Xi Jinping e la persecuzione, tutta colpa di Jiang Zemin?

La campagna anticorruzione di Xi Jinping sta entrando nel suo quarto anno e il 12 gennaio c’è stata la prima purga di alto livello del 2016. Finora, decine di migliaia di funzionari sono stati indagati e molti ex potenti sono stati destituiti e condannati.

In Occidente, le notizie sulla condanna di Li Dongsheng, vice ministro della Pubblica Sicurezza, si sono concentrate sui 15 anni di condanna per tangenti. Ma la copertura della notizia in Cina ha rivelato cose molto più importanti, e sembra suggerire che l’attuale leadership intenda lavarsi le mani della persecuzione del Falun Gong e attribuirne la responsabilità alla fazione di Jiang Zemin, di cui anche fa parte Li Dongsheng.

Fin dall’inizio, le accuse di corruzione a Li Dongsheng sono state legate a doppio filo al suo ruolo nella persecuzione. A dicembre del 2013, quando il sito web ufficiale della Commissione Centrale per l’Ispezione Disciplinare ha annunciato l’indagine su Li Dongsheng, lo ha presentato con tre suoi titoli: vice capo del Gruppo centrale per la Prevenzione e la Gestione delle Problematiche legate ai Culti; capo dell’ufficio del Gruppo Centrale, anche detto ‘Ufficio 610’; e vice ministro della Pubblica Sicurezza.

È stata la prima volta che le autorità cinesi hanno ammesso ufficialmente l’esistenza del Gruppo e dell’Ufficio 610, che è stato creato il 10 giugno 1999 dall’allora capo del Partito Jiang Zemin per annientare la pratica spirituale del Falun Gong. Il fatto che questo reparto segreto sia stato nominato pubblicamente, è un chiaro segnale che il vero crimine di Li Dongsheng sia in qualche modo collegato a esso.
Infatti, quando Li Dongsheng è stato condannato l’unico suo titolo menzionato nell’articolo dell’agenzia giornalistica statale Xinhua, era quello di vice ministro della Pubblica Sicurezza, ma lo stesso giorno la rivista finanziaria Caixin ha ricollegato il nome di Li alla persecuzione del Falun Gong.

‘ARMA AFFILATA’

Negli ultimi tre anni, Caixin ha giocato un ruolo particolare in Cina: pubblica regolarmente notizie che sembrano venire direttamente da Zhongnanhai, il quartier generale del Partito. Visti i suoi scoop sulla campagna anti corruzione, molti ritengono che la rivista sia strettamente legata al capo della campagna, Wang Qishan. Si dice anche che la rivista sia vicina al leader del Partito Xi Jinping.

L’articolo di Caixin era intitolato ‘Li Dongsheng, ex vice ministro della Pubblica Sicurezza e fedele alleato di Zhou Yongkang , condannato a 15 anni nel suo primo processo’. Nel 2009, Li era stato promosso a capo dell’Ufficio 610 e vice capo del Gruppo Centrale, così come alla posizione di vice ministro della Pubblica Sicurezza. Un paragrafo dell’articolo menziona i due titoli di Li legati alla persecuzione del Falun Gong e poi afferma che, essendo stato promosso a un alto livello ministeriale, era diventato «l’arma affilata di Zhou Yongkang».

L’espressione ‘arma affilata di Zhou Yongkang’ è molto interessante, perché nessuna legge autorizza la persecuzione che Li ha condotto: piuttosto è una campagna politica decisa dal Partito. Quando Li Dongsheng ha ricevuto l’incarico nell’Ufficio 610 e nel Gruppo, quindi, sarebbe stato normale considerarlo arma del Partito, e non di Zhou Yongkang.

Quando Jiang Zemin ha dato inizio alla persecuzione contro il Falun Gong era il capo assoluto del Partito, e l’intero Partito vi partecipava. Durante quel periodo, Jiang e il Partito erano un tutt’uno, e chiunque all’interno del Partito non partecipasse attivamente alla persecuzione costituiva un’eccezione, e quindi rappresentava solo sé stesso, non il Partito.

