Starbucks in Italia, scommessa vincente o flop annunciato?

Gli italiani sono molto esigenti in quanto a come viene preparato il caffè e a come debba essere il suo aroma, e in generale non amano molto lo stile americano.

In Italia caffè significa espresso: una piccola tazzina di caffè forte con una sottile crema marroncina in superficie. Questo è l’unico e universale metodo di preparazione del caffè in ogni parte d’Italia.

Andrea Illy, presidente e amministratore delegato della azienda icona del caffè italiano Illy, ha scritto a Epoch Times che i bravi baristi ricevono un’alta formazione e un rigoroso addestramento per il loro mestiere: «Sono profondamene orgogliosi di questo […] Esiste una bassissima soglia di tolleranza per il caffè che non supera il livello standard di qualità».
Il gigante americano Starbucks, che ha pianificato di aprire la sua prima caffetteria per il prossimo anno, dovrà quindi affrontare innumerevoli sfide che lo aspettano nel luogo di origine dell’espresso.

Nel lontano 1983 Howard Schultz, durante un viaggio d’affari a Milano, s’innamorò della cultura del caffè. L’attuale presidente di Starbucks fu accolto dai baristi in un piccolo bar, come ricorda nel suo libro Onward: «Muovendosi con grazia e precisione, [il barista, ndt] sembrava eseguire una delicata danza come fosse in un campo di chicchi di caffè, tra il latte caldo schiumato; sfornava espressi e faceva cappuccini, chiacchierando con le persone che erano lì […] Fui conquistato dal comprendere quanto potere abbia gustare una semplice tazza di caffè, nel connettere le persone e creare una comunità».
Queste esperienze ispirarono la visione di Schultz nella creazione di Starbucks, la compagnia con sede a Seattle che è divenuta la catena più grande del mondo, che vanta più di 25.000 negozi in 75 paesi.

Trent’anni dopo l’incontro a Milano, Schultz sta tornando al punto di origine, cercando di fare breccia lì dove tutto è nato. La prima sfida sarà trovare un modo per ‘far dialogare’ i due tipi di stile e culture del caffè: una lotta tra le grandi tazze di caffè americano filtrato e le piccole e esperte tazzine di espresso italiano.

In Italia, chi prende il caffè di solito non si attarda nel locale né si siede per ore per lavorare con le cuffie, come succede invece negli Stati Uniti: si prende il proprio espresso in pochi sorsi e si va via.
Illy commenta: «Gli italiani sono letteralmente cresciuti intorno al caffè e già da molto presto imparano a conoscere, quasi istintivamente, come dovrebbe essere il sapore e l’odore del caffè».

Inoltre è noto che, al contrario degli americani, gli italiani bevono il cappuccino o il caffelatte solo la mattina, e mai nel pomeriggio o la sera o dopo un pasto. In Italia, il latte è visto quasi come un cibo in sé stesso, capace di guastare la digestione se bevuto dopo il pranzo o la cena.
Gli americani amano il loro latte, il dolcissimo Frappuccino, inventato e brevettato da Starbucks. Gli italiani, tuttavia, hanno una loro versione più classica, che viene chiamato ‘shakerato’, che consiste in un espresso appunto shakerato col ghiaccio in un mixer per cocktail.
Francine Segan, un’esperta di storia del cibo e della cucina italiana ha spiegato che questo preserva il naturale aroma e gusto del caffè. Inoltre «c’è una differenza tra il nord e il sud Italia su come i chicchi di caffè dovrebbero essere tostati; per esempio al sud preferiscono la tostatura scura […] ma su una cosa sono tutti d’accordo: che il caffè debba essere di alta qualità».

Secondo un’indagine del 2016 della Federazione Italiana Pubblici Esercizi, i tradizionali bar italiani dominano ancora il territorio nazionale con oltre 149.300 locali in tutto il Paese. Molte caffetterie sono antichi stabilimenti e alcuni risalgono al diciottesimo secolo, come il noto Caffè Fiorio a Torino che è stato fondato nel 1780.

STARBUCKS, MISSION IMPOSSIBLE?

Molti marchi e catene non italiane hanno fallito nel tentativo di stabilire una forte presenza sul territorio del Belpaese. Per questo sembra che anche il progetto di Starbucks possa sfociare in un fallimento.
Il primo coffee shop verrà aperto nel 2018 nello storico Palazzo delle Poste a Milano, un palazzo vicino al quartiere finanziario della città: avrà una doppia funzione, di torrefazione e caffetteria; un posto dove i visitatori potranno osservare, e letteralmente odorare, tutto il processo di produzione del caffè, dai chicchi alla tazza pronta da bere.

