Le mamme contro il glifosato, la battaglia ambientalista di un comune trevigiano

Il comune di Revine Lago ha rotto gli indugi: dopo quattro mesi di studio, il 26 settembre ha approvato le modifiche al regolamento di polizia rurale per scongiurare l’abuso di prodotti fitosanitari nel suo territorio.

La piccola comunità trevigiana di circa duemila abitanti, a maggio è balzata al centro della cronaca locale e nazionale dopo che un gruppo di mamme locali, allarmate dall’impianto di un nuovo vigneto, in pochi giorni è riuscito a raccogliere 833 firme e si è appellato al ministro delle Politiche agricole, per cercare di difendere il territorio dall’invasione di pesticidi ed erbicidi.

Sollecitata dai cittadini, l’amministrazione comunale ha accelerato il percorso, già programmato, verso un’agricoltura più sostenibile. E ora spera di contagiare anche aree limitrofe.

Epoch Times, per comprendere meglio la vicenda, ha intervistato il sindaco del virtuoso comune dell’alta marca trevigiana, Michela Coan.

Potrebbe spiegare meglio cosa ha scatenato la preoccupazione delle mamme nel vostro comune?

Primo, dopo aver visto che nei comuni limitrofi c’è stato uno sbancare colline e un piantare viti a tutto spiano, essendo ora [la viticoltura, ndr] un’attività molto redditizia e quella che rende di più tra quelle agricole, le mamme si sono preoccupate che questo potesse diffondersi nel nostro territorio, e hanno chiesto all’amministratore [comunale, ndr] un programma di attenzione sull’uso dei pesticidi.
“Temiamo di diventare come i territori limitrofi – hanno detto – dove non si riesce a vivere con una qualità di vita buona, perché ci sono queste viti vicine che vengono trattate, con tutti i problemi che ne conseguono”.

Secondo, perchè la zona dei laghi nel nostro comune è una zona Sic (Sito di interesse comunitario) e se si diffondesse un certo tipo di coltura intensiva, i trattamenti di un certo ‘tipo’ potrebbero  minare la salute dei laghi e della zona protetta, su cui sono stati investiti soldi pubblici. Ad esempio, adesso è in corso un completamento dei percorsi naturali intorno ai laghi, quindi è inutile spendere soldi pubblici per valorizzare questo parco, se dall’altra parte facciamo vigneti con le derive che vanno a finire nel lago: le politiche vanno fatte con coerenza.

Come vi siete attivati prima della stesura e dell’approvazione del regolamento?

Abbiamo raccolto informazioni su cosa sono i prodotti fitosanitari e su quali sono i più tossici, e siamo arrivati alla conclusione che non è quella di aver reso il comune completamente biologico – non è possibile, perché non si può imporre a chi ha un terreno di coltivare biologico – ma quella di mettere dei paletti abbastanza stringenti; nel nostro Comune, infatti, sono vietati i fitosanitari molto tossici e tossici, ed è vietato l’uso dell’erbicida, comunemente conosciuto come glifosate: come Comune abbiamo dato l’esempio e non lo usiamo più, non solo nelle zone urbane, ma in tutto il Comune (esistono dei prodotti alternativi naturali, che costano un po’ di più, ugualmente efficaci). È stata un’azione abbastanza drastica, che non mi risulta sia stata fatta in tutti i Comuni.

A chi vi siete appoggiati per stilare il regolamento?

Abbiamo chiesto il parere di molti esperti. Abbiamo dialogato con alcuni tecnici regionali, con agronomi locali, con il Wwf, con Lega Ambiente, con la fondazione Mach di San Michele dell’Adige, che porta avanti un certo tipo di azione riguardo all’agricoltura biologica – in particolare il professor Mescalchin ci ha dato ulteriori indicazioni per il regolamento – e ancora con la presidente dell’Aiab del Veneto e del Friuli. Poi abbiamo cercato di fare una sintesi, studiando bene la materia per essere consapevoli di quello che volevamo fare: avremmo voluto un comune biologico, ma per ora abbiamo solo vietato alcuni prodotti.

