Perchè si soffre? Il concetto di karma ci aiuta a capire

Tutti sappiamo che la vita è anche fatta di sofferenze e alcuni si domandano perché si debba proprio soffrire. Comprendere il concetto di karma può aiutarci a spiegare le ragioni per cui si soffre. Ma prima di parlare del karma è utile spiegare il concetto della sofferenza.

IL CONCETTO DI SOFFERENZA

Che nozione abbiamo sulla sofferenza?

La risposta a questa domanda forse dipende da cosa intendiamo per sofferenza. Se consideriamo tutto ciò che in qualche modo non è piacevole, ma provoca anche solo un minimo di dolore, disagio, sopportazione mentale o fisica, scopriamo che la sofferenza allora è una cosa molto comune.

Per alcuni la sofferenza è la malattia. Certamente la malattia è una manifestazione di sofferenza, perché è una forma di dolore fisico che la persona vive in maniera così intensa da manifestarsi all’esterno.

Ma la sofferenza non si limita alla malattia: ci sono ovviamente sofferenze molto meno manifeste, ma altrettanto dolorose. Basti pensare al dolore mentale derivante da qualche perdita emotiva come la perdita di una persona cara oppure al disagio mentale quando viviamo una cosa contro la nostra volontà. Queste sono sofferenze interiori, dato che possiamo addirittura nasconderle e non farle vedere all’esterno.

Allargando ancora la nostra nozione di sofferenza, scopriamo che forse anche la nascita di una persona è segnata dalla sofferenza. Pensiamo a un bambino appena nato: piange, ed è vero che il bambino non può comunicare con la parole, ma molto probabilmente avrebbe preferito stare nel grembo materno.

Lo stesso concetto può essere applicato alla morte. Tutti moriamo e quasi tutti sperimentiamo durante il processo di morte un dolore. Se non è fisico, derivante da qualche malattia o incidente, molto probabilmente è mentale.

Possiamo dire che l’essere umano all’inizio e alla fine della vita soffre. L’esperienza della vita di ciascuno di noi fa il resto, con manifestazioni di quantità e intensità di dolore variabili da persona a persona.

La capacità di sopportazione del dolore potrebbe anche dipendere da questo, come un’abilità che si sviluppa: chi nella vita ha avuto sofferenze leggere o in basso numero, probabilmente non è abituato a sopportare tanto, contrariamente a uno che soffre di più. Questa capacità di sopportazione è variabile e forse condiziona la nostra nozione di sofferenza e il nostro modo di viverla.

COMPRENDERE IL CONCETTO DEL KARMA PER VIVERE MEGLIO LA SOFFERENZA

Abbiamo compreso che dall’inizio alla fine della vita si soffre e che la vita dell’uomo è veramente piena di sofferenza, più o meno evidente. Ma esiste una ragione per questa sofferenza? Sicuramente il domandarsi se esiste una sofferenza significa probabilmente che dentro di noi sappiamo, o perlomeno crediamo, che ci potrà essere un motivo per il quale soffriamo, e che forse non è casuale.

Sappiamo che la sofferenza è dolorosa e sappiamo che forse queste sofferenze non sono casuali. Forse le azioni che facciamo nella nostra vita sono collegate e vengono regolate da un principio di causa-effetto. Se facciamo una buona azione produrremo un buon effetto, se ne facciamo una cattiva, produrremo un effetto negativo.  Da qualche tempo nella società si sta accettando sempre più l’idea del concetto che le buone azioni vengano ricompensate con il bene, e quelle cattive con il male.

Come la storia di Ana dos Santos Cruz, una madre 23enne brasiliana che lavorava dieci ore al giorno e cercava cibo tra i rifiuti. Un giorno ha trovato una busta di plastica con 52 mila dollari di assegni in bianco, come donazione per un ospedale. Anna non ci ha pensato un istante e ha consegnato gli assegni all’ospedale. Un centro commerciale, notando il suo gesto altruistico, ha cercato di darle una mano e poco dopo Ana ha ricevuto richieste di lavoro da parte di stazioni televisive e pubblicità.

