Sui marò poca verità e troppi pregiudizi

Tra tutti i diversi modi in cui è stata giudicata la recente decisione del Tribunale di Amburgo sul caso marò – ‘schiaffo all’Italia’, ‘prima vittoria dell’Italia nel caso’ – uno sembra particolarmente appropriato: ‘una decisione da Ponzio Pilato’. E, valutato a posteriori, era anche la più ovvia.

Il Tribunale se n’è sostanzialmente lavato le mani, dicendo che Italia e India devono entrambe sospendere ogni iniziativa giuridica sul caso ed evitare di intraprenderne altre, per non pregiudicare o intralciare le decisioni del Tribunale dell’Aja, che dovrà decidere sulla giurisdizione vera e propria del caso. E ci metterà – dicono – un altro paio d’anni. Questo prima ancora di parlare di un processo vero e proprio.

Non è ancora chiaro se il capo di I classe Massimiliano Latorre, che è in Italia per cure mediche, dovrà poi tornare in India o meno, ma di sicuro Salvatore Girone resta nel Paese asiatico, preservando di fatto lo status quo.

Ma la verità è che probabilmente questa faccenda, che va avanti da dicembre 2012, è stata lenta e confusa perché usata a fine politico, oltre a essere stata caratterizzata da interventi fortemente ideologici anche da parte dei giornalisti: i giornali di sinistra hanno dato i militari per colpevoli a priori, e quelli di destra li hanno dati per innocenti a priori. In realtà, fino a ora, non è stata mostrata nessuna prova vera e propria di nessuna delle due tesi. Né l’India ha mai definito il reato preciso del quale i due sottufficiali di marina italiani sarebbero accusati.

La vicenda è stata a nostro avviso un ‘teatrino’, per vari motivi. Durante il governo Monti, vi erano ben tre figure, dalle posizioni e dalla storia abbastanza divergente, che hanno avuto un ruolo attivo nella vicenda: il primo era Mario Monti, cattolico e quindi più o meno di destra, ma anche uomo prudente e posato e soprattutto inesperto in queste vicende; doveva occuparsi di risanare l’economia e si era trovato questo grosso fardello. È evidente che uno nominato per motivi economici non si metta troppo ‘a fare il duro’, ma cerchi invece di preservare i rapporti economici, appunto.

Poi c’era Giorgio Napolitano. Come esperienza in questioni internazionali siamo su tutt’altro livello, e il suo ruolo si è fatto parecchio sentire nella vicenda. Ma alla fine è prevalso l’approccio austero di Monti e dell’allora ministro Corrado Passera, che pare lo abbia consigliato mentre era ministro dello Sviluppo Economico. Non che si possa pensare che Napolitano abbia suggerito approcci estremi, ma il suo ruolo di garante della Costituzione lo ha spinto ad appoggiare lo strappo che a marzo del 2013 vide l’Italia decidere di trattenere i due marò da noi, mentre erano in un permesso natalizio. Poi Monti fece un passo indietro.

E infine Giulio Terzi, dei tre il più deciso di tutti nel voler far rispettare l’Italia e agire in modo deciso. Finì col dimettersi dopo che Monti aveva preso la decisione di far tornare in India i marò, ancora oggi segue la vicenda ed è un forte sostenitore, sui social media, dei due fucilieri di marina.

 

CASO MARO’, STOP DISPUTA ITALIA-INDIA: UDIENZA INTERLOCUTORIA AL TRIBUNALE DI AMBURGO. Il Tribunale di Amburgo NON HA…

Posted by Giulio Terzi on Lunedì 24 agosto 2015

 

Dopo questo bel gioco a tre, c’è stato il governo Letta, con Emma Bonino agli Esteri che pare abbia giocato il ruolo principale. Ma la Bonino si è comportata in modo del tutto diverso da Terzi e non ha dato affatto per scontata l’innocenza dei marò.

