Strage di Las Vegas, l’Fbi indaga sul movente

Gli investigatori della polizia federale statunitense stanno indagando sulle motivazioni dietro la strage di Las Vegas, che ha provocato almeno 58 vittime e ferito più di 500 persone nella notte del 1° ottobre, in occasione di un festival musicale all’aperto.
Pare che il colpevole si sia suicidato a seguito degli eventi di domenica notte, poco prima dell’intervento della polizia: si tratta di Stephen Paddock, 64 anni, che viveva a Mesquite, al confine tra Nevada e Arizona, a 132 km a nord di Las Vegas.

Secondo Mark Ruskin, ex agente dell’Fbi, i prossimi passi nelle indagini consisteranno nel tracciare un profilo del killer, e gli agenti sono probabilmente già al lavoro: «Il primo passo che compirà l’Fbi sarà interrogare tutti quelli con cui questo tizio è entrato in contatto, per cercare di tracciarne un profilo». L’Fbi ha un’unità che si occupa di questo a Quantico, in Virginia, e secondo Ruskin si tratta di un «valido strumento» nel risolvimento dei casi.

Uno degli obiettivi è quello di identificare i tipi di persone «che hanno più probabilità di altri di commettere atti di terrorismo, che sia per motivazioni politiche o meno».

Intanto, i familiari di Paddock sono già stati identificati e hanno cominciato a parlare. Il fratello ha rivelato che suo padre era stato condannato in Arizona per una rapina in banca ed era in seguito evaso dalla prigione in Texas, per trovare poi lavoro in una sala da bingo nell’Oregon.

Il padre di Paddock, Benjamin Hoskins Paddock, era conosciuto con vari soprannomi, tra cui ‘Big Daddy’ [Papone, ndt] e ‘Old Baldy’ [‘Vecchio pelato’ ndt]. Si tratta, secondo diagnosi ufficiali di esperti, di uno psicopatico. È stato anche nella lista dei 10 individui più ricercati dell’Fbi dal 1969 al 1977.

I terroristi dell’Isis hanno rivendicato l’attacco, e le prime notizie parlavano di una conversione recente di Paddock all’Islam, ma la veridicità di entrambe le affermazioni è tutt’altro che sicura. E secondo il fratello di Paddock, il killer non aveva alcuna affiliazione politica o religiosa.

E qui è dove il profilo criminale giocherà un ruolo, afferma Ruskin, in quanto potrà rivelare le motivazioni del crimine, che siano politiche, ideologiche o di altra natura.

In base alla sua esperienza di lavoro nell’Fbi, Ruskin afferma: «Sono sicuro che ci stanno lavorando mentre parliamo. Ci saranno agenti in diversi uffici nel Paese che seguono delle piste su dove viveva il tizio, dove è andato a scuola, che lavori ha fatto». E l’Fbi intervisterà persone «su tutto quello che sapevano di lui, andando fino agli insegnanti di scuola».

«Sicuramente salteranno fuori delle caratteristiche che mostreranno che non si era bene integrato, proprio come un piolo quadrato in un buco rotondo».
«Se non è stata una questione politica, potrebbe essere qualche affare, o qualcosa che gli è successo per cui ha sentito di doversi vendicare, o una vendetta per qualche smacco che poteva aver subito dal mondo. Forse non aveva successo nella vita o si sentiva discriminato per qualche ragione e ha voluto rifarsi contro il mondo».

Il 2 ottobre, il presidente Donald Trump ha commentato in pubblico la tragedia: «Miei concittadini americani – ha esordito, rivolgendosi ai feriti e alle famiglie delle vittime – siamo oggi uniti insieme nella tristezza, nello shock e nel compianto. Preghiamo per voi e siamo qui per voi, e chiediamo a Dio di sostenervi in questo periodo buio». Dopo aver ringraziato la polizia di Las Vegas e i primi soccorritori, Trump ha definito l’attacco «un atto di pura malvagità».

Articolo in inglese: Former FBI Agent Explains What’s Next In Las Vegas Shooting Investigation

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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