Regime cinese riconosce denunce contro ex dittatore: «senza precedenti»

Cittadini cinesi perseguitati denunciano il loro carnefice ed ex leader del regime. Fin qui niente di così strano. Ma la cosa «senza precedenti», secondo un ex funzionario del Partito Comunista Cinese, è che l’apparato legale della Nazione ha per la prima volta preso in considerazione le loro azioni legali.

A partire dal 14 giugno, quasi quattromila praticanti del Falun Gong – una disciplina spirituale tradizionale cinese i cui praticanti seguono i principi di verità, benevolenza e tolleranza – hanno inoltrato ai più alti organi giudiziari della Cina le loro denunce penali contro l’ex capo del Partito Comunista Jiang Zemin, secondo Minghui, un sito web che riporta notizie attinenti al Falun Gong.

L’88enne Jiang è stato citato in giudizio per aver commesso crimini contro l’umanità e avviato una campagna di persecuzione extralegale. Nel 1999, Jiang ha mobilitato l’apparato del Partito e quello statale per dare il via a una soppressione a livello nazionale del Falun Gong. Oltre 3.800 praticanti sono morti in conseguenza degli abusi e delle torture, e potenzialmente altre centinaia di migliaia languono tuttora nel sistema carcerario del regime, secondo quanto riporta Minghui, che monitora con grande attenzione la persecuzione.

I praticanti del Falun Gong hanno cercato di portare Jiang davanti alla giustizia nei tribunali della Cina sin dai primi giorni della persecuzione, tuttavia i tentativi sono sempre finiti per concludersi con violente ritorsioni. Adesso, dopo aver presentato una denuncia, la maggior parte di loro possono andarsene tranquillamente via indisturbati, e alcuni di loro hanno persino ottenuto una ricevuta di conferma da parte della Corte Suprema del Popolo e della Procura Suprema del Popolo.

«Si tratta di un fenomeno senza precedenti», ha detto Han Guangsheng all’edizione in lingua cinese di Epoch Times nella città di Toronto. Ha ammonito che il Partito Comunista, accettando le querele, «potrebbe anche tentare di evocare l’illusione di un miglioramento in Cina dello stato di diritto», tuttavia ha osservato che simili sforzi della comunità del Falun Gong hanno portato nel corso degli anni a un cambiamento positivo, compresa la chiusura dei campi di lavoro forzato a scopo rieducativo, una delle forme di detenzione arbitraria del regime.

Il 62enne Han, residente attualmente a Toronto, venne nominato direttore dell’Ufficio Giudiziario della città di Shenyang nel 1999. Nel settembre 2001, completamente disilluso dal Partito dopo aver assistito alla persecuzione del Falun Gong ed essere stato incaricato di soprintendere le istituzioni responsabili della sua perpetuazione, Han ha defezionato dal Partito e si è rifugiato in Canada.

«La persecuzione del Falun Gong, in sostanza, è un atto illegale che viola la Costituzione della Cina», ha detto Han a Epoch Times. «La negazione della libertà religiosa è un crimine contro l’umanità, in quanto non ha alcun fondamento giuridico o procedura legale, ed è semplicemente una violazione dei diritti umani».

Dopo che nel 1989 il regime cinese ha violentemente represso il movimento studentesco pro-democrazia in Piazza Tiananmen, Han cominciò a provare risentimento verso il Partito, tuttavia decise di provare a cambiare il sistema dall’interno.

Dieci anni dopo, quando Han si rese conto che nell’arrestare i praticanti del Falun Gong il regime cinese stava ignorando le procedure legali, il suo risentimento lasciò il posto a un crollo della fede verso il Partito – una situazione che ha consentito ad Han di comprendere che dopo tutti questi anni il Partito non era cambiato.

«Il regime non ammetterà mai di aver commesso un crimine contro l’umanità. Fino a quando il regime cinese sarà al potere e ogni volta che percepirà che la sua autorità è minacciata, farà ricorso inesorabilmente alla brutale persecuzione», ha concluso Han.

 
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