Trapianti di organi, inaffidabili le riforme annunciate dalla Cina

I media di regime cinesi ultimamente hanno dato particolare enfasi alle notizie sulle riforme del sistema nazionale dei trapianti. I funzionari cinesi hanno dichiarato che il sistema dei trapianti cinese si avvale ora unicamente di donatori volontari e non più di prigionieri giustiziati.
Ma diversi osservatori hanno messo in luce come le lampanti discrepanze statistiche suggeriscano che i proclami del regime comunista cinese potrebbero essere molto diversi dalla realtà. Il dottor Torsten Trey, direttore esecutivo dell’organizzazione non governativa di medici Doctors Against Forced Organ Harvesting (Dafoh, associazione internazionale di medici dei trapianti), in un’intervista via e-mail ha infatti affermato che le supposte riforme posso essere paragonate ai «tentativi di un serial-killer di far perdere le proprie tracce».

A partire dal 2000 il sistema dei trapianti cinese ha conosciuto un periodo di crescita vertiginosa e diversi investigatori ritengono che la principale fonte degli organi usati per rifornire questa atroce ‘industria’ siano stati i praticanti del Falun Gong, una disciplina spirituale cinese brutalmente perseguitata dal regime di Pechino dal 1999. Anche i prigionieri condannati a morte sono sempre stati usati a questo scopo.

Il dottor Trey afferma che non ci sono prove che queste pratiche siano state interrotte e ha dichiarato: «È encomiabile che la Cina, o qualsiasi altro Paese, adotti delle autentiche riforme per raggiungere degli standard etici elevati. Ma è un errore fatale plaudire a tali riforme se in realtà stanno solo coprendo un grave crimine contro l’umanità».

LACUNE NEI DATI

Per molti anni le autorità cinesi hanno negato di prelevare gli organi dai prigionieri giustiziati. Nel 2005, l’allora vice ministro della Salute Huang Jiefu, ha invece  rivelato alla comunità internazionale che i prigionieri condannati a morte erano stati in realtà utilizzati, dal 1984, secondo una precisa disciplina normativa. Il vice ministro della Salute si riferiva a detenuti che erano stati condannati a morte dopo essere stati accusati di un qualche crimine.

Nel 2006 sono sorti i primi sospetti che gli abusi dei diritti umani che coinvolgevano i trapianti d’organo fossero molto più gravi di quanto precedentemente immaginato: il regime cinese è stato allora accusato di prelevare gli organi da prigionieri di coscienza ancora in vita, persone imprigionate per la loro fede e non per avere commesso un crimine. Un’indagine indipendente condotta da David Matas, avvocato dei diritti umani canadese, e David Kilgour, ex Segretario di Stato ed ex magistrato canadese, è giunta alla conclusione che le accuse sono fondate.

Il regime cinese non ha mai ammesso tali crimini, ma incalzato da una intensa pressione internazionale, dal primo gennaio 2015 ha annunciato la messa al bando dei trapianti di organi prelevati da prigionieri giustiziati, anche se le norme in vigore dal 1984 non sono state abolite. 
Le autorità di Pechino dichiarano di avere costruito un nuovo sistema di donazione degli organi, con il medesimo funzionamento di quelli degli Stati Uniti e di altri Paesi avanzati, e sostengono che ci sia stata una crescita esponenziale delle donazioni volontarie, nonostante il Paese sia ancora culturalmente avverso alle donazioni di organi, considerate incompatibili con la tradizione confuciana di conservare il corpo intatto dopo la morte.

Nell’agosto del 2009 i donatori volontari di organi in Cina erano solo 30, secondo quanto riferito dal Professor Chen Zhonghua dell’Istituto per i Trapianti di Organo dell’Ospedale Tongji nel corso di un’intervista con un organo d’informazione di Stato. Eppure i funzionari cinesi dichiarano ora che nel solo 2016 hanno ottenuto organi da più di 4 mila donatori, mentre nello stesso anno nel Regno Unito, ad esempio, dove 21 milioni di persone sono registrate come donatori, ci sono stati solo 1.364 casi di persone decedute che hanno donato i propri organi. Negli Stati Uniti invece, dove ci sono 140 milioni di donatori registrati, solo 15.951 persone hanno donato i loro organi dopo la morte. I donatori registrati sono persone che, quando erano in vita hanno espresso la volontà di donare i propri organi dopo la morte.

Alla fine del 2016, la Cina ha dichiarato di avere circa 200 mila donatori registrati. Secondo le stime del dottor Trey, se in Cina i donatori registrati fossero l’unica fonte degli organi, ci dovrebbero essere state solo 20 persone che hanno donato i propri organi nel 2016, un numero molto inferiore ai 4 mila dichiarati nelle cifre ufficiali.
Immaginando un tasso di mortalità di 7 persone ogni mille, il dottor Trey ha poi stimato che dovrebbero essere morti circa 2.100 dei 200 mila donatori registrati in Cina. E solo l’1 o 2 percento di queste persone ha organi adatti per un trapianto (come osservato in Stati Uniti e Regno Unito) mentre la grande maggioranza non sono adatti per diverse cause: malattie che hanno causato  la morte del donatore, stili di vita non salutari, età o eccessiva differenza di età tra il deceduto e il ricevente.
Un altro aspetto rilevante è che in Cina non è sufficiente procurare gli organi da donatori registrati, ma è anche necessario che i medici cinesi ottengano il consenso della famiglia. In Cina un singolo famigliare può annullare la decisione del donatore di donare i propri organi, aggiungendo così un possibile altro ostacolo al processo. Per questo il dottor Trey spiega che l’ulteriore difficoltà di ottenere il consenso, specialmente quando qualunque famigliare ha la facoltà di negare il consenso a donare, mette ulteriormente in discussione la genuinità dei numeri ufficiali cinesi.

