Il 2015 ha cambiato per sempre la televisione

«La fine della televisione» è un titolo di cui si è ampiamente abusato negli ultimi 15 anni. In effetti, lo scorso anno si è vista un’audience sempre più ben disposta verso i nuovi modi di guardare la Tv, mentre gli indici d’ascolto delle dirette televisive e dei programmi via cavo sono calati drasticamente.

Persino la Espn (un’emittente televisiva americana, ndt), che molti pensavano immune a tali cambiamenti di comportamento dell’audience americana, ha riconosciuto di aver perso degli abbonati nel 2015. In risposta, Wall Street ha visto una vendita di massa delle azioni dei media; il titolo si è ripreso verso la fine dell’anno, ma questa volatilità è indicativa dell’incertezza di questo settore che ha sperimentato un cambio significativo nel proprio modello di attività.

In realtà, gli spettatori guardano la Tv più che mai: semplicemente si stanno spostando dagli operatori via cavo e dai servizi a banda larga verso delle opzioni on-demand via internet.

Negli ultimi cinque anni, un afflusso di nuove offerte di forniture di banda larga hanno portato a un tale cambiamento nel comportamento del pubblico da sfidare il business dei canali televisivi tradizionali e via cavo. Analogamente, le Tv via cavo si sono dovute adattare alla nuova concorrenza di pacchetti di canali più snelli che offrono delle opzioni di prezzo alquanto flessibili. Contrariamente a quanto i titoli spesso suggeriscono, Internet (o meglio la banda larga), non è arrivato per porre fine alla televisione: al contrario, la sta migliorando radicalmente.

UNA PACE PRECARIA

Negli anni 90, molti hanno ipotizzato l’ascesa di quelli che sono stati chiamati ‘nuovi media’ (ossia tutto quello che è digitale o fornito tramite Internet), che avrebbero portato alla scomparsa dei ‘vecchi media’, tra cui la televisione. Ma i media non muoiono: piuttosto, le loro tecnologie di distribuzione vengono periodicamente sostituite. Così, mentre i nuovi media non hanno ancora fatto estinguere la televisione, a metà del 2015 è iniziata una rivoluzionaria transizione.

La forma più dirompente dei ‘nuovi media’ Tv è la distribuzione della banda larga (o ‘streaming’). Le aziende che offrono video su banda larga – come Netflix, Amazon, Hulu e Youtube – utilizzano una tecnologia nuova (e in molti casi, migliore) per l’erogazione di programmi televisivi tradizionali.

Dal 2010, i servizi video a banda larga e la cosiddetta ‘televisione tradizionale’ (un nome più generoso per riferirsi alla Tv on demand e alla Tv via cavo rispetto al nomignolo ‘vecchi media’) hanno goduto in realtà di un’inaspettata simbiosi. Invece che combattere fino alla morte, i due sono diventati tranquillamente delle opzioni contigue per i telespettatori e, in qualche misura, dei partner.

I media televisivi a banda larga (Netflix in particolare) hanno fornito un nuovo flusso di entrate vitali per le reti tradizionali, pagando loro tariffe elevate per utilizzare i loro spazi. In cambio, Netflix è stato in grado di diffondere contenuti televisivi di alta qualità necessari per acquisire telespettatori. Di conseguenza, Netflix ha lentamente ri-assimilato le aspettative di come dev’essere vissuta la televisione: ossia che non deve essere vista necessariamente in un momento specifico, con una settimana di attesa per episodio e con interruzioni ogni 10 minuti per gli annunci pubblicitari.

Tuttavia, lo scorso anno la debole distensione è andata perduta, quando alcuni dei più grandi attori del settore televisivo hanno deciso di lanciare i propri servizi di distribuzione a banda larga. I maggiori sviluppi sono stati il lancio della HBO Now da parte della HBO, e il debutto della CBS All Access da parte della CBS. Al pari di Netflix, entrambi i servizi richiedono un pagamento per l’iscrizione che permette poi ai clienti di accedere a una vasta libreria di contenuti che possono essere guardati come e quando si vuole. Anche altri servizi sono stati lanciati, come ad esempio Nickelodeon’s Noggin: una serie con centinaia di episodi dedicati ai bambini di età prescolare. E NBC e Disney non sono da meno: i due brand hanno infatti lanciato rispettivamente i portali SeeSo e DisneyLife.

