particolari requisiti la possibilità di richiedere l’azione differita e un permesso di lavoro rinnovabile ogni due anni.
  • 2017. Il presidente Donald Trump presenta due ordini esecutivi destinati a migliorare la sicurezza delle frontiere e l’applicazione delle leggi sull’immigrazione, nonché a proteggere gli Stati Uniti dagli ingressi terroristici.

Articolo in inglese: Trump Inherits Immigration Turmoil

Traduzione di Lorena Badile

 
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