Perchè una nave cinese di 2000 anni fa è ancora attuale

Quasi un secolo prima che Colombo attraversasse l’oceano per raggiungere l’America, l’ammiraglio cinese Zheng He aveva iniziato la prima di sette spedizioni per esplorare i mari del Sud. Con 30 mila marinai e una flotta di 300 navi, i suoi viaggi l’hanno portato nelle isole malesi e indonesiane, lungo le coste indiane e arabe fino a Capo di Buona Speranza, l’estrema punta meridionale dell’Africa.

La nave principale di Zheng era una giunca, le cui origini risalgono a 2.200 anni fa, al tempo della prima dinastia imperiale cinese. Queste imbarcazioni sono veloci, facili da governare e possono facilmente essere condotte contro vento; sono state anche le prime della storia a far uso del timone dritto di poppa, un’innovazione arrivata in Europa solo dopo secoli di utilizzo in Cina.

Al tempo dei viaggi intercontinentali di Zheng, la giunca era progredita non solo nella strumentazione ma anche nelle dimensioni. Paragonate alle caravelle che Colombo usò per raggiungere l’America, che avevano una struttura a tre alberi ed erano lunghe quasi 20 metri,  le navi più grandi della flotta cinese del XV secolo erano giganti: misuravano più di 120 metri, ed erano dotate di nove alberi per reggere le vele.

Nonostante le sue prestazioni, la giunca è rimasta un mistero al di fuori dall’Asia orientale, avendo una minima influenza sulla costruzione navale occidentale: i cinesi sapevano che il loro era un progetto eccellente e hanno conservato scrupolosamente nel tempo i suoi segreti. Gli imperatori avevano istituito delle leggi che vietavano la vendita delle giunche a clienti stranieri, e per molto tempo questa nave ha permesso ai mercanti cinesi di dominare le rotte indiane e dell’Oceano Pacifico.

Anche se Zheng He effettuò i suoi viaggi in tempo di pace, le giunche più grandi dimostrarono la loro efficacia nel XVII secolo, quando l’ammiraglio ribelle Zheng Chenggong, meglio conosciuto come Koxinga, guidò una flotta di 400 giunche e 25 mila uomini alla conquista dell’isola di Taiwan,contro gli olandesi. Le forze imperiali cinesi occuparono Taiwan e la tennero sotto il loro controllo fino al 1895, quando fu conquistata dai giapponesi.

Tra il 1846 e il 1848, una giunca chiamata Keying salpò dalla Cina verso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, attraverso gli oceani Indiano e l’Atlantico, e passò da Capo Horn per raggiungere le sue destinazioni: la stampa di Londra lodò l’abilità di questa nave in grado di viaggiare dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti in soli 21 giorni.

Se questo veliero è indubbiamente associato alla tradizione marittima cinese, Hong Kong è però la sua vera casa, come è descritto in un articolo sul sito di viaggi Hotel Club. Per secoli, la geografia e il panorama unici del territorio cinese meridionale, contribuirono a rendere la giunca innovativa per i suoi tempi. Questi navigli connettevano «l’intrica rete di porti, baie, scali e isole di Hong Kong alla vasta rete di fiumi che portano alla terraferma, permettendo allo stesso tempo ai commercianti di raggiungere facilmente Taiwan, Vietnam, Indonesia, Malaysia, Filippine e Giappone».

Anche se nei grandi trasporti marittimi sono state sostituite da imbarcazioni moderne, le giunche sono ancora ampiamente usate in Cina per la pesca, i viaggi pendolari, il commercio e il turismo: robuste e semplici, differiscono poco dalle forme tradizionali perfezionate secoli fa.

Un buon esempio di giunca tradizionale è la Mon Lei, costruita nel 1890 a Hong Kong. Alla fine degli anni ’30 ha fatto la sua apparizione a San Francisco: all’inizio della II Guerra Mondiale è stata sottratta ai Giapponesi, portata via dalla Cina e comprata nel 1946 da Robert Ripley, famoso per la rubrica Believe It or Not!, che l’ha utilizzata per eventi promozionali e pubblicitari sulla East Coast. La Mon Lei, lunga 15 metri, è di legno teak, originariamente costruita per un ‘signore della guerra’ cinese, è decorata con elaborati intagli che ritraggono scene del folklore cinese.

 

Articolo inglese: Why a 2,000-Year-Old Chinese Ship Design Still Holds Up

Traduzione di Veronica Melelli

 
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