Tap o No Tap, questo è il problema

Illegale, inutile e inopportuna. Questa, in sintesi, la valutazione di chi la Trans Adriatic Pipeline (Tap) – il gasdotto che collegherà il sud Europa e il Medioriente – proprio non la vuole. Sono i No-Tap, un gruppo di attivisti che s’intende sia di leggi e scartoffie, che di proteste «pacifiche ma fisiche».

Come al solito (vedi il caso del referendum sulle trivelle) chi è a favore dei lavori parla di benefici strategici (si può ottenere il gas senza dipendere troppo dalla Russia, contro la quale potrà facilmente capitare un conflitto), benefici economici, possibilità di nuovi posti di lavoro, e anche sostituzione di fonti energetiche più inquinanti. Chi è contro, invece, sostiene che bisogna puntare sulle rinnovabili, e fa presente che – in realtà – l’Azerbaijan, da cui otterremmo il gas, lo ottiene a sua volta dalla Russia in cospicua parte.

Ma al di là dell’eterno confronto tra interessi strategici e aspirazioni naturalistiche, vi sono altre questioni – di legalità e di opportunità – che motivano le proteste dei no-Tap, i quali, nel Salento, hanno cercato in tutti i modi di bloccare i camion che sarebbero andati a sradicare gli ulivi di una zona interessata dai lavori per la costruzione del gasdotto.

I poveri ulivi salentini, che ne hanno passate di tutti i colori nel recente passato, in realtà non hanno da temere per la loro vita (con l’eccezione di quei 4 beccati con la Xylella che secca loro le foglie e che verranno tagliati) perché non verranno sradicati e distrutti, ma solo trapiantati altrove. Fin qui tutto bene, ma secondo quanto spiega Gianluca Maggiore, del comitato No Tap, l’intervento di rimozione degli ulivi è niente di meno che illegale.

Il decreto ministeriale 223 del 2014, spiega Maggiore, individua la Regione e il Comune come enti preposti a fornire l’autorizzazione all’espianto di ulivi in caso questo sia necessario per i lavori di costruzione del gasdotto. Ma «il Ministero dell’Ambiente – afferma Maggiore – fregandosene, con nota dirigenziale del dirigente Lo Presti, ha disposto la rimozione degli ulivi». In sostanza, secondo l’attivista, il governo starebbe scavalcando la Regione e il Comune, e secondo il presidente della regione Puglia Michele Emiliano (che concorda sull’illegalità del procedimento), avrebbe comandato alla polizia di schierarsi dalla parte dei lavori del Tap, anziché dei manifestanti.

In realtà, l’Osservatorio Fitosanitario e il Dipartimento Agricoltura della Regione Puglia, come mostra il sito dell’azienda che si occupa della costruzione del Tap, hanno autorizzato il trapianto degli ulivi rispettivamente il 6 e il 9 marzo. Ma secondo Maggiore non sono gli enti competenti: «È come se tu costruisci casa perchè la Asl ti ha rilasciato l’autorizzazione; magari l’ufficio tecnico del comune te la sequestra… giustamente».

Intanto il prefetto di Lecce ha ordinato a Tap di fermare provvisoriamente i lavori, ritenendo necessario un ulteriore chiarimento sulla questione da parte del governo, di fatto rifiutandosi, per il momento, di intervenire contro i manifestanti che hanno cercato di bloccare i lavori e – secondo Maggiore – prendendosi tempo per visionare le documentazioni rilevanti, citate dagli attivisti a favore della loro causa.

Gli attivisti ritengono che si configuri persino il reato di abuso di potere da parte del governo, ma la strada del rivolgersi alla Magistratura richiede di «muoversi con una certa tempistica». Il governo però, «sta forzando la mano», ed è per questo che gli attivisti hanno scelto di ricorrere a un «confronto pacifico ma fisico», nel senso che hanno bloccato i camion fisicamente, ma senza ricorrere alla violenza.

Per dare il via ai lavori, è necessaria una valutazione di impatto ambientale, che, spiega Maggiore, ha dato esito positivo ma con ben 58 punti da ottemperare, tra cui uno che richiede di fare una valutazione della fattibilità dei lavori, dal momento che il tunnel sotterraneo dovrebbe venire costruito in un tratto in cui il terreno «non è geologicamente stabile». Di conseguenza, da un altro punto di vista, i lavori non sono stati autorizzati, perché bisognerà prima aspettare questa valutazione, che secondo l’attivista richiederà uno o due anni di tempo.
Per non parlare del fatto che le dimensioni del tunnel non sono incise su pietra: possono cambiare in base alle esigenze di costruzione e di fatto il progetto è già cambiato una volta. E in base alle dimensioni, cambia anche l’area che è necessario liberare degli ulivi. Ne consegue che questi trapianti, per una ragione o per un’altra, potrebbero interessare un’area dove poi non si costruirà nulla. Non ha dunque più senso – si chiede Maggiore – aspettare che tutte le carte siano a posto, prima di dare inizio ai lavori?

 
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