IL PROBLEMA È LA TECNOLOGIA DI TRASMISSIONE

Le tecnologie di trasmissione tradizionali consentono la trasmissione di un unico flusso di programmazione alla volta. Questo ha dato luogo a quasi tutte le convenzioni della Tv che gli spettatori hanno imparato a conoscere: un palinsesto rigido, dei canali, la lunghezza fissa dei programmi e gli annunci pubblicitari. Queste non sono delle specifiche caratteristiche del mezzo televisivo, ma piuttosto risposte a limiti tecnologici imposti dalla radiodiffusione.

A volte l’arrivo di nuove tecnologie di distribuzione introduce un cambiamento moderato, come quando l’industria musicale si è spostata dai 33 giri alle audiocassette. Altre volte, invece, le nuove tecnologie di distribuzione richiedono una riconfigurazione radicale dei modelli di business, e anche di cambiare completamente l’esperienza dell’utente. E questo è quello che sta accadendo ora alla televisione: quello che cambia non è soltanto lo streaming, che rende l’esperienza molto diversa, ma la natura stessa degli spettacoli che vengono fatti e proposti: i servizi di streaming producono dei contenuti mirati a nicchie ristrette, e hanno anche permesso una maggiore sperimentazione e una diversità nei modi in cui le storie vengono raccontate e strutturate.

L’ERA POST-NETWORK

Questi recenti sviluppi mostrano quanto l’utilizzo e la gestione della televisione continueranno a cambiare nei prossimi anni.
Mentre veniva annunciato il lancio della nuova versione di Apple Tv, a settembre del 2015, il Ceo di Apple Tim Cook osservava che «il futuro della Tv è nelle App». Questo è un modo tutto nuovo per caratterizzare nuovi servizi, che potrebbero anche essere visti come i nuovi ‘canali’ della era post-network della distribuzione a banda larga. Questi nuovi canali sono dei portali verso il contenuti; la maggior parte richiedono un canone mensile, ma molti sono senza pubblicità e possono essere visualizzati facilmente su una serie di dispositivi, dagli smartphone ai televisori tradizionali.

Mentre questi portali hanno introdotto nuovi modi per visualizzare i contenuti, la Tv via cavo è a un bivio: poiché la maggior parte degli spettatori guardano meno di 20 canali e il pacchetto pacchetto base digitale è di oltre 100 canali, molti ritengono di pagare troppi contenuti. Per cui Sling Tv, Sony Vue e Verizon’s Fios Custom Tv hanno iniziato a offrire pacchetti di canali che possono essere vissuti come normali canali con una programmazione, assieme ad alcuni contenuti disponibili on-demand. Come i portali forniti dalle App, questi pacchetti più snelli sono forniti tramite la banda larga e si sono aggiunti alla competizione come alternativa più economica per i telespettatori che vogliono risparmiare.

Ma, nonostante l’emergente concorrenza, le Tv via cavo si trovano ancora in una posizione invidiabile. I portali e ‘pacchetti snelli’ richiedono entrambi una connessione internet ad alta velocità, che ricevono per la maggior parte dalle stesse società di servizi via cavo.

In ogni caso, nel 2015 in America gli abbonati ai servizi che utilizzano Internet hanno superato gli abbonati alla via cavo di Comcast, la più grande azienda di servizi via cavo degli Stati Uniti. In risposta alla crescente dipendenza da un Internet ad alta velocità, diversi fornitori di banda larga si stanno muovendo in avanti con dei piani che diano spazio a una fatturazione basata sull’utilizzo, come fanno le compagnie di telefonia mobile con l’utilizzo della rete dati internet.

Probabilmente, meno della metà dei portali o dei pacchetti a banda larga annunciati quest’anno esisteranno, una volta che i modelli di business raggiungeranno lo standard tecnologico e la sperimentazione lascerà posto al consolidamento. Non è chiaro chi alla fine dominerà l’era post-network della distribuzione della banda larga, ma l’avvento della tecnologia a banda larga rende chiaro che il futuro della televisione non si limiterà più a una programmazione lineare.

 

Amanda Lotz è docente di Scienze della comunicazione, delle arti dello schermo e delle culture presso l’Università del Michigan. Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su TheConversation.com

Articolo in inglese: ‘Why 2015 was the year that changed TV forever’

 
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