Quando Jiang Zemin si è ritirato nel 2002-2004, ci sono stati alcuni cambiamenti nella gestione del Partito, tesi a indebolire la figura del capo del Partito, e aumentare l’autonomia dei singoli altri dirigenti; questo dava a Jiang Zemin, anche dalla pensione, una certa influenza sul governo. Il numero dei membri del Comitato Permanente del Politburo – l’organo di maggiore potere nel Partito – era aumentato a nove. I membri in più erano fedeli a Jiang, e, grazie a quelli già presenti che gli erano fedeli, Jiang aveva ‘la maggioranza’ all’interno del Comitato.

Jiang stabilì anche che ogni membro doveva essere in carica solo delle sue specifiche mansioni, e che nessuno avrebbe avuto potere di veto sugli altri. Luo Gan, e poi Zhou Yongkang, che ha sostituito Luo nel 2007, sono stati i membri del Comitato Permanente preposti a portare avanti la persecuzione, e grazie alle modifiche fatte da Jiang, avevano campo libero.

Il messaggio nascosto nell’articolo di Caixin, che parla dell’«l’arma affilata di Zhou Yongkang» è che i leader che hanno governato subito dopo Jiang Zemin – Hu Jintao e Wen Jiabao – non hanno alcuna responsabilità nella persecuzione.

COSPIRAZIONE

A giugno del 2015, Zhou Yongkang è stato condannato all’ergastolo per tre crimini: tangenti, abuso di potere, rivelazione di segreti di Stato. Ma queste tre accuse non comprendono tutti i suoi crimini, soprattutto non quelli peggiori, che potrebbero essere divisi in almeno tre aree: corruzione, cospirazione contro Xi Jinping (e di questo si fa accenno nella stampa ufficiale, con le ‘attività politiche non ufficiali’) e la persecuzione del Falun Gong e di altri gruppi religiosi.

Sembra chiaro che l’articolo di Caixin implichi che la corruzione di Li Dongsheng e il suo perseguitare il Falun Gong fossero legati a Zhou Yongkang. Ma intendeva anche che Li fosse un’arma all’interno delle cospirazioni di Zhou?

A giugno del 2012, il media Bloomberg ha pubblicato un articolo esclusivo sulle ricchezze che apparterrebbero alla famiglia di Xi Jinping, che allora era il favorito nella corsa alla successione dell’ex leader Hu Jintao. La pubblicazione di questo tipo di informazioni viene presa molto sul serio dai capi del Partito Comunista, dato che questo genere di divulgazioni minacciano la loro capacità di mantenere ed esercitare il potere.

L’articolo di Bloomberg è sembrato come un assalto a Xi. Gli analisti della Cina sostengono che per Bloomberg sarebbe stato molto difficile ottenere da sé le informazioni presenti nell’articolo, e molti hanno sostenuto che dietro quell’articolo ci fosse una cospirazione da parte della fazione di Jiang Zemin.

Appena dopo l’annuncio delle indagini contro Li Dongsheng nel dicembre 2013, il Quotidiano della Mela (Apple Daily) di Hong Kong ha riferito che la giornalista Gao Yu, ora in carcere, sosteneva che la fonte delle informazioni sulle fortune della famiglia di Xi Jinping fosse l’Ufficio 610 Centrale. Un’altra fonte ha confidato al giornale che l’Ufficio 610 aveva fatto pervenire informazioni sulle ricchezze di altre famiglie importanti ai media stranieri. Ma non quelle su Zhou Yongkang.

Fonti all’interno del Partito Comunista avevano in precedenza descritto i piani di membri della fazione di Jiang per spodestare Xi dopo la sua presa del potere. Il tentativo di golpe era stato sventato, ma gli attacchi a Xi sono andati avanti. Se l’articolo del quotidiano dice la verita, Li Dongsheng e il suo Ufficio 610 sono diventati l’arma di Zhou e Jiang nel presunto colpo di Stato contro Xi Jinping.

