Panama Paper, illegalità o incompetenza?

I cosiddetti ‘Panama Paper’ (nome derivato dai precedenti ‘Pentagon Paper’) sono diventati ‘l’Attrazione del mese’: hanno preso il posto dei profughi siriani, della minaccia nucleare nord coreana e della crisi politica brasiliana. In America esiste persino il rischio che anche Donald Trump e il circo delle elezioni presidenziali vengano scalzati dai titoli di testa.

Benché siano allo stadio iniziale, i Panama Paper potrebbero proseguire a travolgere altri leader politici, oltre al povero Primo ministro islandese Sigmundur Gunnlaugsson (che ha in un batter d’occhio ritirato le dimissioni optando per un ‘farsi di lato’ a tempo indeterminato). Oppure, potrebbero finire insabbiati nella incapacità mediatica di spiegare intricati concetti economici/fiscali comprensibili soltanto a chi abbia un dottorato in economia. Senza contare le unanimi secche smentite, tanto variegate quanto vigorose, di personaggi del calibro del Presidente russo, Vladimir Putin, il quale sostiene che le accuse dei media siano un complotto contro Mosca.

Fondamentalmente, però, questi incartamenti sono un importante esempio della potenza di Internet e della vulnerabilità dei computer, anche nel caso di aziende operanti in campo legale/finanziario e apparentemente ben protette. Gli hacker sono infatti riusciti a ottenere clandestinamente dallo studio legale panamense Mossack Fonseca, 11 milioni e mezzo di documenti riservati; li hanno poi consegnati alla Testata tedesca Süddeutsche Zeitung e all’Associazione internazionale dei giornalisti investigativi. Si è stimato che l’enorme numero di documenti sia composto da 4,8 milioni di e-mail, 3 milioni di file e 2 milioni e 100 mila di documenti pdf, per un totale di 2,6 terabyte (contro gli 1,73 gigabyte di WikiLeaks).

Uno degli aspetti principali di questa faccenda, è che la fuga di notizie e il lavoro di analisi delle informazioni sono rimaste segrete per oltre un anno. Un esercizio di autodisciplina che ha portato straordinari frutti. Le prime informazioni divulgate coinvolgevano decine di leader presenti e passati di tutto il mondo (il presidente argentino, il Primo ministro islandese, il presidente ucraino, il Primo ministro britannico, l’ex Primo ministro giordano, l’ex Emiro del Qatar, il re dell’Arabia Saudita e il presidente degli Emirati Arabi Uniti). Tutti sono parenti o colleghi dei leader cinesi e russi. Ci sono poi centinaia di personaggi minori (l’Australia, ad esempio, sta indagando sulla possibile evasione fiscale di 800 ricchi cittadini).

Cosa comporta tutto questo? E cosa significa per le migliaia e migliaia di titolari di conti correnti bancari in nazioni come le Isole Cayman, le Isole Vergini Britanniche, il Lussemburgo, Hong Kong, la Svizzera e le Seychelles? E’ possibile che il prossimo hacker dimostri che la Mossack Fonseca è solo un pesce piccolo in questo oceano di dubbie operazioni finanziarie?

A questo punto bisogna ricordare che i conti correnti offshore sono perfettamente legali. Ad esempio, un diplomatico in missione in Canada, di solito ha un conto corrente aperto presso una banca canadese per pagare le normali spese quotidiane; è naturale che gli uomini d’affari con attività regolari in un’altra nazione aprano un conto corrente in loco. Inoltre, singoli individui in cerca di tassi d’interesse più alti, potrebbero avere una banca estera.
Le possibilità lecite sono infinite, assumendo che questi correntisti denuncino i loro conti correnti ove richiesto e paghino le tasse nel loro Paese.

Per questa ragione quelli che sono stati ‘smascherati’ hanno vigorosamente e ripetutamente negato di aver fatto qualcosa di illegale: soltanto i tribunali, le autorità fiscali e i governi possono determinare se si tratti di attività legali o meno.

Tuttavia, in modo particolare laddove vige la democrazia, è determinante la percezione piuttosto che la realtà. Durante la campagna presidenziale del 2012 negli Stati Uniti, gli investimenti/partecipazioni finanziare di Mitt Romney in Paesi come il Lussemburgo, le Bermuda e le Isole Cayman lo hanno irreversibilmente danneggiato: nello specifico, hanno contribuito a rafforzare l’immagine negativa di ‘politico con la pancia piena’ mentre i cittadini erano alle prese con la Grande recessione.

Quindi, non sorprende che nessuno dei Panama Paper riguardi contendenti alla presidenza degli Stati Uniti attuali o del passato. Romney ha dato una lezione al riguardo: sarebbe devastante se si rendesse nota l’esistenza di conti simili per Trump, Cruz o Kasich. Quanto a Hillary Clinton, la Fondazione Clinton è già di per se stessa terreno fertile per chi voglia criticarla sul piano della onestà fiscale.
Senza considerare che tutti i cittadini americani hanno la possibilità di costituire società di comodo simili a quelle panamensi nel Delaware, nel Wyoming e nel Nevada.

Mentre la cleptocrazia è la norma per diversi leader africani e sudamericani, che a quanto pare sono convinti che a vincere sia quello che muore con più giocattoli, per i leader ‘occidentali’ essere scoperti in questo genere di attività resta un qualcosa di scioccante.

Non che la storia canadese e statunitense sia immacolata, come dimostra la costruzione della ferrovia transcontinentale, i cui binari avrebbero potuto essere ricoperti d’oro, considerando quanto è costata.

Forse è solo che, come ci saranno sempre i poveri, allo stesso modo ci saranno sempre anche i corrotti.

Questo non toglie che le regole possano essere migliorate. C’è infatti un senatore degli Stati Uniti che sta facendo ammuina nel tentativo di mettere fuori legge le corporation di proprietà ignota, di ordinare la divulgazione al pubblico dei veri proprietari e di spingere Panama a intraprendere una vigorosa azione legale contro la Mossack Fonseca.

Naturalmente, i ‘ministri degli Esteri’ dei nostri 50 Stati oppongono resistenza dato che traggono beneficio dalla creazione di queste corporation nei loro stati.

Insomma, non c’è da aspettarsi chissà quale rivoluzione politica globale.

David T. Jones è un funzionario del ministero degli Esteri Usa in pensione; ha pubblicato centinaia di libri e articoli sulla politica bilatrale Usa-Canada e sulla politica estera in generale.In oltre 30 anni di carriera si è occupato principalmente di probelmatiche politico-militari e ha prestato servizio come consigliere per due capi Capi dello Staff dell’Esercito.


Le opinioni espresse in quest’articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente riflettono il punto di vista di Epoch Times.

Articolo in inglese: Do the Panama Papers reveal illegality or incompetence?

 
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