Ryanair tra scioperi e turbolenze

Prosegue la fase di stallo di Ryanair: dopo essere stata appena scalzata da Lufthansa dalla posizione di vetta come prima compagnia aerea in Europa per numero di passeggeri trasportati, la low cost irlandese, se vuole riprendersi lo scettro, deve ora pensare a risolvere il suo rapporto con buona parte dei suoi dipendenti.
Le radici dei problemi che hanno portato a queste, seppur lievi, ‘perdite’ (rallentamento nella crescita dei passeggeri significa diminuzione negli introiti), sembrano infatti nascere soprattutto dagli attriti interni che si sono manifestati tra personale e azienda, e dalla non volontà di quest’ultima a voler riconoscere a pieno le rappresentanze sindacali e le loro richieste sul contratto collettivo e la tutela dei lavoratori. Questo ha causato una serie di scioperi del personale navigante in Europa e in Italia, con l’ultimo che è stato annunciato nel nostro Paese per sabato 10 febbraio.
In questi casi, la bravura del ‘pilota’ (cioè l’Ad Michael O’Leary) nel calibrare alla perfezione ogni movimento della cloche, è fondamentale affinché Ryanair possa uscire indenne da questa fase tempestosa.

CALO NELLA CRESCITA DEI PASSEGGERI

Tutti i problemi di Ryanair sono infatti sorti a causa della ‘fuga’ dei piloti a fine estate 2017, che sarebbe stata indotta dalle condizioni di lavoro non proprio ottimali offerte dall’azienda. Da allora la low cost, che però aveva negato di essere a corto di piloti, è stata costretta a cancellare un totale di 20 mila voli fino a marzo 2018, con 400 mila passeggeri coinvolti e stime (da parte di Ryanair) stessa di perdite fino a 20 milioni di euro per i rimborsi ai passeggeri.

Prima di questo tracollo, la low cost irlandese – potendo vantare numeri in crescita esponenziale negli ultimi anni – si era addirittura lanciata nella difficile impresa di voler rilevare Alitalia. Possibilità che O’Leary ha dovuto subito scartare per addivenire a più miti consigli e dedicarsi alle strategie di ripresa della sua compagnia aerea.
Nonostante, infatti, le rassicurazioni di Ryanair sul fatto che i disagi avrebbero riguardato solo il 2 per cento dei suoi passeggeri, e nonostante i 2.500 voli al giorno assicurati, i dati del 2017 parlano di un sensibile calo nella crescita dei passeggeri nel periodo finale dell’anno. Come calcolato dal Sole24ore infatti, c’è stato un decremento della crescita dei passeggeri dal +10 per cento del 2017 (dato comunque al di sotto delle stime) al + 3 per cento di dicembre dello stesso anno, proprio per effetto dei voli cancellati.

Si parla sempre di numeri giganteschi, certo: 129 milioni di passeggeri, solo di un niente inferiori ai 130 milioni di Lufthansa. Ma le pressanti condizioni del mercato aereo competitivo recitano ‘vietato sbagliare’, se si vuole rimanere sempre tra i primi. E la cancellazione dei voli, oltre a rallentare la crescita della low cost irlandese, ha di fatto favorito anche gli altri competitor, in primis Lufthansa, che le ha rubato la corona come regina dei cieli europei, ma anche altre low cost europee, che hanno potuto evidentemente trarre vantaggio operando sulle rotte non più coperte da Ryanair.

LO SCIOPERO DEL 10 FEBBRAIO 2018

La fuga dei piloti ha rappresentato un campanello d’allarme che aveva già segnalato l’esistenza di incomprensioni e la mancanza di un tramite, tra l’azienda e i suoi dipendenti. Dopo gli scioperi di dicembre e le polemiche sulla lettera dal tono minatorio da parte del capo del personale Ryanair, Eddie Wilson, ai piloti italiani della sua azienda, i dipendenti del vettore irlandese tornano a scioperare in Italia sabato 10 febbraio.

Lo sciopero, per il quale si prevedono disagi con voli a rischio su scala nazionale, è stato indetto dalle sigle sindacali Cgil, Cisl, Filt, Fit e Uiltrasporti, che non ritengono sufficiente la disponibilità della compagnia aerea a confrontarsi su temi come salari e tutela del personale. E questo nonostante l’incontro del 9 gennaio tra l’azienda e l’Anpac, avesse fatto finalmente presagire segnali di apertura da parte di Ryanair, che in passato era sempre rimasta sulla sua rigida posizione di non voler avere nulla a che fare con i sindacati.

Ma l’incontro evidentemente non ha dato i risultati sperati. Quello che i dipendenti chiedono il 10 febbraio è l’applicazione di un contratto collettivo nazionale per i piloti e la tutela sociale per tutto il personale.

E intanto, dal 15 gennaio Ryanair applicherà una nuova policy sui bagagli: per poter portare il secondo pezzo in cabina  (quello ‘più grande’ da 55x40x20) il passeggero che acquista il biglietto Ryanair dovrà infatti comprare anche un imbarco ‘priority’, a parte, in mancanza del quale il trolley verrà imbarcato in stiva una volta giunti al gate, per poi essere riconsegnato all’arrivo sul nastro assieme a eventuali altri bagagli imbarcati.
La misura, secondo Ryanair, servirà a migliorare i tempi di imbarco e di sbarco e quindi di conseguenza la puntualità dei voli, che secondo il resoconto annuale del 2017 è sensibilmente peggiorata rispetto all’anno precedente. Una migliore puntualità d’altronde, significa anche minori perdite economiche, dal momento che consentirebbe di evitare onerosi rimborsi ai passeggeri per la perdita dei loro voli in coincidenza.

Ma, al di là delle giustificazioni di rito, si tratta pur sempre di una forma di ‘rincaro’. Che difficilmente i passeggeri manderanno giù.
D’altronde basta fare un biglietto sul sito (o sulla app) Ryanair per vedere come – tra inviti ad assicurarsi, imbarchi prioritari, posti vicini, e-mail per check in anticipati, bagagli extra eccetera – l’esperienza di acquisto di un volo sulla low-cost irlandese assomigli a un percorso a ostacoli. E, in un momento in cui i nodi stanno venendo al pettine e i dipendenti sono più arrabbiati che mai, una scelta potenzialmente invisa al cliente è la mossa peggiore. Alitalia insegna.

 
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