Perché siamo tutti sordi alle esigenze delle persone sorde?

Andrea è un ragazzo di 21 anni. Studia chimica e ha la passione per il cinema. Ed è ipoacusico dalla nascita.

Ragazzi come Andrea, al secondo anno di università, ben rappresentano quelle persone che ce la vogliono fare e vogliono vivere la vita pienamente, nonostante le loro difficoltà.

Lo sa bene la madre Daniela Rossi, psicologa e giornalista, autrice del libro autobiografico Il mondo delle cose senza nome, edito da Bompiani, da cui è stato anche tratto il film tv Tutti i rumori del mondo, con Elena Sofia Ricci e Stefano Pesce.

«Mi sono presa sin da subito delle responsabilità personali su cosa fare, a differenza da come la storia è stata rappresentata nel film, in cui viene visto il marito di Elena essere la persona più sicura fra i due su cosa fare», racconta la Rossi, che intende chiarire come il suo sia stato un vero percorso di libertà interiore avuto assieme a suo figlio Andrea, considerato dai medici ipoacusico dalla nascita.

La sordità viene spesso vista come un problema enorme che preclude l’accesso a tutte le porte nella vita. «Oggi, grazie al cielo, sono finiti i tempi in cui l’unica prospettiva di una persona sorda è quella di fare il falegname da grande», afferma Daniela, sorridendo. «La sordità può essere vista come una miopia con vari livelli: così come non c’è soltanto il cieco e il vedente, non c’è il sordo e l’udente, ma vari livelli anche nella sordità… Il bambino sordo non deve mai rinunciare, nel proprio percorso, al gioco, al divertimento e agli amici».

Tanti sono i pregiudizi quando si ha a che fare con una qualsiasi questione che rende diversi, come nel caso della sordità. «Chi è sordo l’ultima cosa che desidera è che questi pregiudizi siano alimentati da una mala informazione o dal volersi restringere in una sorta di razza diversa dall’umanità» dice la psicologa con voce ferma. «All’inizio è stata veramente dura. Conoscevo veramente poco della sordità e tutti i professionisti che consultavo me la presentavano come un problema enorme. Andrea oggi ha 21 anni ed è al secondo anno di chimica, università che ha scelto lui e studia tanto e bene. Una sua grande passione è il cinema. Ha circa 1000 film e grazie ai sottotitoli riesce tranquillamente a capire anche quelli stranieri. Con il sistema dei sottotitoli è riuscito anche ad imparare l’inglese».

Andrea viene considerato un ipoacusico (sente meno degli altri) e comunica normalmente con la voce. A differenza dei sordi segnanti, che invece utilizzano i segni anziché le parole. Ci sono anche i sordi oralisti, che pur avendo un deficit uditivo grave, comunicano con le parole.

LA LINGUA DEI SEGNI PUÒ ESPRIMERE ANCHE LA POESIA

Marianna Castrataro è psicologa e interprete LIS (lingua italiana dei segni). Ha collaborato come interprete con l’università di Roma ‘La sapienza’ e con l’università ‘Roma Tre’, con il Ministero dei Beni Culturali e con il Ministero della Pubblica Istruzione, e anche con il telegiornale RAI LIS.

Per lei udente figlia di udenti, a differenza di altri che si avvicinano alla professione di interprete per la vicinanza a qualche parente sordo, la motivazione è nata dalla passione per la linguistica, e la LIS le sembrava come «un linguaggio segreto, un linguaggio silenzioso».

Nel suo lavoro da interprete Marianna è molto d’aiuto nella vita di tutti i giorni ad una persona sorda. Dal suo lavoro e dalle amicizie instaurate con persone sorde ha imparato che generalmente sono persone molto determinate e dotate di un certo livello di intuito superiore al normale: «Capiscono maggiormente le persone che hanno di fronte».

Secondo la Castrataro, quando si ha a che fare con la lingua dei segni si devono superare i pregiudizi comuni, anche quelli dei genitori di un bambino sordo: «Si crede che la lingua dei segni non possa veicolare qualunque informazione, che sia una lingua senza una grammatica, ecc. Una lingua che spesso viene scoraggiata ad essere appresa dai genitori, che spesso affermano che se i figli imparano la lingua dei segni, poi non impareranno a parlare. Ma la lingua dei segni è una lingua completa capace di esprimere anche la poesia. Esiste la poesia nella lingua dei segni che dimostra come sia possibile fare anche delle astrazioni».

La lingua dei segni è una lingua che funziona su un canale visivo–gestuale, «ed è improntata sull’uso dello spazio, a differenza delle lingue vocali che sono, invece, improntate sull’uso del tempo, della ritmica». Nell’entrare più nello specifico «sono due modalità completamente diverse di comunicare e quindi cambia anche la forma grammaticale con cui sono composte le frasi».

«Che non ci siano totali corrispondenze con la lingua vocale non deve infliuenzare il fatto che la LIS sia una lingua vera e propria», dice l’esperta.

«Da come la vedo io, avendo lavorato con molti sordi, a loro piacerebbe una maggiore visibilità, nel senso di una maggiore consapevolezza nei loro confronti sul fatto che anche loro possono esserci nei supermercati, nei negozi, negli ospedali. Con la tecnologia che esiste oggi non penso sia difficile adeguare posti sociali e pubblici alla presenza dei sordi».

COMUNICAZIONI AUDIOVISIVE

Per una persona sorda l’accessibilità alla comunicazione e al raccogliere informazioni risulta essere un percorso intricato e macchinoso. Nel voler superare questo limite, il presidente dell’Ente Nazionale Sordi (ENS) Giuseppe Petrucci, in un’audizione di Vigilanza Rai, afferma che i sordi devono avere pari diritti di accesso alle informazioni televisive, come telegiornali, dibattiti politici, ecc.

Durante il suo intervento ha affermato: «Noi paghiamo il canone rai appieno, come lo pagano gli altri cittadini udenti. Pago il canone, diciamo, solo per mia figlia, perché io non riesco a seguire la televisione, riesco a percepire solo il 10 per cento dell’informazione, e questo non mi permette di avere una pari opportunità come gli altri cittadini».

Per rendere veramente autonomi i sordi nel seguire cosa succede in Italia, secondo Petrucci, bisognerebbe utilizzare interpreti che sappiano tradurre nella LIS e avere i programmi sottotitolati al 100 per cento.

Anche l’associazione Fiadda (Famiglie italiane associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), solitamente conosciuta come associazione dei sordi oralisti, richiede più sottotitoli e migliori nel contratto di servizio Rai 2013-15. Come riportato dal sito superando.it una delegazione della Fiadda composta da Antonio Coturainsieme ad Alessio Viola, Lucia Brasini e Valeria Cotura, ha richiesto che si facciano passi concreti per migliorare il contratto ormai scaduto del 2012 che prevedeva il 70 per cento dei programmi sottotitolati, che secondo diverse persone sorde e famiglie di sordi intervistate da Epoch Times è stato disatteso. La delegazione ha chiesto alla commissione Rai che si possano portare i sottotitoli dal 70 per cento al 100 per cento delle trasmissioni sull’ente pubblico così come avviene anche in altri Paesi.

*Immagine dell’articolo concessa da Shutterstock

 
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