Ostia nella morsa tra mafia e Casa Pound

ROMA  ̶  Elezioni, populismo e criminalità organizzata: gli avvenimenti che negli ultimi tempi hanno più volte chiamato in causa il nome di Ostia, girano tutti attorno a queste tre parole.
La difficile situazione sul litorale romano è tuttavia un riflesso di più grandi problematiche a livello nazionale, per questo è inevitabile inserire i recenti episodi che hanno suscitato scalpore mediatico in tutto il Paese, nel contesto delle prossime elezioni politiche del 2018.

Il 5 novembre 2017, per Ostia (decimo municipio di Roma), che è tornata al voto dopo due anni di commissariamento per mafia, doveva essere il giorno, o perlomeno l’inizio, di una rinascita della legalità. Ma oggi, a elezioni municipali concluse, si continua a parlare sempre e solo di ‘mafia’ nella capitale. E l’attenzione mediatica sull’argomento criminalità organizzata, è cresciuta proprio in concomitanza con il voto di Ostia.

Sul litorale romano, il commissariamento durato due anni, si è aggiunto a un altro vuoto di potere ̶  sulla sponda però della criminalità organizzata ̶  lasciato dall’estinzione della famigerata Banda della Magliana. All’inizio degli anni ’90, questa organizzazione criminale gestiva infatti tutti i racket di Roma: furti, estorsioni, usura, riciclaggio, gioco d’azzardo, e traffici di ogni genere, primo fra tutti quello della droga. E poi i racket delle case comunali e degli stabilimenti balneari, proprio a Ostia.
Secondo le indagini degli ultimi anni, questo vuoto è stato colmato, almeno in parte, dalla proliferazione di altri clan di stampo mafioso nel lido della capitale.

Le ‘famiglie’ che si contendono il potere oggi, secondo quanto è emerso finora dalle indagini dell’operazione Nuova Alba, condotte dal 2013 (e che hanno portato all’arresto del boss Carmine Fasciani e successivamente nel 2014 di Carmine Spada, detto ‘Romoletto’, per estorsione con metodo mafioso), sono i Triassi, i Fasciani e gli Spada. Questi ultimi sono di etnia sinti, finiti nel centro del ciclone mediatico dopo l’aggressione di Roberto Spada al giornalista di Rai2.

LA SCALATA DI CASA POUND 

Tuttavia, negli ultimi vent’anni a Roma (così come nel resto d’Italia), parallelamente al dilagare della criminalità organizzata, si è verificato un altro fenomeno: l’esponenziale aumento dell’immigrazione e quindi della presenza di cittadini extracomunitari nel Paese, molti dei quali senza fissa dimora e senza lavoro, e per questo considerati un pericolo ‘vagante’ dagli abitanti di diverse città italiane. Su questo fenomeno in particolare, si è concentrata la strategia del nascente movimento politico di estrema destra Casa Pound Italia, che dal 2008, anno della sua fondazione, ha visto crescere gradualmente il consenso tra le masse, facendo leva proprio sul malcontento generale e sulla sensazione di insicurezza degli abitanti di Ostia.

Il 5 novembre 2017,  il candidato di Casa Pound, Luca Marsella, dopo aver  incassato il 9 per cento dei voti, parla al Fatto Quotidiano di «exploit» del suo partito: un risultato che gli permetterà di entrare in municipio e di eleggere dei consiglieri a Roma. Ma il candidato presidente al decimo municipio non si accontenta, e rende nota la scalpitante volontà del suo partito di entrare in Parlamento alle prossime elezioni nazionali.

L’ascesa del consenso verso Casa Pound a Ostia, ma anche in altre città italiane, come ha sottolineato lo stesso Marsella, ha cominciato plausibilmente a destare qualche preoccupazione nei partiti tradizionali, dal momento che la Storia, sia nel caso del fascismo (movimento idolatrato da Casa Pound) sia nel caso del comunismo, ha insegnato e dimostrato più volte in cosa possano trasformarsi i populismi che esaltano i sentimenti irrazionali, se non fermati in tempo.

L’ACCUSA DI COLLUSIONE CON LA FAMIGLIA CRIMINALE

Ecco che allora, dopo che il voto del 5 novembre ha concretizzato quei timori, i media principali (spesso legati ai partiti tradizionali) cominciano a indagare insistentemente sui possibili legami tra Casa Pound e il clan Spada. Una prova di questa ‘collusione’ sarebbe infatti un fatto più che sufficiente, per far perdere a Casa Pound quella credibilità che il partito neofascista aveva acquisito negli ultimi tempi tra le masse popolari, e quindi per scongiurare una sua possibile ascesa in Parlamento, in vista delle elezioni politiche 2018.
In questo contesto si verifica inoltre l’episodio dell’aggressione da parte del fratello di Carmine Spada. Roberto Spada, adesso in carcere e indagato per il reato di lesioni personali aggravato dal metodo mafioso, è ‘quello della testata’ al giornalista di Rai2: Daniele Piervincenzi gli stava chiedendo chiarimenti appunto in merito al presunto legame degli Spada con Casa Pound. Questo episodio, degno del più infimo teppismo da strada, ha sollevato ancor di più il polverone mediatico attorno a Ostia e attorno agli Spada.

Seppure formalmente più volte negato da Marsella e da Simone Di Stefano (capo del partito neofascista), che ha anche chiesto un’indagine interna al suo partito, il legame tra gli esponenti di Casa Pound e quelli della famiglia Spada sembrerebbe in parte sussistere. Questo almeno è quanto emerge dalla mini-inchiesta dell’Espresso del 9 novembre, che si è basata sul social network Facebook, per ricostruire i legami di amicizia e «confidenza» che legherebbero Marsella e la sua fidanzata Carlotta Chiaraluce, (anche lei tra i dirigenti del partito) al clan degli Spada.

Vedendo il suo partito messo alle corde da ogni polo mediatico, Marsella ha dichiarato alla Repubblica: «Sono stanco delle strumentalizzazioni, con questa storia degli Spada mi state rovinando, sono mesi che speculate con servizi montati ad arte per screditarci. A questo gioco non ci sto più». Marsella fa evidentemente riferimento al fatto che il cammino del suo partito verso il Parlamento, possa venire negativamente influenzato dalle accuse di collusione con il clan sinti.

Eppure, almeno per diversi abitanti di Ostia  ̶  come mostrato nei giorni scorsi dai reportage di La7 al programma ‘Piazza Pulita’  ̶  anche se fosse così non sarebbe un problema: la parola ‘mafia’ infatti non può essere pronunciata. Semplicemente perché, per gran parte degli abitanti del litorale romano, evidentemente ‘la mafia non esiste’.

 
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