La guerra psicologica fra Stati Uniti e Cina

Dopo che lo scorso lunedì, la marina degli Stati Uniti ha inviato il cacciatorpediniere USS Lassen in perlustrazione entro le 12 miglia nautiche dalle isole artificiali della Cina, nel contestato Mar Cinese Meridionale, il Partito Comunista Cinese (Pcc) ha mobilitato le proprie forze.

Ma invece di inviare navi o aerei da guerra, il regime cinese ha mobilitato un sistema differente, ovvero la sua vasta rete di agenti di propaganda, gli organi di stampa statali e i sistemi per il controllo del flusso delle informazioni.

La reazione della Cina mette in evidenza l’approccio adottato dal Pcc per combattere i conflitti moderni. Il Partito utilizza ciò che il Pentagono ha definito come una forma «non-dinamica» di combattimento che prende di mira la percezione umana e costituisce la sua strategia di base per occupare il Mar Cinese Meridionale. Quasi tutti i canali di propaganda del Pcc utilizzano questo tipo di metodo.

Subito dopo l’esercitazione degli Stati Uniti, oltre duecento milioni di utenti dell’applicazione di messaggistica per smartphone WeChat in Cina, hanno ricevuto sui loro feed di notizie un messaggio che affermava che la marina statunitense era entrato «illegalmente nel Mar Cinese Meridionale».

Il messaggio sembra riflettere la linea attuata dalle armi di propaganda del Pcc ed è destinato a infondere l’idea che quello che gli Stati Uniti hanno fatto sia stato aggressivo e illegale. Una nozione fondata sul concetto, non riconosciuto dalle altre nazioni, che il Pcc abbia diritto a un perimetro militare intorno alle proprie isole artificiali.

Una linea simile è stata intrapresa dal programma cinese di informazione Xinwen Lianbo, il notiziario più visto in Cina e maggiormente controllato dal regime. Andrew Chubb, esperto in Relazioni Internazionali, ha scritto sul suo blog ‘Conversazioni sul Mar Cinese Meridionale’ che il programma, che va in onda sulla televisione statale China Central Television (Cctv), «trasmette alle masse la linea del Partito». Difatti, il presentatore del notiziario afferma che la nave da guerra statunitense sia entrata «illegalmente» nelle acque circostanti «le isole e le scogliere dell’arcipelago Spratly di proprietà della Cina».

Chubb osserva che il programma della Cctv presenta, in maniera simile all’agenzia statale cinese di stampa Xinhua, la linea generale del Pcc su un determinato argomento e «legittima gli altri media a concentrarsi sulla questione», e spiega infatti: «questa deve riflettere la scelta da parte del Partito al governo nel volere la questione in cima alle priorità del grande pubblico, almeno nel breve termine». E sembra che utilizzino la stessa linea anche i canali tradizionali. Anche il ministero degli Esteri cinese ha infatti rilasciato una dichiarazione simile, affermando che la nave degli Stati Uniti si è avvicinata «illegalmente nelle isole Spratly della Cina».

LE TRE ‘GUERRE’

Negli ultimi due anni, il Pcc ha lavorato duramente per dragare la sabbia e pomparla sulle scogliere e sulle acque poco profonde delle isole Spratly e delle isole Paracel nel Mar Cinese Meridionale, realizzando cinque isole artificiali che adesso rivendica come territorio cinese.
Nonostante il fatto che le isole Spratly, in particolare, siano a circa mille chilometri a sud del punto più meridionale della Cina, sull’isola di Hainan, il Pcc rivendica un perimetro difensivo non ufficiale intorno a queste isole artificiali che gran parte delle altre Nazioni non riconoscono.
In contrapposizione a queste rivendicazioni, gli Stati Uniti stanno tenendo un’esercitazione di ‘libertà di navigazione’, tesa ad assicurarsi che le navi internazionali possano ancora transitare liberamente attraverso il Mar Cinese Meridionale.

La risposta della Cina a questa esercitazione è strettamente in linea con la strategia principale del Pcc nell’area, che gli esperti del Pentagono e della difesa degli Stati Uniti avevano in precedenza dettagliato. Il regime cinese definisce questa strategia le ‘tre guerre’: la guerra mediatica, la guerra psicologica e la guerra legale.

Il sistema adottato dal Pcc scinde cioè la propaganda in tre parti: una per controllare quanto viene detto dalla stampa, un’altra per prendere di mira la psicologia dei loro avversari e la terza per convalidare le rivendicazioni del regime, manipolando le leggi internazionali.

La strategia è stata esposta dettagliatamente in un rapporto di un appaltatore della difesa prodotto per l’Office of Net Assessment, un think tank del Pentagono. Il rapporto di 556 pagine del maggio 2013, è stato ampiamente citato da diverse agenzie di stampa intorno al marzo del 2014 ed espone in dettaglio una delle strategie chiave del Pcc per attuare quella guerra politica mirata ad allontanare gli Stati Uniti dalla regione asiatica del Pacifico. «Le tre guerre sono utilizzate dalla Cina per generare pressione psicologica, pubblicizzare argomentazioni ‘legali’ e far valere le proprie rivendicazioni sulle risorse e sul territorio nelle regioni che vanno dai mari cinesi Orientale e Meridionale fino ai Poli», afferma il rapporto.

Il rapporto descrive inoltre la strategia come un «processo bellico che realizza una guerra con mezzi alternativi». Il suo proposito è basato sull’inganno, con l’obiettivo di «alterare l’ambiente strategico in modo da rendere dinamico lo scontro irrazionale».

Nel caso recente, il Pcc ha rivelato il segreto della sua strategia: non sta combattendo nel Mar Cinese Meridionale con la forza militare: lo sta facendo con la propaganda. Il suo obiettivo è quello di dipingere il Pcc come la vittima, gli Stati Uniti come l’aggressore e i suoi vicini di casa come irragionevoli.

 

Articolo in inglese: www.theepochtimes.com

 
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