Rivalutare il sale

Il salato è probabilmente il gusto preferito dall’uomo dopo il dolce. Da decenni, però, gli esperti sulla salute allertano la popolazione di stare attenti all’apporto di sodio: il cibo troppo salato, sostengono, conduce all’alta pressione arteriosa, considerata la causa principale delle malattie cardiache, renali e degli ictus. Ora invece, il dottor James DiNicolantonio, autore di The Salt Fix: Why the Experts Got it All Wron – and How Eating More Might Save Your Life (La riabilitazione del sale: perché gli esperti hanno sbagliato tutto – e come assumere più sale potrebbe salvarti la vita), sostiene che, probabilmente, molte persone stanno soffrendo proprio per una carenza di sale.

Da quasi un decennio, DiNicolantonio, scienziato sulla ricerca cardiovascolare presso l’Istituto Heart America di San Luca di Kansas City, ha riesaminato la storia, la ricerca e la politica sul sale e sugli impatti che ha sulla salute umana e, nel suo nuovo libro, ha ridipinto un quadro molto diverso sul sale rispetto a quello tipicamente promosso oggi dalla medicina.

DiNicolantonio, all’inizio della sua carriera medica come farmacista della comunità, ha notato i pericoli derivati dalla carenza di sale. I pazienti, quando andavano a ritirare i loro farmaci prescritti, lamentavano vertigini, disidratazione e tachicardia. A tutti erano stati prescritti farmaci per abbassare la pressione arteriosa e, in tutti i casi, i medici avevano raccomandato loro di limitare il consumo di sale.

Tuttavia, presentavano i sintomi tipici di un’iponatriemia [bassa concentrazione di sodio nel sangue, ndt], quindi DiNicolantonio ha invitato i pazienti ad andare dai loro medici perché si facessero controllare i livelli.

«Sicuramente, quando i loro medici hanno controllato i loro i livelli di sodio, li hanno trovati molto bassi», ha detto DiNicolantonio. «A quel punto, o il medico ha interrotto la cura oppure l’ha dimezzata, e gli avrà anche detto di aggiungere il sale al loro cibo».

PRESSIONE ARTERIOSA: UNA FALSA PISTA?

Nel mondo antico, il sale era considerato sacro e prezioso. Insaporiva le sostanze insipide, aiutava a conservare i cibi ed era addirittura considerato un farmaco. Ma, durante il secolo scorso, l’atteggiamento verso il sale è cambiato drasticamente.

In particolare negli ultimi 40 anni, i medici, i funzionari sanitari e le organizzazioni sanitarie leader hanno ridefinito il sale come un farmaco pericoloso e che da assuefazione. Secondo il Centro per la Scienza nell’interesse pubblico, il sale è «forse l’ingrediente più letale della nostra alimentazione».

Sodio e cloruro sono essenzialmente i due principali minerali del sale, ma il sodio è guardato con un occhio di riguardo. Il nostro corpo richiede sodio per molti processi: bilanciamento di fluidi, funzione cardiovascolare, trasmissione degli impulsi nervosi e contrazione muscolare. Ma siccome il sale può portare ad un aumento della pressione arteriosa, gli esperti sanitari ci spingono a consumarne il minimo necessario.

La statunitense Food and Drug Administration raccomanda di non consumare più di 2.300 milligrammi di sodio (circa un cucchiaino di sale) al giorno.

La maggior parte delle persone ne consuma una quantità doppia nella loro dieta. Ma gli esperti sanitari sostengono che tagliare l’assunzione potrebbe salvare vite e denaro. Secondo l’American Heart Association, se tutti gli americani limitassero la loro l’assunzione di sodio a 1.500 milligrammi al giorno, questo comporterebbe, nel prossimo decennio, un risparmio stimato per la sanità pubblica di 26,2 miliardi di dollari e una riduzione delle morti causate da malattie cardiovascolari di quasi 1,2 milioni.

Queste cifre forniscono delle ottime ragioni, ma qualcosa non quadra. Un certo numero di studi dimostrano che la riduzione del consumo di sale ha un’influenza minima sul calo della pressione arteriosa (da uno a cinque punti) ed è un fenomeno che interessa solo una frazione della popolazione. Mentre altri studi dimostrano che assumere poco sale causa più danni che benefici.

