Real Bodies, a Roma 13 malori in due giorni per la controversa mostra di corpi

Tredici malori in soli due giorni per la mostra Real Bodies a Roma. Cadaveri messi in posa, corpi scuoiati e performer (vivi) sanguinanti: queste le cause di svenimenti, problemi e malori, che hanno portato alla sospensione di una parte delle attrazioni della mostra.

Real Bodies, così come la sua concorrente Body Worlds, è una mostra che si pone l’intento di educare i visitatori sul corpo umano, mettendo in mostra, tra le tante cose, donne incinte con ancora all’interno il feto, o organi e fluidi del corpo umano. I cadaveri, conservati con la tecnica della plastinazione, sembrano vivi.

Ad aver determinato la maggior parte dei malori a Roma è stata la sala in cui dei performer (vivi, loro) si sono appesi a un supporto, mediante dei ganci metallici conficcati nella pelle, dietro la parte superiore della schiena. Ganci che in alcuni casi hanno anche portato al sanguinamento, con conseguenti malesseri in alcuni visitatori, evidentemente impressionati da un’ambientazione a dir poco inusuale per una mostra scientifico-divulgativa, se si tiene conto anche della testa scuoiata conservata in una campana di vetro. Scopo dell’esibizione dei performer, era il mostrare le caratteristiche della pelle umana, capace di sostenere pesi enormi, e persino più di un corpo umano insieme.

Al di là dei malori, tra i visitatori le opinioni sono state discordanti, tra chi l’ha trovata educativa e chi profondamente immorale e/o disgustosa.

Dal punto di vista etico, in effetti, la mostra Real Bodies pone anche altre questioni: come affermato in un disclamer visionabile sul sito ufficiale della mostra, i cadaveri vengono tutti dalla Cina, sono stati consegnati dalla polizia cinese e potrebbero appartenere a dei detenuti, dal momento che Real Bodies non è in grado di determinare con sicurezza il contrario.

Il problema, infatti, è che per la legge cinese qualsiasi corpo non reclamato diventa disponibile per qualsiasi utilizzo da parte del regime; e, se si considera che molti fra i milioni di perseguitati per motivi religiosi in Cina quando vengono arrestati non dichiarano il proprio nome (per evitare che la persecuzione colpisca anche le famiglie), è lecito porsi delle domande ed è facile immaginare il genere di problemi che possono generarsi per una mostra di questo tipo.

Il tassello inquietante finale, è che i carcerati cinesi non muoiono necessariamente di morte naturale o giustiziati, ma molto spesso vengono uccisi per prelevarne gli organi trapiantabili, che poi vengono venduti a facoltosi pazienti in attesa di trapianto (occidentali o cinesi), in quello che è un crimine contro l’umanità in corso da diversi anni e ampiamente documentato.

Il primo stabilimento da cui si è a suo tempo rifornita Real Bodies, era situato nella città di Dalian, durante il periodo in cui Bo Xilai (ambizioso e potente funzionario del Pcc poi condannato all’ergastolo per corruzione) era attivo proprio nel ‘settore’ dei prelievi forzati di organi ai praticanti del Falun Gong, una disciplina spirituale cinese perseguitata dal 1999.
Una volta presi gli organi, che fine hanno fatto i corpi? Difficile rispondere: al momento non risultano prove inconfutabili del fatto che i corpi di Real Bodies provengano in parte dai perseguitati uccisi. E i cadaveri plastinati sono accompagnati da speciali ‘certificati’, che attestano la regolarità della loro provenienza.

Per approfondire:

 
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