UNA PROMOZIONE SORPRENDENTE

Quando l’articolo di Caixin ha parlato di Li come arma di Zhou, ha specificato che si riferiva al periodo dell’ottobre 2009, quando Li Dongsheng, senza alcuna precedente esperienza né competenza legale, è diventato sorprendentemente vice ministro della Pubblica Sicurezza. Caixin non ha dato spiegazioni, perché né a Caixin, né ad altri media cinesi è permesso di spiegare.

Sulla carta, Li non aveva esperienza. Aveva lavorato presso varie unità dagli anni 90, tutte legate alla macchina di propaganda del Pcc: è l’Ufficio 610 l’anello mancante, a metà strada tra la propaganda e la pubblica sicurezza. A giugno 1999, Li Dongsheng è diventato vice capo dell’appena creato Ufficio 610, in quanto vice direttore della China Central TV (Cctv). Era responsabile della propaganda e delle diffamazioni contro il Falun Gong. A gennaio 2001, il superiore di Li all’interno dell’Ufficio 610 (Luo Gan) ha messo in scena la falsa notizia delle auto immolazioni di Piazza Tiananmen, nel tentativo di screditare il Falun Gong. Li Dongsheng si è occupato di orchestrare la propaganda sfruttando questo finte auto immolazioni, con lo scopo di provocare l’odio del pubblico contro i praticanti del Falun Gong.

Al tempo, Li era vice direttore dell’Amministrazione Statale di Radio, Film e Televisione, l’organizzazione che governa la Cctv e altri portavoce del Partito. Poi è stato promosso a vice direttore del Dipartimento Centrale della Propaganda, mentre era ancora vice capo dell’Ufficio 610 Centrale.

A ottobre del 2009, quando l’allora capo dell’Ufficio 610 Liu Jing si stava per ritirare, era difficile trovare un rimpiazzo: persino all’interno del Partito Comunista Cinese non è facile trovare qualcuno abbastanza fidato e spietato da ricoprire adeguatamente un simile incarico.

Li Dongsheng aveva fatto il vice per 10 anni. Era noto per l’avidità con cui intascava tangenti, per la corruzione morale (faceva il ‘ruffiano’, e ‘passava’ giovani giornaliste a Zhou Yongkang e altri leader centrali corrotti) e per la spietata crudeltà con cui torturava chi rifiutava di subire il lavaggio del cervello. Con questo genere di credenziali, ci si poteva fidare di lui: era il migliore (e unico) candidato.

Ma dopo il 2004, il regime ha cambiato la sua strategia di repressione del Falun Gong: ha cercato di nascondere la persecuzione e di evitare così le critiche a livello internazionale. La propaganda contro il Falun Gong non era più la priorità, e il nuovo metodo consisteva in un pugno di ferro nascosto. Un capo della propaganda, quindi, non poteva essere più al comando della persecuzione. E questa è l’unica ragione per cui a Li Dongsheng è stata data una posizione che gli ha permesso di comandare la polizia, nonostante nel campo non avesse alcuna esperienza.

Secondo le informazioni di Xinhua sulla condanna, Li Dongsheng avrebbe abusato del suo potere per gli interessi personali propri e della famiglia dal 1996 al 2013. Avrebbe intascato tangenti (dal 2008 al 2013) per un ammontare di circa 20 milioni di yuan (quasi 3 milioni di euro). Dato che quello della propaganda e quello della pubblica sicurezza sono ambiti completamente diversi, è difficile immaginare che Li potesse portare le sue connessioni a livello di tangenti dalla sua vecchia posizione alla nuova. Ma allora come si spiega che, secondo il tribunale, avrebbe continuato prendere tangenti ininterrottamente?

La spiegazione è che la sua posizione nell’Ufficio 610 ha fatto da ponte tra i suoi due altri incarichi. Questo suggerisce anche che il motivo per cui – prima della presa al potere di Xi Jinping – nessuno avesse mai indagato sulla corrruzione di Li Dongsheng, fosse la sua posizione nell’Ufficio 610 e il suo ruolo centrale nella persecuzione dei circa cento milioni di praticanti del Falun Gong.

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Heng He è un reporter di Epoch Times. Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non necessariamente riflettono la visione di Epoch Times.

 
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