Parto cesareo e parto naturale a confronto

In tutto il mondo, aumentano i parti cesarei: le ultime proiezioni, del 2016, dicono che in Europa occidentale il 25 percento dei bambini sono nati con il cesareo, che nel Nord America questa percentuale sale a 32 e addirittura a 41 in Sud America.
Osservando le statistiche, non sorprende quindi l’interesse per le recenti testimonianze sui potenziali pericoli (e benefici) di tale procedura. Ma la lettura degli ultimi studi suscita sentimenti contrastanti.

Un’inchiesta pubblicata su Plos Medicine, si concentra principalmente su tre risultati: disfunzioni al pavimento pelvico delle madri, asma nei bambini e morte dei feti (o morti neonatali) in gravidanze successive; la conclusione dello studio è che, rispetto al parto naturale, il cesareo riduce il rischio di incontinenza e di prolasso vaginale per le mamme; e che i bambini nati da cesareo hanno più probabilità di soffrire d’asma fino ai 12 anni di età.

Se dal punto di vista scientifico si possono apprezzare gli sforzi fatti nel condurre una sistematica revisione dell’argomento, da quello medico preoccupa che i pazienti  e addetti ai lavori possano sopravvalutare i risultati sul taglio cesareo. E che possa così essere ‘commercializzato’ come un mezzo sicuro per evitare problemi al pavimento pelvico, inclusi muscoli, legamenti, tessuti connettivi e nervosi che sostengono e regolano le funzioni di vescica, utero, vagina e retto.

L’analisi – basata su dati combinati (meta-analisi) di un unico studio controllato randomizzato di grandi dimensioni e di 79 studi osservazionali tutti provenienti da Paesi ricchi – ha fornito risultati nel complesso accurati. Ma presenta dei punti deboli (ammessi anche dagli stessi autori) come il non aver preso in considerazione il tipo di cesareo – ad esempio, non c’è distinzione tra interventi urgenti e pianificati – e il non aver tenuto conto della fase di travaglio durante l’operazione: un taglio cesareo eseguito nella fase finale del parto probabilmente danneggerà comunque il pavimento pelvico.

I TIMORI DELL’INCONTINENZA

Come ostetrico capita di incontrare molte donne che, preoccupate per il proprio parto imminente, nutrono forti speranze in un cesareo sicuro: spesso sono convinte che sia una buona strada per evitare disfunzioni al pavimento pelvico. Inoltre, alla crescita della richiesta del parto cesareo hanno contribuito anche le ampie discussioni sui suoi benefici, apparse su social media e su riviste di maternità e gravidanza.
Oltretutto, le donne sono ben consapevoli del disagio e dell’imbarazzo associati all’incontinenza urinaria, e hanno una paura comprensibile della disfunzione sessuale. Però, nonostante i risultati riportati indichino che un parto cesareo riduce il rischio di incorrere in questi problemi, sono comunque gestibili, curabili e, soprattutto, non mettono a rischio la vita.

Viceversa, i pericoli associati al parto cesareo in gravidanze successive programmate sono potenzialmente letali, compreso un aumento del rischio di aborto, di morte neonatale e di patologie come placenta previa (placenta che copre il canale del parto), placenta accreta (placenta che aderisce troppo alla parete dell’utero), e distacco della placenta (dove la placenta si separa parzialmente o completamente dall’utero prima che il bambino nasca).

Inoltre, un parto cesareo può danneggiare anche i bambini. I risultati di quest’ultima indagine mostrano che, rispetto ai bambini nati con parto naturale, per i nati con il cesareo aumenta il rischio di asma infantile del 21 per cento e nei bambini fino a 5 anni di età il rischio di obesità cresce del 59 per cento.

I RISCHI NON SONO TUTTI UGUALI

Chiaramente, non ha senso confrontare il rischio di incontinenza urinaria, ad esempio, con il pericolo che un bambino nasca morto. Quindi gli ostetrici, consapevoli che parto cesareo e naturale comportano entrambi dei rischi, dovrebbero guidare le proprie pazienti a prendere una decisione. Oltretutto, al fine di prevenire un ulteriore diffusione dei cesarei, dovrebbero assumersi anche la responsabilità per trovare il modo di trasmettere queste informazioni alle proprie assistite e, tenendo conto della loro intera vita riproduttiva, mirare anche a ridurre al minimo i rischi per le loro successive gravidanze.

Bilanciare i potenziali fattori di rischio delle gravidanze attuali rispetto a quelle future è per i medici una sfida educativa ed etica. Ma, benché si stiano dando più possibilità di scelta alle future mamme, sarebbe sconsigliabile e poco etico lasciare che decidano le priorità. Dovrebbero, piuttosto, essere informate di tutti i rischi in cui incorrono madre e figlio – in tutte le fasi della vita – affinché possano valutare meglio le diverse opzioni.

Articolo in inglese: Cesarean section Versus Natural Birth—an Obstetrician Examines a New Review

Traduzione di Massimo Marcon

 

 
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