Come sono i rapporti con i viticoltori locali?

Da noi ce ne sono pochi: uno ha piantato un vigneto, un altro che ha alcune viti vicino all’emissario del lago di Lago, abbiamo più che altro orticoltori. Anche il nuovo viticoltore non si è opposto: è venuto in Comune e ha chiesto tempo per allinearsi al nuovo regolamento. Anche perché, per passare da una coltivazione di un certo tipo a quella biologica ci vuole tempo; nonostante fossero tutti un po’ preoccupati, erano aperti al dialogo.

Lo stesso giorno in cui avete approvato il regolamento avete anche firmato il protocollo per la salvaguardia e la tutela urbanistica e paesaggistica delle colline di Valdobbiadene e di Conegliano, per rafforzare la candidatura della terra del Prosecco al riconoscimento Unesco di ‘patrimonio dell’umanità’. Come valuta questa opportunità? E come si sposa con la vostra iniziativa?

Prima di firmare il protocollo abbiamo presentato due osservazioni: anche se siamo consapevoli che è un’importante opportunità, il paesaggio candidato – e non il Prosecco – che comprende per la gran parte colline con questi terrazzamenti che le rende bellissime dal punto di vista paesaggistico, ha anche certi aspetti che impediscono di ammirarlo, come le righe gialle sotto le vigne causate dai trattamenti.
“Benissimo, siamo in linea – abbiamo detto – però valutiamo anche il fatto che questo tipo di territorio deve, negli anni, convertirsi al biologico”.
I tecnici che ci stanno lavorando hanno detto che la candidatura richiede già la conversione di gran parte del territorio al biologico. Ma noi volevamo entrare più nello specifico, chiedendo un programma con dei tempi.

Come hanno reagito a queste osservazioni?

Non c’è stata nessuna risposta scritta, però c’è stata la rassicurazione verbale, da parte della Regione, che sicuramente si andrà in questa direzione.

Revine Lago, con Sernaglia della Battaglia, sono i due comuni della zona che hanno adottato un regolamento di polizia rurale con delle regole più stringenti. Avete instaurato un dialogo anche con altri Comuni che rientrano nella ‘core zone’ della candidatura?

No, per il momento abbiamo preferito fare questo passo e dare un segnale, perché siamo coscienti che per chi ha tanto territorio destinato alla vite, non è semplice fare politiche di un certo tipo.

Questa sensibilità però va aumentando, e sono convinta che questa cosa si diffonderà a macchia d’olio. Inoltre credo sia anche un’opportunità per il Prosecco stesso di innalzare la qualità, che ottieni se dai un prodotto pulito anche dal punto di vista del trattamento, guadagnando poi in immagine e potenzialità commerciali: i cinesi fra non molto saranno in grado di fare un prodotto simile al Prosecco, però il nostro forse avrà un valore aggiunto, se sarà biologico.

Quali sono i programmi futuri?

Vorrei incontrare gli agricoltori e capire assieme come possiamo aiutarli. Poi organizzare incontri pubblici di formazione con la cittadinanza, per insegnare a non usare diserbanti e pesticidi, che sono molto diffusi, e poi su come fare il biologico, che significa aprirsi a una nuova filosofia di vita. Per fare questo, vogliamo portare avanti un percorso di sensibilizzazione continua nel nostro Comune.

Vorrebbe lanciare un messaggio?

Sì, mi piacerebbe come Amministrazione e come Comune che questa sensibilità crescesse, e magari che si aprisse un dialogo con una scuola di enologia su queste realtà importanti del territorio, che potrebbero valorizzare maggiormente il nostro lavoro, in modo da portare avanti un’azione comune.

Ad esempio, a pochi chilometri da Revine Lago c’è la più antica scuola di Enologica italiana, l’istituto Cerletti di Conegliano…

Sarebbe l’ideale.

Intervista adattata e ridotta per motivi giornalistici.

 
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