Una revisione di Cochrane (in genere considerata il meglio nelle analisi scientifiche indipendenti), basata su 185 studi randomizzati controllati sul sodio, ha rilevato che i regimi a basso livello di sodio hanno comportato un abbassamento della pressione arteriosa in media di un punto nelle persone che non soffrono di alta pressione arteriosa (5,5 punti per le persone con ipertese), mentre un aumento dei livelli degli ormoni renali, degli ormoni dello stress e dei trigliceridi.

DiNicolantonio afferma che i rischi di mortalità per livelli di sodio elevati sono in realtà molto inferiori a quelli dei livelli bassi. Ma gli esperti sono così concentrati sull’effetto dell’abbassamento della pressione sanguigna legata all’abbassamento del livello di sodio da ignorarne i danni inflitti al corpo dalla carenza: aumento della frequenza cardiaca, ipotiroidismo, livelli elevati di insulina e insulino resistenza. La mancanza di sale ha dimostrato anche che incrementa la produzione degli ormoni del rigonfiamento delle arterie: gli stessi ormoni che le cure prescritte mirano a bloccare per prevenire ictus e gli attacchi cardiaci.

«Sono davvero poche le persone che stanno assumendo troppo sale», sostiene. «Sappiamo che, sia in ambiente ospedaliero che ambulatoriale, la causa delle più comuni anomalie dell’elettrolito sono i bassi livelli di sodio nel sangue».

Ulteriori studi rivelano che una dieta a basso contenuto di sale può ridurre le possibilità di una donna di rimanere incinta e aumentare la probabilità di aborto spontaneo, mortalità infantile e preeclampsia.

«In qualche modo – afferma DiNicolantonio – Pensano di cavarsela spazzando i danni sotto il tappeto.”

PERICOLO DISIDRATAZIONE

Per illustrare i danni del sale, gli esperti sulla salute sono soliti raccontare una semplice storia: più sale rende assetati, e quindi si beve più acqua. Questo fa sì che il corpo trattenga quell’acqua in aggiunta per diluire la salinità del sangue. Il conseguente aumento del volume del sangue porta ad un incremento della pressione sanguigna.

Ma manca un dettaglio critico in questa illustrazione: anche assumendo grandi quantità di sodio, il fisico della maggior parte delle persone può gestire efficacemente questo equilibrio salino / liquido.

Tuttavia, qualsiasi corpo umano incontrerà dei problemi quando il suo livello salino scende troppo. E, secondo DiNicolantonio, dal momento che il sistema sanitario consiglia di consumare la quantità minima di sodio necessaria per la sopravvivenza, molte persone potrebbero inavvertitamente compromettere la loro salute.

Il sodio aiuta a gestire l’idratazione controllando il movimento dell’acqua dentro e fuori dalle nostre cellule. Quando siamo disidratati, il sodio nel sangue aumenta perché deve lavorare più duramente per tirare fuori acqua dalle cellule e immetterla nel sangue, dove è necessario. Ecco perché un alta concentrazione di sodio nel sangue è quasi sempre un segno di disidratazione.

È anche per questo che l’incremento dell’attività fisica implica un corrispondente aumento del bisogno sale. In un’ora di intensa attività fisica si può perdere fino a 1.500 milligrammi di sodio, la stessa quantità che alcuni esperti suggerisce alle persone di assumere in un’intera giornata.

Chi stà guarendo da ustioni, traumi ed emorragie può aver ancora più bisogno di sale. La ricerca dimostra anche che il sale va aumentato in caso di gravidanza o convalescenza, per combattere infezioni, se si soffre di malattie infiammatorie intestinali e altro ancora.

CONSERVAZIONE DEI CIBI

Solo circa il cinque per cento del sale che si assume proviene dalla saliera: la maggior parte deriva da cibi già preparati.

I produttori alimentari hanno sempre amato il sale perché dà sapore ai cibi e ne impedisce il deterioramento. Prima che si iniziasse a congelare i cibi, il sale era anche il principale conservante alimentare, perché proteggeva il cibo da patogeni malsani, permettendo ai batteri sani di proliferare. Formaggi, sottaceti e crauti – e tutti i cibi lacto fermentati che i ricercatori ritengono così utili per il nostro microbioma – sono tradizionalmente fatti con grandi quantità di sale.

