Organi dai prigionieri: Formale passo indietro dei trapianti in Cina

Per anni la comunità internazionale dei trapianti ha creduto che il sistema dei trapianti di organi in Cina si sarebbe discostato dal fare affidamento sugli organi dei prigionieri, sviluppando un proprio sistema di donazione volontaria.

La questione è in discussione dal 2006, dopo le lugubri rivelazioni emerse in merito al prelievo di massa degli organi dai praticanti vivi del Falun Gong, una disciplina spirituale perseguitata. I funzionari cinesi hanno affermato che gli organi sono stati espiantati solo ai condannati a morte, a seguito dell’esecuzione, e solo dopo aver dato il consenso.

Da allora, organizzazioni come la Società dei Trapianti e l’Organizzazione mondiale della sanità hanno cercato i modi per cooperare con la Cina, e sono state solitamente attente a non dire nulla che potesse essere interpretato come negativo riguardo al sistema dei trapianti del Partito Comunista Cinese. La cooperazione internazionale e il progresso sono state le parole d’ordine.

Ma in effetti, a giudicare dalle recenti osservazioni di Huang Jiefu, lo zar degli organi in Cina, questi sforzi sembrano essere stati molto poco redditizi.

Huang è stato viceministro della Salute dal 2001 al 2013, ed è stato il volto della politica cinese dei trapianti sin dal primo momento in cui le rivelazioni sugli espianti di organi sono divenute pubbliche. Ha lasciato il Ministero della Salute lo scorso anno ed è divenuto il capo della Commissione cinese per la donazione e i trapianti, la principale organizzazione ufficiale di trapianti del Paese.

Huang, in una recente intervista a un giornale cinese, ha difeso la pratica di approvvigionamento degli organi dai prigionieri giustiziati.

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Non solo l’ha difesa, ma ha anche presentato delle argomentazioni per ampliare il sistema.

Huang, nelle considerazioni che sono state parafrasate dal Beijing Morning Poste ampiamente pubblicate sui siti web cinesi, ha dichiarato: «Gli organi giudiziari e gli uffici locali del Ministero della Salute dovrebbero stabilire dei vincoli e consentire ai detenuti del braccio della morte di donare volontariamente i propri organi e essere aggiunti al sistema di assegnazione computerizzato degli organi».

Ha aggiunto che dovrebbe essere vietato agli ospedali l’utilizzo di organi senza autorizzazione. E che le famiglie dovrebbero ricevere degli «aiuti umanitari» (noti anche come ricompense in contanti).

Per gli osservatori e gli scrittori sull’argomento del sistema dei trapianti in Cina, le osservazioni di Huang rappresentano un enorme passo indietro rispetto alle promesse che erano state fatte per riformare il sistema.

Ethan Gutmann, un giornalista investigativo il cui libro intitolato La carneficina: uccisioni di massa, espianto di organi e la soluzione segreta della Cina al suo problema dei dissidenti, sarà pubblicato entro la fine dell’anno, ha detto«Siamo tornati al punto di partenza del 2006».

«Non c’è alcun riconoscimento degli espianti dai prigionieri di coscienza, e stanno fondamentalmente dicendo che hanno bisogno di mettere in atto le loro formalità secondo la procedura. Non vedo assolutamente alcun progresso».

Lo stesso Huang Jiefu si è a lungo spacciato come il riformatore all’interno del sistema cinese, combattendo contro i radicati interessi burocratici che hanno cercato di mantenere la possibilità di espiantare gli organi dai prigionieri (sebbene in nessun momento la Cina, o i suoi partner internazionali, abbiano affrontato la questione dell’espianto di organi dai prigionieri di coscienza, soprattutto praticanti del Falun Gong).

Tale immagine è stata rafforzata dall’assegnazione di un cattedra onoraria per Huang da parte dell’Università di Sydney nel 2008 e rinnovata nel 2011. Il presupposto del premio è stato che, «Huang… ha attuato significative modifiche alla regolamentazione dei processi di trapianto degli organi in Cina nel tentativo di frenare la pratica del prelievo di questi dai prigionieri giustiziati».

Ma persino allora, le successive osservazioni da parte di Huang e le vanagloriose rivelazioni fatte sul web cinese sembravano compromettere quell’immagine.

Huang in un’intervista con un giornalista dell’Australian Broadcasting Corporation, ha ammesso l’espianto degli organi dai prigionieri giustiziati.

Le interviste rilasciate ai media cinesi hanno inoltre rivelato che Huang, fino a tempi relativamente recenti, ha condotto tali trapianti regolarmente.

Gutmann ha osservato in un’intervista telefonica: «Per quanto posso dire, questo è un uomo che fino a poco tempo espiantava i reni a ‘qualunque cosa il gatto gli portasse’».

A parte le credenziali di Huang o la sincerità del suo intento, le sue recenti osservazioni suggeriscono una decisa marcia indietro da parte delle autorità cinesi riguardo agli impegni che si erano precedentemente assunti verso la comunità internazionale sul ruolo degli organi dei prigionieri nel loro sistema di trapianto.

Adesso, invece di eliminare la pratica, cercano di integrare il sistema dei prigionieri a quello consueto dei volontari.

Il dottor Arthur Caplan, docente di bioetica presso l’Università di New York ha detto in un’intervista telefonica: «L’utilizzo dei prigionieri che devono essere giustiziati è un modo immorale per produrre organi».

«Combinando questa strategia con il loro sistema emergente di approvvigionamento e di distribuzione si rischia di occultarlo all’analisi critica e di rendere ancora più difficile la possibilità di monitorare l’utilizzo degli organi dei prigionieri condannati. Non c’è niente in questa considerazione da ritenere una buona notizia, piuttosto c’è molto di assolutamente cattivo».

È inoltre una violazione diretta alla richiesta dell’Associazione medica mondiale la quale esige che «gli organi dei prigionieri e di altre persone in detenzione non devono essere utilizzati per i trapianti, fatta eccezione per i loro familiari prossimi».

Inoltre le recenti considerazioni di Huang contraddicono direttamente gli impegni che la Cina si era presa nel mese di ottobre dello scorso anno in una conferenza a Hangzhou, i quali preannunciavano una nuova era per il trapianto di organi in Cina. Questa «nuova era» doveva essere contraddistinta dalla «cessazione del prelievo di organi dai prigionieri giustiziati», e dalla garanzia che «l’origine degli organi fosse in conformità con gli standard etici internazionali».

Articolo in inglese: China Transplant Official Backtracks on Prisoner Organs

 
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