Infine è venuto il governo Renzi, che a parte qualche scintilla iniziale di fatto non ha combinato granché di nuovo fino a questo momento, in cui ha finalmente deciso di ricorrere all’arbitrato internazionale. A Renzi va riconosciuto di aver affrontato uno per uno una serie di problemi che gli altri governi hanno rincorso come chimere (legge elettorale, riforma province, i marò) sebbene le sue ricette siano parecchio criticate. Sui marò, però, non si può criticare il seppur tardivo ricorso all’arbitrato internazionale.

C’è stata comunque scarsa comunicazione tra i vari governi, verrebbe da pensare. Il governo Monti ha cercato prima la strada diplomatica, ma si è accorto subito che non era percorribile e ha iniziato a pensare all’arbitrato internazionale. Poi il governo è caduto ed è entrato in gioco Letta. Cosa fare? ‘Proviamo la strada diplomatica!’ Ma non si può. E poi è caduto anche quel governo.

Arrivato infine Renzi, ovviamente ci ha riprovato ancora. Ma per fortuna dei marò, finalmente un governo è durato abbastanza da intraprendere la procedura di arbitrato. Nel frattempo tutti hanno cercato di mostrare impegno nella vicenda per conquistarsi il pubblico e in particolare la destra – dalla politica, ai cittadini, ai giornalisti – ha manifestato forte interesse nella vicenda, com’è noto.

In realtà in Italia il caso è stato affrontato in maniera davvero parziale dalla maggior parte dei media più noti. Un po’ per parzialità ideologica, un po’ per pigrizia (o davvero non sanno l’inglese?) in pochi si sono presi la briga di seguire le fonti indiane e di riportare il lato indiano della notizia.

Fatto sta che quasi ogni volta che c’è uno sviluppo, si citano le ragioni italiane e i commentatori favorevoli, ma non le ragioni indiane. È anche normale essere patriottici, ma l’informazione dovrebbe essere almeno completa. D’altro canto i media di sinistra più estrema hanno – anche con una certa velenosità – teso a dare sbrigativamente degli «assassini» ai fucilieri.

In India, però, non è che le cose siano tanto diverse. Lì il governo è cambiato solo una volta dal 2012, ma c’è sempre stata l’intenzione di utilizzare la vicenda a fini politici. È normale: se dei soldati indiani uccidessero dei pescatori italiani, vorremmo quei soldati in prigione. Tuttavia di fatto l’India, come l’Italia, non è stata correttissima nel trattare la vicenda, a cominciare dall’indagine, fino ad arrivare alla politica.

Del resto il problema è che tra Italia e India nessuno dei due è un gigante. Quando dei soldati americani provocarono involontariamente la strage del Cermis (tagliando i figli di una funivia con un aereo che volava troppo basso), la giurisdizione del caso venne data agli Usa secondo il diritto internazionale. Ma è più immediato rispettare il diritto internazionale quando uno Stato è un nano e l’altro è un gigante. Tra India e Italia nessuno può imporsi dal punto di vista della ‘forza fisica’, e persino dal punto di vista legale potrebbe anche essere che i tanti esperti italiani di diritto internazionale si sbaglino sul dare per scontato che abbiamo ragione noi.

L’Italia chiede l’immunità dei due fucilieri perché agivano per conto di una missione antipirateria dell’Onu. L’immunità è anche ciò che ottennero a suo tempo i marines americani del Cermis. Tuttavia – ribatte l’India – il fatto in questione è avvenuto all’interno della zona economica esclusiva dell’India, e per agire per conto dell’Onu in quel territorio che per certi versi è sotto la giurisdizione indiana, ci vorrebbe un permesso dall’India.

Allora chi vincerà alla fine? Finora non vince sicuramente la verità o l’informazione – se non con alcuni piccoli barlumi – né vince molto la politica, e chi vincerà tra Italia e India lo vedremo fra qualche annetto. Certo è che i poveri marò prima di vedere la libertà o le sbarre dovranno rimanere nel limbo ancora per un bel po’.

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

 
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