Nel mese di febbraio, la rivista medica Liver International ha rifiutato lo studio scientifico di un gruppo di ricercatori cinesi che non sono stati in grado di provare la provenienza etica degli organi usati nella ricerca. Lo studio si riferiva a 564 trapianti di fegato presso il Primo Ospedale Affiliato dell’Università di Zhejiang tra l’aprile 2010 e l’ottobre 2014. Ma Huang Jiefu, il responsabile cinese in materia di trapianti d’organo, ha dichiarato che il Primo Ospedale Affiliato ha ricevuto 166 donazioni di fegato tra il 2011 e il 2014, lasciando quindi 398 fegati senza una fonte accertata.

La Dafoh tiene traccia dei numeri delle registrazioni di donatori di organi e ha così scoperto che alla fine del 2015 e del 2016 c’è stata un’improvvisa impennata delle registrazioni. Negli ultimi giorni del 2015, il numero è aumentato esattamente di 25 mila persone in un giorno. Lo stesso fenomeno si è ripetuto nel dicembre 2016, con un aumento di più di 86 mila donatori in una settimana, verosimilmente perché erano stati combinati due sistemi di donazione di organi. Per dottor Trey «la Cina sa che i suoi numeri di donatori registrati sono troppo bassi per spiegare più di 4 mila organi donati all’anno; è quindi necessario ‘far salire’ i numeri. Secondo le cifre ufficiali, circa il 50% di tutti i donatori registrati hanno firmato in soli 7 giorni, nell’arco di 4 anni».

IL «CAMALEONTICO» RESPONSABILE DEI TRAPIANTI D’ORGANO CINESE

Il volto delle riforme dei trapianti d’organo in Cina è tale Huang Jiefu: portavoce per la Cina in materia di trapianti, nonché presidente del Comitato nazionale per le donazioni e i trapianti d’organo e capo della Fondazione cinese per lo sviluppo dei trapianti d’organo.
Nonostante Huang Jiefu sia stato anche vice ministro della Salute in Cina, attualmente non ricopre alcun incarico di governo ufficiale, ma ciononostante è di fatto il portavoce del sistema cinese dei trapianti d’organo. E questo significa, come osserva il dottor Trey, che «quello che dice non ha alcun potere vincolante nei confronti  del governo cinese».

Il dottor Trey ha inoltre fatto notare che la fondazione per i trapianti d’organo diretta da Huang è in realtà un soggetto privato, come il United Network for Organ Sharing (Unos) negli Stati Uniti, «ma la differenza è che negli Stati Uniti l’Unos non fa dichiarazioni per conto del governo». Questo significa che anche se Huang apparentemente parla per conto del regime cinese e sta ora promuovendo una riforma del sistema dei trapianti, le sue parole non hanno alcun valore legale. Senza considerare il fatto, poi, che Huang ha ripetutamente modificato la sua posizione in base alle circostanze.
Nel 2013, in un’intervista con l’Australian Broadcasting Corporation, Huan rispondendo sulla pratica del prelievo di organi da prigionieri giustiziati ha infatti ribattuto: «Per quale motivo siete contro?». Solo dopo numerose critiche da più parti, Huang ha modificato la sua posizione, durante una conferenza di poco successiva, affermando che si tratta di una pratica non etica.
E ancora: nel 2015 Huang, intervistato da diversi giornali, Huang affermava che i prigionieri nel braccio della morte dovrebbero essere trattati come cittadini con il ‘diritto’ di donare gli organi, attirando così una tempesta di critiche secondo le quali i prigionieri uccisi per i loro organi sarebbero stati semplicemente ‘riclassificati’ come donatori volontari. La risposta di Huang è arrivata in un’intervista al New York Times, dove ha affermato che la sua dichiarazione doveva essere intesa soltanto «a livello filosofico».

«Le dichiarazioni di Huang sono camaleontiche» commenta Trey. «Sembra dire esattamente quello che serve al momento per uniformarsi alla pressione che proviene dall’interno della Cina o per assecondare le richieste di standard etici da parte della comunità internazionale». Quindi secondo Trey anche le affermazioni di Huang riguardo alle riforme del sistema dei trapianti cinesi sono inaffidabili: «Se si inneggia alle riforme mentre si continua in modo nascosto il prelievo forzato di organi da praticanti del Falun Gong e da altri prigionieri di coscienza, allora ci troviamo nella tragica situazione in cui mentre scrosciano gli applausi, delle persone inermi vengono massacrate per i loro organi».

Per approfondire:

 

Articolo inglese: Claims of Reform in China’s Organ Transplant System Not to be Trusted, Expert Says

Tradotto da Veronica Melelli

 

 
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