Il regime cinese ammette: commesse ingiustizie contro il Falun Gong

In un documento interno dell’Ufficio Generale del Partito Comunista Cinese, il regime ammette di aver commesso degli errori durante la quasi ventennale persecuzione della pratica spirituale del Falun Gong. Il documento e i suoi contenuti sono stati descritti da una fonte in contatto con il sito web del Falun Gong Minghui.org. Nel documento si legge che a causa della persecuzione, i praticanti del Falun Gong e le loro famiglie hanno subito ingiustizie nell’ambito delle loro carriere lavorative e dell’istruzione; nel testo quindi si suggerisce di «porre rimedio», in modo graduale, alla repressione.
Ma oltre a una timida ammissione dei crimini commessi, il testo non propone alcun cambiamento significativo alle politiche del Partito. Come nel passato, infatti, il «porre rimedio» rimane a condizione che il praticante del Falun Gong abbandoni la propria fede.

Secondo la fonte di Minghui, il documento è stato presentato durante un incontro del 30 agosto organizzato dal Comitato per gli Affari Politici e Legali locale di una non meglio specificata città cinese. A tutte le aziende con al loro interno dei praticanti del Falun Gong è stato chiesto di inviare un rappresentante.

Esempi di «trattamento ingiusto» citati nel documento includono il divieto ai praticanti e alle loro famiglie di servire nelle forze armate, di ricevere promozioni a lavoro o di proseguire normalmente la loro carriera scolastica o universitaria. Le violazioni dei diritti umani più gravi – come il lavoro forzato nei campi di prigionia, la tortura, l’uccisione, e il prelievo forzato di organi negli ospedali militari – non sono state menzionate.

Il Falun Gong è una pratica spirituale cinese che insegna «verità, compassione e tolleranza» e comprende una serie di esercizi meditativi di qigong. A luglio del 1999, Jiang Zemin, l’allora capo del Partito Comunista, ha portato il regime a organizzare una repressione su scala nazionale di questa fede e di chi vi aderisce.

Tuttavia, invece di sparire, i praticanti del Falun Gong dentro e fuori dalla Cina hanno tenuto sempre viva la loro campagna di disobbedienza civile. Il Falun Gong ha resistito più a lungo dell’influenza personale di Jiang nelle politiche del Partito, che invece ha subito gravi colpi durante l’attuale governo di Xi Jinping, il quale ha cercato di consolidare il proprio potere a discapito dell’ex leader Jiang.

Xia Xiaoqiang, editorialista politico dell’edizione cinese di Epoch Times, ritiene che il fatto che questo documento riconosca l’esistenza di «trattamenti ingiusti» nei confronti dei praticanti del Falun Gong costituisca un duro colpo alla politica dettata verbalmente da Jiang durante un incontro di 3 mila funzionari a Pechino, tenutosi poco dopo l’inizio della persecuzione.
«Rovinate le loro reputazioni, devastateli economicamente e distruggeteli fisicamente»: questo era l’ordine di Jiang Zemin.
Il documento, scrive Xia Xiaoqiang, «di fatto riconosce che c’è stato uno ‘sbaglio’».

Secondo la fonte di Minghui, un funzionario che ha commentato il documento interno ha affermato che nonostante la repressione sia divenuta indifendibile, il regime «non vuole ristabilire completamente la reputazione del Falun Gong, perché sarebbe come darsi la zappa sui piedi». Il funzionario ha anche osservato che le condizioni necessarie per il «porre rimedio» sono di fatto prive di significato: «La pressione su di loro non verrà diminuita se rifiutano […] di rinunciare al Falun Gong».
La condizione per il rilascio di qualsiasi praticante del Falun Gong incarcerato in Cina, tipicamente, è il firmare un ‘documento di pentimento’ in cui il praticante dovrebbe denunciare la propria stessa fede.

Un altro funzionario presente all’incontro ha affermato che «dato che Jiang e la sua banda sono in questa situazione [politica, ndr], nessuno, nemmeno i membri del Comitato per gli Affari politici e legali, sa come portare avanti la politica contenuta nel documento. Dobbiamo attendere ulteriori dettagli dalle autorità».

Il tacito riconoscimento da parte delle autorità del fatto che il Falun Gong sia stato ingiustamente perseguitato potrebbe non essere del tutto una novità. A partire dal 2013, quando Xi Jinping ha preso il potere, Minghui ha riferito di vari casi di praticanti che hanno subìto conseguenze minori dopo aver diffuso materiali del Falun Gong o averne eseguito gli esercizi in pubblico, o persino aver presentato delle denunce contro Jiang presso la magistratura.

E nell’iper-pubblicizzata campagna di anti corruzione di Xi, molti dei più stretti alleati di Jiang sono stati rimossi da importanti posizioni del Partito, dell’esercito e delle aziende statali, di fatto portando a un indebolimento del potere non ufficiale che Jiang continua a esercitare nella nazione.

Nonostante questo, non vi è stato alcun cambiamento ufficiale nella posizione del regime sul Falun Gong, che è considerato ancora un nemico politico e ideologico (nonostante il Falun Gong non abbia mai avuto aspirazioni politiche).

Allo stesso tempo, sia Xia Xiaoqiang che l’articolo di Minghui concordano sul fatto che storicamente il Partito Comunista tenda a riabilitare e manipolare le ex vittime delle sue campagne politiche senza cambiare la struttura del potere e l’ideologia che sono state la causa prima dell’ingiustizia.
«L’unico modo in cui le autorità attuali – scrive infatti Xia – possano districarsi in questa faccenda, è fermare immediatamente le agenzie che perseguitano il Falun Gong, rendere pubblici i crimini contro l’umanità perpetrati dalla fazione di Jiang, e arrestarlo pubblicamente come ‘capo dei cattivi’ nella persecuzione del Falun Gong».

Per approfondire:

Articolo in inglese: Report: Chinese Regime to Secretly ‘Redress’ Wrongdoing Against Falun Gong

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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