Crisi del debito in Cina, un riequilibrio è sempre più difficile

In Cina le esportazioni, la produzione e gli investimenti stanno rallentando. Chiunque voglia ancora credere nella possibilità di crescita cinese, deve fare affidamento alla storia del riequilibrio propagandata dal regime: passare da un modello d’investimento e d’esportazione verso un’economia di consumo. 

Per attuare questo modello la Cina dovrà produrre ed esportare in minore quantità, e costruire meno infrastrutture e case. Due cose di cui il mondo e la Cina hanno senz’altro in eccesso. 

Michael Pettis, professore dell’Università di Pechino ed esperto di economia cinese, ritiene che questo processo richiederà molto tempo, così tanto che prima scoppierà la bolla del debito cinese. «A meno che non acceleri bruscamente il processo di trasferimento della ricchezza al settore delle famiglie, in modo che il consumo possa crescere molto più rapidamente, la Cina non può permettersi di attendere dieci anni per gestire un riassestamento che non sia dirompente», ha scritto sul suo blog. Secondo Pettis, il divario tra il Pil e il reddito familiare è più importante del riequilibrio dell’economia. 

Stando ai dati ufficiali, il Pil cinese è in crescita del 6,9 per cento, mentre il reddito disponibile delle famiglie è in crescita del 7,7 per cento. Questo significa che i consumatori (le famiglie) stanno recuperando potere d’acquisto rispetto ai produttori (Pil). Ma nonostante questo tasso ‘tenga’ (Pettis lo ritiene comunque sovrastimato), occorrerebbero comunque 25 anni affinché il reddito familiare compensasse il 60 per cento del Pil. Anche Pettis è d’accordo: «Direi che questo è il minimo assoluto in linea con un vero riequilibrio». 

Ma perché la Cina non può permettersi nemmeno dieci anni, come ha fatto notare Pettis? Perché il debito totale crescerà al punto che una crisi finanziaria sarà quasi inevitabile. 

La Cina potrebbe evitare questo problema rendendo più produttivi il debito e gli investimenti, ma questo funzionerebbe solo riformando completamente il sistema finanziario. Eventualità improbabile, a meno di non far scoppiare una crisi finanziaria. Pettis l’ha espresso chiaramente: «Non riesco a pensare a qualsiasi Paese della Storia che abbia raggiunto una tale inversione di tendenza nel settore finanziario senza aver prima sperimentato una brutale crisi finanziaria». 

Esisterebbe comunque un altro metodo per evitare la crisi: iniziare un trasferimento del 2-4 per cento del Pil alle famiglie ogni anno, per un diversi anni. Questo potrebbe stabilizzare il debito a livelli sostenibili, così la crescita potrebbe rimanere relativamente elevata. Tuttavia, tale metodo potrebbe danneggiare l’economia corrotta da cui dipende l’apparato di potere del Partito Comunista cinese. Pertanto, secondo Michael Pettis, al regime non restano che tre scelte, difficili da attuare: «Pechino alla fine dovrà scegliere tra: un debito più elevato, una maggiore disoccupazione o un trasferimento di ricchezza in maggiore quantità, dalla spesa pubblica alle famiglie».
Quale direzione sceglierà la Cina, lo dirà solo il tempo. 

Articolo in inglese: ‘China Rebalancing Could Take 25 Years Says Peking University Professor 

 
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