Oppure la storia di Ron Poirer, tecnico elettronico dei Marines americani, che nel 1970 ha scaricato centinaia di litri di solventi tossici in mare, andando a contaminare l’acqua potabile. Ron è morto di cancro nel 2013 e sentiva che questa sua malattia era una punizione per la sua colpa.

Queste due storie illustrano un punto: ogni cosa che si fa, forse torna indietro nella stessa misura. Se facciamo una buona azione, veniamo ricompensati; se ne facciamo una cattiva dovremo pagare un debito. Ecco cos’è il karma, o per meglio dire la retribuzione karmica.

Grazie a questo concetto possiamo comprendere che è probabile che le sofferenze che stiamo vivendo hanno una ragione d’esistere e pertanto non sono da interpretare negativamente. Certamente è vero che il dolore fisico o mentale mette a prova la nostra capacità di sopportazione. A volte sentiamo di non sopportare più e di averne abbastanza e tutto ciò lo mostriamo con i nostri pensieri, comportamenti, parole e azioni.

Ma se stiamo attenti ai nostri comportamenti, possiamo notare una cosa dopo aver provato della sofferenza: cerchiamo di evitare di ripetere l’esperienza dolorosa. Ci chiudiamo a riccio, diventiamo più chiusi e meno aperti alle esperienze di vita e rifuggiamo tutto ciò che ci ricordi quell’esperienza negativa. L’esperienza dolorosa condiziona il nostro pensiero e associamo la sofferenza a un qualcosa di negativo.

Ma c’è un antico modo di dire nell’antica cultura tradizionale cinese: ‘il vecchio alla frontiera perse il suo cavallo’, che fa riferimento a una storia.

Questa storia parla di un uomo che improvvisamente perse il suo cavallo, ma disse ai suoi vicini che la perdita poteva essere una cosa buona. Pochi mesi più tardi il suo cavallo tornò con un altro cavallo: i vicini furono felici per lui, ma lui non si scompose, pensando che quel guadagno potesse trasformarsi in cattiva sorte.

Un giorno il figlio dell’uomo si ruppe la gamba cavalcando il cavallo guadagnato. I vicini lo consolarono, ma l’uomo disse qualcosa di inaspettato: «Mio figlio si è rotto una gamba, ma è difficile dire che non sia un incidente fortunoso». Qualche tempo dopo, tutti i giovani furono chiamati in guerra, ma il figlio, dato che aveva la gamba rotta, non fu chiamato. Nella battaglia morirono molte persone, ma il figlio grazie alla sua condizione si salvò.

Questa storia ci insegna che dietro le cose c’è un motivo, ed è difficile quindi giudicare una cosa dalle apparenze. L’uomo della storia ha seguito il corso naturale della vita affrontando tutto con serenità, vivendo apparenti entusiasmi e dispiaceri senza attaccamenti eccessivi.

Questo atteggiamento mentale forse può esserci d’aiuto nell’interpretare la sofferenza, per viverla poi in maniera più serena. Sappiamo che la sofferenza è dolorosa e comune, ma sappiamo anche che l’abbiamo sempre sopportata e molte sofferenze le abbiamo superate.

Con questi convincimenti, la nostra ‘lotta alla sofferenza’ l’abbiamo già vinta: se non fossimo eccessivamente attaccati alle gioie e dolori, potremmo prendere tutto più a cuor leggero e vivere con maggiore serenità, accettando i nostri alti e bassi della vita quotidiana.

E per finire ecco un consiglio pratico per trovare la nostra serenità: provate la meditazione, in gruppo o da soli. Tra i numerosi benefici, aiuta ad alleviare lo stress e a riconnetterci con il nostro sé interiore, permettendoci di arrivare a nuove comprensioni sulla vita. Un esempio di meditazione efficace e gratuita è quella del Falun Gong, un’antica pratica cinese che insegna i principi di Verità, Compassione e Tolleranza.

 
Articoli correlati