L’idea di aprire un locale del genere era sorta all’improvviso cinque anni fa quando la compagnia stava cercando di immaginare quale approccio adottare alla situazione italiana che ha una così singolare cultura del caffè.
In una conferenza stampa dell’anno scorso Schultz ha detto che la compagnia vuole servire gli italiani «con grande umiltà e rispetto».
Secondo Illy, Starbucks si affaccia al panorama italiano al momento giusto, in cui si sta diffondendo una nuova abitudine tra gli italiani, che stanno iniziando a rimanere più a lungo e a socializzare di più nei loro bar: «La fusione tra il lavoro e lo vago che il fenomeno di internet ha creato, potrebbe influenzare l’inizio del cambiamento delle abitudini di coloro che frequentano i luoghi in cui si consuma il caffè».

Starbucks ha in progetto di aprire la strada a Milano così da avere il suo avamposto per L’Italia.

Il palazzo Delle Poste a Milano (GENTILE CONCESSIONE DI STARBUCKS)

La popolazione milanese, giovanile e diversificata, che per lo più ha viaggiato per il mondo e ha subito il fascino dello stile americano, rende la città un luogo interessante per il primo esperimento.
In aggiunta, oltre alla torrefazione, la catena dei coffee shop ha in progetto di aprire un piccolo numero di caffetterie nella città con il suo partner d’affari Percassi.

Ennio Ranaboldo, ex amministratore delegato della società sussidiaria del Nord America di Luigi Lavazza, ha sostenuto che mentre la cultura italiana del caffè è idiosincratica e complessa, il suo luogo di nascita «non è uno speciale terreno consacrato». Ranaboldo pensa che Starbucks possa avere successo se si focalizza su location straordinarie e spettacolari, anziché mettersi a competere con i piccoli bar angolo per angolo.

Milano è la capitale della finanza e della moda, e ospita una vasta popolazione studentesca grazie all’università Bocconi che attira anche un vasto numero di stranieri: l’offerta di Starbucks di bevande non solo al caffè, di comodi divani e del Wifi gratuito, può avere la sua attrattiva.

Francesco Sanapo, per tre volte campione del concorso Barista Italiano e proprietario di Ditta Artigianale, ha raccontato che, specialmente nelle catene delle caffetterie, «era dura entrare nel mercato italiano dieci anni fa». Ma la fama mondiale del marchio Starbucks sicuramente aiuterà: «Devo ammettere – ha affermato Sanapo – che il vecchio stile dei bar italiani sta diventando vecchio. Sono addormentati e non innovano mai». L’offerta di Starbucks, invece, potrebbe scuotere il mercato italiano.

UNA QUESTIONE DI PREZZO

È difficile dire che tipo di prezzi adotterà Starbucks in Italia, ma non ci sono dubbi che saranno presi in grande considerazione dagli avventori locali.
In Europa generalmente una tazza di caffè costa tra i 3,7 e i 5 euro, mentre il prezzo medio dell’espresso italiano è circa un euro.
«Sono l’unico ad aver rotto questa tradizione», afferma Sanapo, che ha introdotto il concetto di ‘caffè artigianale’ venduto al prezzo di 1,50 euro. Ci è voluto un po’ di tempo perché il pubblico si abituasse a questa piccola rottura con il prezzo tradizionale: un cliente ha addirittura insultato Sanapo dandogli del ‘mafioso’ per aver alzato così i prezzi.

L’accettazione generale richiede tempo, sostiene Sanapo. Ma una nuova generazione di artisti del caffè emergenti sta diventano popolare in Italia negli ultimi anni, e il barista ha fiducia che questi locali potranno competere, ed avere anche prestazioni migliori rispetto a Starbucks. Oltre ai prezzi, Starbucks deve affrontare altre difficoltà nel Belpaese, incluso l’alto costo delle tasse per gli impiegati e la crisi economica che dal 2009 ha portato al fallimento di numerosi bar. E secondo Sanapo non ci sono dubbi che almeno all’inizio Starbucks dovrà sopportare pesanti perdite, per far decollare il suo business in Italia.

Articolo in inglese: Starbucks Makes a ‘Grande’ Bet on Italy

Traduzione di Fabio Cotroneo

 
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