I nostri antenati mangiavano molti più alimenti fermentati, quindi hanno probabilmente assumevano molto più sodio. Nell’antica Roma, dove quasi tutte le grandi città erano costruite vicino a una sorgente di sale, il romano medio consumava circa il triplo del sale prodotto oggi. Nella Svezia del XVII secolo, l’assunzione media di sale, grazie a tutto quel merluzzo salato, superava fino a 10 volte quella odierna.

Oggi le organizzazioni sanitarie fanno pressione sui governi, sui ristoranti e sui produttori di generi alimentari per abbassare il sodio negli alimenti preparati, ma questo consiglio può avere conseguenze indesiderate.

Assumere poco sale può, in effetti, favorire la crescita eccessiva di batteri, aumentando il rischio per la popolazione di sviluppare malattie di origine alimentare. E poiché il sale è il più naturale e più collaudato conservante alimentare, qualsiasi sostituto chimico è probabilmente più dannoso.

Il sale fornisce anche al cibo una punta di dolcezza perché riduce il gusto amaro. Così, i produttori di cibo devono inevitabilmente aggiungere più zucchero (o sostanze chimiche che esaltano i sapori) agli alimenti a basso contenuto di sale per migliorarne il sapore.

Assumendo meno sale una persona può anche essere portata a mangiare di più per soddisfare le sue esigenze di sodio. La maggior parte delle persone richiedono generalmente tra 8 e 10 grammi di sale (circa 2 cucchiaini di tè al giorno), dice DiNicolantonio, quindi mangiare alimenti a basso contenuto di sale può indurci a mangiare molto di più per soddisfare le esigenze dei nostri corpi.

«Stiamo consumando eccessivamente carboidrati raffinati e zucchero – afferma – che, ovviamente, questo porta al diabete e all’obesità».

VIA LIBERA ALLO ZUCCHERO

Per decenni, il sistema sanitario ha spinto per limitare l’assunzione di sale, mentre è stato estremamente lento ad accorgersi del pericolo dello zucchero. Ciò è strano, perché se l’obiettivo è migliorare la salute delle persone, lo zucchero pone altri problemi da affrontare. Primo, mentre lo stato di salute ne risente se non si assume abbastanza sale, probabilmente migliorerà se si rimuove l’eccesso di zucchero.

Le calorie dello zucchero sono particolarmente dannose quando si tratta di gestione del peso. Questo è causato in gran parte perché l’aumento dell’assunzione di zucchero stimola di più l’insulino-resistenza e lo stoccaggio dei grassi rispetto ad altri tipi di calorie.

Da decenni, gli studi vedono lo zucchero implicato sui reali sintomi per i quali è stato incolpato il sale: l’alta pressione arteriosa, malattie renali e malattie cardiache, ma informazioni dettagliate sono cominciati a emergere solo recentemente.

Il numero di novembre del 2016 di Jama riferisce che i ricercatori hanno già visto trovati i segnali che lo zucchero, negli anni ’50, ha portato alla coronaropatia. Ma nei decenni successivi, l’industria dello zucchero ha sponsorizzato un programma di ricerca ad Harvard che ha messo in dubbio i rischi legati al consumo di zucchero, promuovendo invece il grasso come causa della malattia.

Secondo DiNicolantonio, la demonizzazione del sale è avvenuta in modo simile.

«Se un’organizzazione sanitaria è finanziata dall’industria dello zucchero – sostiene – quale cristallo bianco pensate abbiamo usato per coprirlo?». «Tutti i danni che sono stati attributi al sale risalgono in realtà allo zucchero, e la gente sta cominciando a rendersi conto di questo».

Mentre il desiderio nelle persone per il sale rimane abbastanza costante, quello per lo zucchero, come in qualsiasi altra dipendenza, aumenta. Questo non era un problema in passato, perché le fonti di dolcezza (soprattutto la frutta) per le persone erano più difficili da reperire e sono state opportunamente ‘confezionate’ con acqua, fibra e fitonutrienti.

Oggi, con la produzione di massa di zucchero raffinato, si consuma circa trenta volte più zucchero rispetto ai nostri antenati. Un crescente numero di ricerche rivela che tutto questo zucchero è al centro della nostra epidemia di malattie croniche moderne.

VOCI DI DISSENSO

Sebbene il sistema sanitario suggerisca che il verdetto sulla restrizione di sodio si fondi su basi scientifiche, i medici e i ricercatori si sono opposti alle raccomandazioni di usare poco sale, poiché la correlazione tra consumo di sodio e alta pressione arteriosa è stata proposta oltre un secolo prima.

In un articolo pubblicato sul Washington Post, inerente la validità delle raccomandazioni sul ridotto consumo di sodio nelle linee guida alimentari statunitensi, Suzanne Oparil, professoressa di medicina all’Università di Alabama-Birmingham e ex presidente dell’American Heart Association, ha dichiarato che le indicazioni di consumare poco sodio si basano su: «quasi niente».

«Alcune persone vogliono davvero aggrapparsi a questo sistema di credenze sul sale – ha dichiarato Oparil – Ma ignorano la mancanza di prove».

Un’analisi degli studi sul sale che ha coinvolto più di 130 mila persone provenienti da 49 paesi, pubblicata nell’edizione del 30 luglio 2016 del Lancet, ha trovato un’associazione tra l’assunzione di poco sodio e «un aumento del rischio di eventi cardiovascolari e morte» nelle persone ipertese e non.

Poiché si è trovato che una dieta a basso contenuto di sale ha un effetto modesto sulla pressione sanguigna, gli autori dello studio hanno concluso che la restrizione di sodio è «più mirata alle popolazioni ipertese che consumano diete ad alto contenuto di sodio» e che è inapplicabile su ampia scala.

In un comunicato stampa, Andrew Mente, che ha contribuito come ricercatore e professore alla McMaster University di Ontario, ha dichiarato che oltre a una riduzione della pressione sanguigna, la limitazione di sodio può anche incrementare la produzione di alcuni ormoni dannosi per la salute, «che potrebbe superare i benefici».

«La questione chiave non è se la pressione sanguigna sia più bassa se l’assunzione di è sale molto bassa — afferma Mente — Invece, è se migliora la salute».

Ma è improbabile che queste voci di dissenso possano cambiare a breve la politica ufficiale. Secondo il sito web dell’American Heart Association: «La scienza dietro la riduzione del sodio è chiara. Prove consistenti hanno collegato l’assunzione di sodio in eccesso con l’alta pressione arteriosa che aumenta il rischio di infarto, ictus e insufficienza cardiaca».

Tutto sembra convincente ma, secondo DiNicolantonio, quelle raccomandazioni sul basso contenuto di sodio sono ancora lontane dall’essere comprovate.

«Per dimostrare le loro raccomandazioni, non c’è mai stato un solo studio in cui alle persone sia stata assegnata la stessa dieta, ma l’unica differenza stava nel livello di assunzione di sale», ha specificato. E questo «possiamo dirlo con certezza».

SCELTA DI UN SALE SALUTARE

Il sale da tavola fornisce sodio e cloruro, ma ci sono sottoprodotti insalubri insieme. Il sale odierno viene sbiancato per renderlo bianco brillante, contiene un po’ di zucchero aggiunto, e contiene anche anti-agglomeranti per assicurarne la fuoriuscita continua dalla saliera.

Quello marino celtico, quello rosa himalayano, quello nero hawaiano e altri tipi di sale artigianale sono arrivati sul mercato negli ultimi anni per offrire ai consumatori un prodotto più naturale. Ma anche alcuni di questi sali un po’ più cari, non raffinati possono anche contenere aggiunte indesiderate, come elementi radioattivi, inquinanti dall’oceano e microplastiche. Alcuni di questi sali fantasiosi inoltre mancano di iodio e altri minerali essenziali altrimenti assenti nella nostra dieta.

Per ridurre al minimo la contaminazione, piuttosto che scegliere del sale raccolto da un oceano contemporaneo, DiNicolantonio consiglia ai consumatori quello proveniente da un antico bacino idrico prosciugato. La scelta migliore è il Redmond Real Salt. Proviene originariamente da un antico lago dello Utah, costa molto meno di molti sali marini non raffinati presenti sul mercato, è molto meno contaminato e contiene una buona quantità di iodio e calcio.

Articolo in inglese: Rethinking the War on Salt

Traduzione di Massimo Marcon

 
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